di Paolo Castellano
In un periodo complesso per la civilissima Europa, insidiata da un odio razzista e antisemita che sta riemergendo in forma preoccupante, conforta l’annuncio che il prossimo 29 luglio Papa Francesco visiterà l’ex campo di sterminio di Auschwitz.
La notizia, di cui si parlava da fine gennaio, è stata confermata lo scorso 12 marzo a Cracovia dal comitato organizzativo della Giornata mondiale della Gioventù cattolica che si svolgerà quest’estate in Polonia. Per l’occasione verrà offerta una guida speciale ai ragazzi che andranno a Cracovia in occasione della manifestazione.
L’attuale pontefice argentino in occasione della sua visita pastorale renderà omaggio ai 1,5 milioni di ebrei che vennero crudelmente uccisi all’interno del lager nazista di Auschwitz-Birkenau.
Francesco è il terzo papa che visita il campo di concentramento. Prima di lui lo avevano fatto il papa polacco Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 2006 il pontefice tedesco Benedetto XVI.
È un segnale incoraggiante il fatto che la Chiesa mostri vicinanza al popolo ebraico sia a parole che nei fatti e lo aiuti a diffondere un messaggio di speranza che parte anche dalla rievocazione di un passato traumatico ma denso di significato. Ricordiamo infatti le parole di Papa Francesco proferite durante il suo incontro con la Comunità Ebraica di Roma presso la Sinagoga Centrale lo scorso 17 gennaio: «Il popolo ebraico, nella sua storia, ha dovuto sperimentare la violenza e la persecuzione, fino allo sterminio degli ebrei europei durante la Shoah. Sei milioni di persone, solo perché appartenenti al popolo ebraico, sono state vittime della più disumana barbarie, perpetuata in nome di un’ideologia che voleva sostituire l’uomo a D-o».
«La Shoah ci insegna – aveva poi aggiunto – che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana».
La memoria è un anticorpo a quelle spinte razziste e d’intolleranza che si stanno verificando in alcuni paesi del nord e dell’est d’Europa. Per esempio il 6 marzo, Il parroco di Zorneding, un paese in alta Baviera ad una ventina di km da Monaco, ha dato le sue dimissioni a causa di insulti razzisti. Don Oliver Ndjimbi-Tshiende, chierico di origini congolesi, nelle ultime settimane ha ricevuto delle lettere con molte minacce: una di queste incitava “vattene ad Auschwitz”.