Festival / Lo Shabbat e le voci dalla Shoah

Jewish in the City

Il ricordo dello Shabbat, come ricordo di un’infanzia – un’infanzia d’altri tempi, quelli prima della Catastrofe; di un’epoca difficile sotto molto punti di vista, ma che ritrovava nei riti, nella gestualità dello shabbat un momento speciale, di serenità, di sospensione delle tensioni della vita di tutti i giorni, di solennità e di convivialità. “Il venerdì era una giornata campale” ricorda Elio Toaff; “mia madre preparava sempre le challot, il vino… metteva la copertina ricamata… e voleva che, come per tradizione, ci fosse sempre carne e pesce; avevamo sempre ospiti il venerdì sera, anche sconosciuti” quelli che il padre di Elio Toaff incontrava al tempio e invitava a casa. Lo stesso accadeva a migliaia di chilometri di distanza, in Polonia, nella casa di Nathan Wiesenfeld come in quella di Sidney Eichenholz.
“Il venerdì eravamo tutti a tavola, con la tovaglia bianca, le candele accese… si mangiava di più e c’era una serenità che durante la settimana non c’era, come se si dovesse essere più buoni…era una cosa indimenticabile che mi manca molto” racconta Edith Bruck ricordando lo shabbat di quando era bambina in Ungheria, di quando la povertà e le persecuzioni avevano costretto la sua famiglia a rinunciare a tutto, ma mai alle tradizioni del venerdì sera.

La registrazione di quei ricordi narrati dalla viva voce dei testimoni; la loro conservazione nel tempo – di cui la Shoah Foundation si è fatta carico con le migliaia di interviste realizzate in giro per il mondo ai sopravvissuti della Shoah – rappresenta in certo modo, un tramandare nel tramandare, un conservare nel conservare. I ricordi di Elio Toaff, di Edith Bruck, di Nathan Wiesenfeld appartengono ad un’altra epoca, ad altri luoghi; testimoniano di un mondo scomparso, distrutto in tutti i sensi dalla Shoah. Eppure, di quel mondo e di quel certo modo di prepararsi e vivere lo Shabbat, oggi continuiamo ad avere testimonianza, non solo per i ricordi (registrati) dei sopravvissuti, ma anche e soprattutto perchè quell’esperienza dello Shabbat si è mantenuta inalterata. Lo Shabbat celebrato nelle case di uno sperduto villaggio polacco d’inizio Novecento,  non è diverso nello spirito, a quello celebrato oggi nelle case degli ebrei milanesi. E basta rileggersi alcune delle testimonianze, raccolte da Mosaico in occasione del Festival della Cultura Ebraica, per rendersene conto. Esse tutte insieme, ci parlano di una tradizione e di un modo di vivere lo shabbat, che va al di là del tempo e dello spazio, che la Shoah, come momento di cesura storica, non ha distrutto, non ha potuto distruggere. La tavola imbandita, l’ospitalità, la sospensione delle tensioni… sono tutti temi (topoi, verrebbe quasi da dire…) che ritroviamo costanti nella “narrazione” sullo Shabbat. Prima e dopo la Shoah.

Questa continuità, questa “resistenza” dello Shabbat al tempo, alla Storia, è uno dei temi di cui parlerà rav Giuseppe Laras nell’incontro di martedì 1 ottobre al Memoriale della Shoah di Milano (ore 17.00),  La resistenza spirituale durante la Shoah“. “Mantenendo vivi i rituali dello Shabbat e delle feste religiose – si legge nella presentazione dell’incontro –  il popolo ebraico, anche durante la Shoah, ha sempre preservato la propria dimensione spirituale, dopo che quella materiale era stata barbaramente saccheggiata”. Rav Laras affronterà il tema della resistenza dello spirito ebraico dal punto di vista religioso, ma anche etico, filosofico, culturale e politico.

Riproponiamo qui i brani delle interviste a Elio Toaff, Edith Bruck, Nathan Wiesenfeld, insieme alla preghiera del venerdì sera cantata da Sidney Eichenholz. Essi sono tratti delle interviste ai sopravvissuti della Shoah, realizzate dalla USC Shoah Foundation – The Institute for Visual History and Education alla metà degli anni ’90. Con la concessione di questi brani, la Shoah Foundation ha voluto partecipare e dare un contributo alla riflessione sulla Shabbat promossa dalla Comunità ebraica di Milano con la prima edizione del Festival di Cultura Ebraica.

Elio Toaff

Edith Steinschreiber Bruck – Parte I

Edith Steinschreiber Bruck – Parte II

Nathan Wiesenfeld – Parte I

Nathan Wiesenfeld – Parte II

Sidney Eichenholz

Queste interviste sono state gentilmente concesse dalla USC Shoah Foundation – The Institute for Visual History and Education. Lo scopo e il principale impegno della USC Shoah Foundation — The Institute for Visual History and Education è quello di far si che le interviste ai testimoni della Shoah siano uno strumento educativo soprattutto per i più giovani.
La USC Shoah Foundation possiede oggi una collezione di quasi 52.000 testimonianze conservate all’interno del Visual History Archive ospitato dal Dana and David Dornsife College of Letters, Arts and Sciences della University of California. Tale istituto collabora con numerosi partner internazionali nella promozione degli studi e della ricerca scientifica attraverso borse di studio e strumenti didattici online, e nella diffusione della conoscenza delle testimonianze a scopo educativo. Visita il sito della USC Shoah Foundation, http://sfi.usc.edu/
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La resistenza spirituale durante la Shoah
martedì 1 ottobre, ore 17.00
Memoriale della Shoah di Milano
Piazza E. J. Safra, 1
In chiusura, reading dal “Diario” di Etty Illesum, con Roberto Cazzola
L’incontro è a cura dell’Associazione Figli della Shoah