Jewish and the City / Chagall a Palazzo Reale

Jewish in the City

di Ester Moscati

Chagall_Tavola_XXIV_-_La_storia_dell'EsodoMartedì 16 settembre, alle 21.30, si inaugura con un concerto di violini a Palazzo Reale la più importante retrospettiva, mai realizzata in Europa, dedicata a Marc Chagall, a cura di Claudia Zevi con la collaborazione di Meret Meyer.

«Una mostra pensata per ben tre anni, – dice Claudia Zevi – che propone capolavori mai visti insieme, perché provenienti da collezioni private o perché quasi inamovibili» Un’occasione unica dunque. Della mostra e del personaggio Marc Chagal si è parlato il 15 settembre, nel corso di un dialogo tra Meret Meyer, nipote dell’Artista, vicepresidente della  Chagall Committee e co-curatrice della retrospettiva a Palazzo Reale di Milano, Marcello Massenzio, Professore all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e autore del libro La passione secondo l’Ebreo errante, e Daniel Sibony, psicoanalista e filosofo francese, autore di saggi dedicati all’origine della creazione artistica. Ha moderato Jean Blanchaert, gallerista antiquario, illustratore, scultore del vetro, che ha esordito: «Chagall non andava in nessun tempio, c’era stato tanto da bambino, il suo lavoro era la sua preghiera. Quadri fatti di innamoramento, che mostrano il bello delle persone e delle cose. I suoi migliori amici sono al Louvre, Rembrandt e El Greco. A 16 anni ancora non sapeva che ci fossero delle matite per disegnare, ma quando lo scoprì, la pittura esplose dentro di lui e fu per sempre».

Chagall rivoluzionario, sempre attuale, moderno, che parla alle generazioni. Chagall che ogni giorno studia la Bibbia come un’opera politica, che ne riprende i simboli, che la fa dilagare nelle sue opere per dialogare con i Maestri.

Racconta Claudia Zevi: «Tre mondi vivevano in Chagall, quello russo, quello ebraico e quello francese. In ognuno trovò qualcosa per ispirare la sua opera». Ma alla fine il mondo di Marc Chagall è quello magico che ha costruito egli stesso, con l’esperienza dei diversi esilii, con le fughe e i ritorni, con i fiori e la luce della Provenza, una vera scoperta per lui che veniva dal freddo di Vitebsk, nato Moishe Segal, il cui nome russo era Mark Zacharovič Šagalov, abbreviato in Šagal. E dalla Russia ha preso le favole e la magia. E dal mondo ebraico i simboli e lo studio, la tragedia dei pogroom e la bellezza dell’amore.

La Russia, Berlino, Parigi, New York e poi ancora Mosca e ancora Parigi… Chagall come un ebreo errante, con il sacco sulle spalle, il sacco della memoria e delle tradizioni, che tante volte ritroviamo nelle sue opere. Dice Massenzio: «Chagall capovolge la visione cristiana dell’ebreo errante, che è un mito negativo, è uno dei persecutori di Cristo condannato a vagare sulla terra. Per l’ebreo Chagall, l’errante è la vittima, proprio come l’ebreo Gesù recuperato alla sua origine, raffigurato sempre con il talled»,  sulla croce del supplizio che il mondo gli infligge. Esemplare la Crocefissione in bianco (che non vedremo alla mostra, ma che è emblematica). Dipinta nel 1938 raffigura eventi veri di quell’anno, dai pogroom alla Notte dei Cristalli. Ci sono riferimenti precisi all’attualità ma c’è anche l’uso di simboli del passato che raccontano il presente. E nella barca precaria dei profughi, c’è anche l’attualità, l’oggi più drammatico. Gesù è interamente ebreo, non “salva” ma muore insieme al suo popolo.

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«Chagall conobbe le Avanguardie, di cui troviamo traccia nelle sue opere – dice Claudia Zevi – come la lezione cubista ne Autoritratto con sette dita. Ma se guardiamo oggi le Avanguardie sono datate, non  parlano più alla nostra contemporaneità. Mentre Chagall è sempre attuale perché il suo messaggio è universale. In questa mostra presenteremo gli aspetti più profondi, filosofici della sua opera».

