Al Teatro Leonardo il magnifico e inquietante Mein Kampf.
Scritto nel 1987 dal drammaturgo ebreo ungherese George Tabori, questo testo fortemente “alternativo” rispetto alla nota letteratura della Shoah, debuttò al Burghtheater di Vienna con l’impeto di una provocazione rivolta al pubblico austriaco, divenendo in seguito il dramma più noto e rappresentato di Tabori, allestito in Italia nel 1992 con la regia dell’autore stesso.
Presentata in questi giorni come cornice alle celebrazioni della Giornata della Memoria, l’opera si lega al tema dello sterminio nazista in un contesto incousueto e colorato da toni ironici e spietati, dove la ferocia si alterna alla poesia, offrendo una chiave di lettura del dramma storico in cui l’autore, volutamente, invita a riflettere non solo sull’antisemitismo, ma sul senso di discriminazione e paura dimostrato verso tutto ciò che viene percepito come “diverso”.
Caratteristico di George Tabori è lo stile eterogeneo dello spettacolo, in cui si contrappongono citazioni di Chaplin e di Goethe, allegorie barocche e rimandi alla tradizione ashkenazita, creando uno policromo e sconvolgente collage di elementi grotteschi e di umorismo macabro, tipico delle storielle yiddish note come “witz”.
La storia si svolge a Vienna dove il giovane Hitler, giunto per sostenere l’esame d’ammissione all’Accademia d’Arte, incontra Shlomo Herzl, un libraio povero e sognatore il cui desiderio è quello di scrivere un testo sul senso dell’esistenza. Timoroso che i suoi sogni di conquista del mondo vengano scoperti, Hitler pretende che Shlomo gli consegni questo ambito libro, Mein Kampf, appunto, e quando il libraio ammetterà che si tratta solo di un’opera di fantasia, lo costringerà ad assistere al “sacrificio” di una gallina, preludio allegorico dello sterminio ormai imminente.
Il dramma, che riporta ad un ipotetico incontro del giovane futuro dittatore con due mendicanti ebrei viennesi, si concentra sull’innaturale “amicizia” tra contrari che nella drammaturgia di Tabori dialogano vivacemente, alternando la forza umoristica e spirituale dell’ebraismo alle allucinazioni di un Hitler psicopatico e infelice, con una probabile remota origine ebraica di cui si vergogna.
Un chiaro messaggio per confermare l’assoluta “banalità del male” dove il dittatore nazista, ben lontano dall’essere considerato un genio o un mostro, non è altro se non un uomo afflitto da patologie tipicamente umane, un artista mancato che, senza l’appoggio e l’ipocrisia delle classi dominanti, sarebbe vissuto nell’emarginazione della propria condizione psicolabile e disadattata.
Nato a Budapest nel 1914 e morto nel 2007, George Tabori, il cui padre morì ad Auschwitz, riuscì a sopravvivere all’Olocausto rifugiandosi in Inghilterra e successivamente in America. Grande drammaturgo e sceneggiatore, è noto anche per le traduzioni di Brecht e Max Frisch.
Questo spettacolo, inoltre, segna il ritorno in scena del regista Egisto Marcucci, ricostituendo la compagnia dei Fratellini così come era in origine, nel 1995, all’epoca della memorabile edizione delle Sedie di Ionesco.
Dal 22 gennaio al 10 febbraio
Mein Kampf di George Tabori
regia di Egisto Marcucci. Compagnia I Fratellini
Teatro Leonardo, via Ampere 1
Orario: da martedì a sabato ore 20.45; domenica ore 16
Biglietti: Euro 21.50/14.50; martedì 12.50
Prenotazioni: 02716791/0226681160
biglietteria@elfo.org
www.elfo.org