Riceviamo e pubblichiamo questa lettera accorata di tre ragazzi ebrei a due importanti esponenti del mondo cattolico in merito al recente incontro fra Papa Francesco e Abu Mazen e alle intenzioni espresse dal primo di arrivare presto a un riconoscimento della Palestina.
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Carissimo Don Cristiano Bettega – direttore dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo della CEI-,
Carissimo P. Matteo Ferrari o.s.b –Monastero di Camaldoli, Colloqui Ebraico-Cristiani-,
siamo, come ben sapete, tre giovani ebrei italiani osservanti che, in diverso modo e con impegno diverso, si adoperano con sincerità nel dialogo con istituzioni e singoli cristiani di varie confessioni.
Non possiamo tacere il disagio e lo sconcerto per quanto concerne la decisione dello Stato della Città del Vaticano di ulteriormente consolidare i rapporti tra la Sede Apostolica e la Autorità Nazionale Palestinese riconoscendo uno Stato di Palestina.
Con questa sua storica decisione Papa Francesco, a nostro modestissimo avviso, non fa altro che aumentare la confusione, già assordante, su questioni delicatissime ed estremamente sofferte da entrambe le parti, sia che si tratti di Palestinesi sia che si tratti di Israeliani.
Il vulnus clamoroso della decisione pontificia in questione non risiede a nostro avviso solamente nel riconoscimento dello “Stato di Palestina”, i cui confini, la capitale e la forma di governo non sono ancora definiti, ma nel fatto che non vi sia neanche un contemporaneo accenno – almeno per quanto è dato di sapere dalle fonti a disposizione – di una vincolante richiesta alle locali Autorità civili e religiose di non educare più i loro figli e nipoti all’odio antiebraico e antisionista –rivolto sia verso gli ebrei in Israele sia in Diaspora.
Di tale demonizzazione, da numerosi decenni, sono intrisi tutti i media ufficiali, facenti capo all’ANP, compresi i testi scolastici o le trasmissioni televisive per bambini, la cui propaganda non solo mira a delegittimare lo stato ebraico, ma piuttosto educa all’odio verso gli ebrei, israeliani e non, definendoli spesso con termini molto simili a quelli utilizzati dal “Manifesto della Razza”, dai Protocollo dei Savi di Sion e dal Mein Kampf.
Parimenti non si ha notizia di una altrettanto vincolante richiesta del riconoscimento del diritto a esistere in pace e sicurezza dello Stato di Israele (la cui popolazione è costituita anche da musulmani e cristiani, entrambi di diverse denominazioni), tenendo peraltro in debita considerazione il fatto che esso rappresenta l’unica realtà democratica della regione e l’unico baluardo del rispetto dei diritti umani e delle minoranze del Medio Oriente.
Circa l’ “angelo della pace”, questo appellativo, considerati i trascorsi della persona in questione e letto lo Statuto dell’ANP, ricorda sinistramente quello di “uomo della Provvidenza”, impiegato da un illustre e autorevole predecessore di Papa Francesco. E per molti, tristemente, fu ineluttabilmente proprio così.
Per chi in Occidente non è almeno un po’ arabofono o non si trova a dover convivere tutti i giorni con queste tematiche è impensabile immaginare la carica enorme e onnipervasiva di odio antiebraico ampiamente diffusa, a vari livelli, nel mondo arabo e islamico in genere, demonizzante Israele e gli ebrei.
E si tratta, specie per l’odio antiebraico, di mali antichi, spesso precedenti la nascita dello Stato di Israele, anche in seno all’Islàm e, quindi, al mondo arabo, ivi incluso quello palestinese.
Un’occasione mancata, dunque, per applicare concretamente quanto scritto nella dichiarazione conciliare Nostra Aetate, di cui quest’anno ricorre il cinquantenario: “La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque”.
La scelta della data dell’annuncio, poi, è particolarmente poco rispettosa della sensibilità di chi vede nella fondazione dello Stato di Israele la realizzazione delle sue speranze. In quest’ottica non può passare inosservato il fatto che, se il 14 maggio u.s. la Sede Apostolica annunciava il raggiungimento di un accordo con lo “Stato di Palestina”, in quello stesso 14 maggio, 67 anni fa, lo Stato di Israele proclamava la sua indipendenza. Peccato, peccato davvero che il Papa, dato il prestigio e l’eminenza del suo ruolo, non abbia fatto valere entrambe le istanze, quella israeliana e quella palestinese, certamente come Capo di Stato, ma soprattutto come guida spirituale imprescindibile del cristianesimo contemporaneo, coniugando così per tutti equità, verità, realtà, ponderazione e pace, come auspicabile.
