di Carlotta Jarach
Una ricerca condotta dall’Università di Haifa, in collaborazione con l’Università Ebraica di Gerusalemme, il Max Planck Institute di Leipzig, in Germania, e la National University di Singapore, ha dimostrato che uno specifico ed intenso allenamento può indurre cambiamenti nella amigdala, regione chiave per l’elaborazione emotiva.
Lo studio
Sono stati reclutati 36 volontari sani (solo 26 hanno però effettivamente completato tutte le fasi previste), e sono stati monitorati gli effetti a livello cerebrale prima e dopo il training, attraverso test di neuroimaging, I volontari sono stati divisi in due gruppi: al primo gruppo è stata sottopposta una versione “light” del training, mentre al secondo gruppo una versione più intensa.
Il training era di natura specificatamente non emotiva: si trattava di identificare in quale direzione erano rivolte una serie di frecce disegnate. Le risposte dovevano essere date nel minor tempo possibile, e la difficoltà stava nel fatto che le frecce in esame erano circondate da altre frecce, e la concentrazione da tenere sulla singola freccia in esame era altissima.
I risultati
Le immagini di risonanza magnetica hanno dato prova del fatto che i partecipanti che hanno completato la versione più intensa mostrano una ridotta attivazione della amigdala – regione che regola soprattutto il senso di paura. Inoltre, l’allenamento intenso ha provocato in loro una maggiore connettività tra l’amigdala stessa e una regione nella corteccia frontale, la quale è coinvolta nella regolazione delle emozioni.
Le implicazioni
È importante menzionare che questo lavoro si inserisce in un ampio dibattito circa la relazione tra emozioni e attenzione: se da una parte infatti, ricordano gli autori, le emozioni non dipendono dall’attenzione, dall’altra recenti studi hanno dimostrato che manipolare l’attenzione ha delle conseguenze dirette poi sulle reazioni emotive. Le scoperte di Haifa aggiungono così un ulteriore tassello, rendendo di fatto possibile interpretare in maniera nuova queste due componenti: infatti sembra proprio che attenzione ed emozioni siano collegate in termini di meccanismi cognitivi e strutture neuronali. Aspetto ancora più importante, i risultati del team internazionale potranno portare ad una miglior comprensione (e trattamento) dei processi psicopatologici.
La speranza è quella di poter avere presto un intervento più efficace per tutti coloro che soffrono di disturbi emotivi, primi fra tutti depressione e ansia.
@CarlottaJarach (https://twitter.com/CarlottaJarach )