CHAGALL - L'angelo caduto Corretto

 

Nella Caduta dell’Angelo del 1933 si annuncia l’avvento del Nazismo, si profetizza quasi la catastrofe che ne verrà. Ancora una volta, un simbolo del passato viene usato da Marc Chagall per raccontare con forza il presente in tutto il suo orrore.

Le sue tele ci raccontano le fughe, la difficoltà dell’esilio e di trovare una patria, la riscoperta delle proprie radici per conoscerle a fondo e su queste radici costruire la propria identità. Una identità multipla e ricchissima. C’è forse una lezione più attuale?

Daniel Sibony nel suo libro Fantasmes d’artistes dedica a Chagall un capitolo «In ogni sua opera c’è un gioco di frammenti di tutte le sue identità. Ebreo per me è colui che ha in sé elementi primigenei e il tempo presente. E Chagall era proprio così. Vi invito a visitare questa mostra godendo delle opere come di poesia, cogliendo il gioco identitario che si esprime tra il cielo e la terra. Il ‘volo’, nelle opere di Chagall, è questo collegamento. Come pure la presenza simbolica degli animali, intermediari tra umano e divino perché depositari della colpa. Come psicanalista vedo quanto sarebbe utile ancora oggi, per alleviare il senso di colpa, trovare un intermediario simbolico! Chagall gioca con l’identità. Io sono nato a Marrakesh, parlo un arabo evoluto, ma la mia ‘patria linguistica’ è l’ebraico biblico. Per me il miracolo di Pesach è che dopo 3000 anni parliamo ancora di Pesach! E come ne parliamo? Nell’Haggadà non si usa il termine ‘liberazione’ ma sempre ‘uscita’. Bisogna essere coscienti della schiavitù per poterne uscire. Chagall con i suoi colori usa mezzi formidabili per ‘uscire’: vola!»

 

Appuntamento dunque a questa sera, martedì 16 settembre, ore 21.30, con un concerto di violini a Palazzo Reale che rendono omaggio a una delle figure più iconiche e misteriose presenti nell’opera del grande artista russo: il violinista.

Prende così vita Ascolta Chagall un’inedita performance musicale per 7 violini che farà risuonare la piazza antistante Palazzo Reale, in un anfiteatro urbano costruito dall’Arengario e dalla sede dell’Assessorato alla Cultura, di musica e parole ispirate all’opera del maestro russo.

Il violinista, figura centrale che accompagnava i momenti più seri e festosi delle comunità chassidiche, ben incarna l’idea stessa della vita e dell’arte di Chagall: quella dell’ebreo in costante viaggio. Perché, come recita un vecchio adagio, quando ci chiediamo come mai tanti ebrei sanno suonare il violino, non possiamo che risponderci con un’altra domanda: avete mai provato a fuggire a gambe levate con un pianoforte in spalla?

La serata continua con una festa klezmer nel cortile interno di Palazzo Reale con una performance al clarinetto dallo straordinario Anton Dressler insieme ai milanesi Trio NefEsh, già apprezzati ospiti del Festival nella passata edizione.

La direzione artistica della serata è affidata a Omer Meir Wellber, uno fra i più talentuosi e giovani direttori d’orchestra sulla scena internazionale.

Al violino Uri ChameidesLydia Cevidalli, Sonia Goldstein, Niccolò Fantini, Sofia Gimelli, Nicole Davis, Lorenzo Meraviglia

 

Martedì 16 settembre – Ore 21.30
Ascolta Chagall
Con i violinisti:
Uri Chameides, Lydia Cevidalli, Sonia Goldstein,
Niccolò Fantini, Sofia Gimelli, Nicole Davis, Lorenzo Meraviglia

Concerto Klezmer con Anton Dressler e Trio NefEsh
Piazzetta di Palazzo Reale