Ci permettiamo di allegare in calce la lettera al Papa di una amica cristiana cattolica italiana.
Molte vive cordialità e shalom,
Maurizio Di Veroli (Roma)
Giuseppe Mallel (Roma)
Vittorio R. Bendaud (Milano)
Sua Santità,
Le scrivo, ancora, perché trovo sempre più difficile considerarmi Cattolica. Eppure sono sempre stata molto vicina alla Chiesa, grazie anche al fatto che provengo da una famiglia molto religiosa, con due pro-zii Vescovi (Umberto Malchiodi, Vescovo di Piacenza e Gaetano Malchiodi, Vescovo a Loreto, erano fratelli di mio nonno Aldo)… ma non solo per questo. La lettura dei Vangeli, che ho cominciato alle medie e quella della Bibbia, che ho iniziato ad affrontare nel 1972, a 15 anni (grazie al regalo di zio don Umberto), mi hanno sempre più coinvolta. Ho poi conosciuto Madre Speranza, che mi ha detto che sarei rimasta delusa dalla Chiesa, ma che avrei dovuto lottare contro le sue storture e non avrei dovuto abbandonarla… Lei mi sta rendendo estremamente difficile mantenere questa promessa. Oggi, per la prima volta nella mia vita, non me la sento di andare a Messa.
E pensare che ero così felice quando L’ho vista la prima volta!
La Sua scelta del nome Francesco (il mio Santo preferito) mi aveva fatto sperare che Lei volesse in qualche modo testimoniare il suo distacco dai capitoli bui della nostra storia, che hanno visto i Gesuiti come protagonisti di pogrom e persecuzioni orribili nei confronti degli Ebrei… ma evidentemente mi sbagliavo.
E non Le scrivo solo a mio nome. Miei amici, conoscenti e parenti ogni giorno mi confessano il loro imbarazzo profondo e la crisi che stanno attraversando, grazie a Lei.
Le sue gaffes imbarazzanti in occasione del suo viaggio in Israele e in Cisgiordania… il suo assordante silenzio in occasione del rapimento dei tre ragazzi israeliani e la sua sollecita preghiera in occasione della tragica vendetta su un ragazzo palestinese, … la Sua assenza al Convegno ecumenico di Salerno dello scorso novembre (ha preferito andare ad elogiare il fedele alleato di Hamas, in Turchia),… e adesso il suo riconoscimento dello Stato Palestinese e la sua elezione di un capo terrorista ad “angelo della pace”… mi hanno sconvolta e profondamente ferita.
In questi mesi mi sono domandata il perché.
Ho pensato che forse Lei non ha letto mai gli statuti di Olp e Hamas, che negano in assoluto la possibilità di esistere a Israele (se è questo il caso, La invito a farlo subito). Condivido l’opinione che la pace in Israele potrà essere raggiunta solo attraverso negoziati che prevedano due Stati, e credo che sia questo il punto che l’Occidente dovrebbe sottolineare e pretendere, anche e soprattutto dai Palestinesi. È infatti noto che è questo il punto dolente, perché per Statuto, sia Olp che Hamas non possono accettare l’esistenza dello Stato ebraico israeliano ed è su questo punto, su questa richiesta di RECIPROCITÀ, che si sono arenati tutti i negoziati di pace.
L’Occidente finge di sostenere Israele, ma accetta che Israele non possa scegliere la propria capitale storica, Gerusalemme, perché l’idea non piace ai Palestinesi. E ai Palestinesi l’idea non piace perché per negare il futuro al popolo israeliano, negano anche la loro storia e la loro presenza millenaria in quei territori. (Stanno negando anche la nostra storia, al punto da dichiarare che Abramo e Gesù non erano ebrei, ma palestinesi… e celebrando la Liturgia a Betlemme con alle spalle quel manifesto di propaganda palestinese, Lei ha avvalorato – spero inconsapevolmente – questa assurda tesi…). Una cosa analoga è avvenuta in Armenia circa cento anni fa, e anche allora l’Occidente ha assistito indifferente (quando non ha collaborato attivamente) al genocidio armeno che ne è seguito.
Mi sono detta che forse non ha saputo della sentenza emessa dalla corte francese di Versailles, del 2013 (ed è risaputo che la Francia con Ebrei e Israele non è affatto tenera!). In questa occasione, il tribunale di Versailles ha stabilito che – secondo il diritto internazionale – quella di Giudea e Samaria è un’occupazione legittima, che non viola nessuna norma internazionale, contrariamente a quanto sostiene la propaganda di Olp e Anp, propaganda che – come sottolineato nella sentenza di Versailles – non costituisce diritto internazionale.
O forse, mi sono detta, non ha saputo che recentemente Anp e Olp e Hamas sono stati accusati di terrorismo da un altro tribunale, a New York. Anche il Suo interlocutore preferito, “l’angelo della pace” Abu Mazen, è stato condannato per atti terrorismo in questa occasione…. E una banca giordana è stata multata per aver finanziato, con prestiti, il terrorismo di Hamas. (E questo dovrebbe mettere in serio imbarazzo anche l’Europa, che da anni offre generosi finanziamenti ai Palestinesi, senza preoccuparsi di come vengono utilizzati).
Ma mi sono anche detta che una persona che sta utilizzando il potere politico che ha Lei, non può non aver prima studiato con attenzione la situazione e la storia di quei territori… quindi Le chiedo: perché?
Perché non ha reagito neppure alla richiesta europea e dell’Italia dell’etichettatura obbligatoria per le aziende israeliane che operano in Samaria e Giudea?
È difficile capire questa scelta italiana, anche considerando le ripetute promesse del nostro Governo di sostenere Israele, in quanto unico Stato democratico in mezzo ad una polveriera impazzita e minacciato seriamente dall’Iran.
È evidente che lo scopo della richiesta dell’etichettatura è finalizzata ad un prossimo boicottaggio, già in uso presso le cooperative italiane – e non solo – e che tanto ricorda le prime leggi razziali del periodo fascista… Davvero non comprende che cosa significa boicottare le aziende israeliane, dove lavorano anche molti arabi palestinesi e israeliani? Significa boicottare la normalizzazione, l’integrazione, la dignità di quel popolo, dignità che si ottiene con il lavoro, come Lei stesso ultimamente ha spesso ripetuto in riferimento alla disoccupazione in Italia. E boicottare questo, boicottare la normalizzazione, significa boicottare la pace.
Gli oltre 800.000 ebrei che vivevano da secoli nei paesi arabi, che dalla fine degli anni ’40 sono stati espropriati di soldi, case e terreni (i terreni espropriati corrispondevano a circa 5 volte lo Stato di Israele), sono stati accolti dal piccolo neonato stato israeliano e hanno avuto la possibilità di ricostruirsi una vita. Possibilità negata ai profughi palestinesi, visto che i Paesi arabi hanno rifiutato anche la proposta di dare loro parte delle ricchezze e dei terreni espropriati agli ebrei. Possibilità negata perché solo costringendoli a vivere da profughi, in cattività, impediscono loro di sentirsi uomini liberi e quindi non desiderosi di recriminare diritti assurdi (perché solo ai discendenti dei palestinesi questo diritto? Perché non ai discendenti degli ebrei? O degli italiani cacciati dall’Istria?…)
Ha mai pensato a cosa può condurre la Sua politica per i figli e i nipoti di quegli ebrei, che con tanta fatica si sono ricostruiti una vita, in Israele? Davvero considera giusto e legittimo sostenere chi li vuole – ancora una volta – cacciare ed espropriare di tutto? Anche della loro vita?
Sono trascorsi solo 70 anni dalla nostra presunta liberazione dal nazismo, dalle leggi razziali, da un antisemitismo becero e vergognoso. Cinquant’anni fa, veniva firmato il documento Nostra Aetate che avrebbe dovuto modificare radicalmente anche i rapporti tra Chiesa e mondo ebraico, aprendoci ad un dialogo onesto e alla pari (e non si immagina quanto mi renda orgogliosa l’ultima firma di quel documento!)
Eppure oggi, come negli anni ’20, stiamo ripercorrendo la stessa strada, commettendo gli stessi errori. E questo fa molto male.
E fa ancora più male assistere, ancora, impotenti, a certi comportamenti antisemiti in seno alla Chiesa…. ai vertici della Chiesa.
Sembra che quello che Le interessa non sia la pace in quei territori martoriati, ma colpire gli Ebrei…
Devo pensare che lo faccia per salvaguardare la vita dei cristiani in Medio Oriente e in Occidente? La storia ci insegna a non fidarci di tali allenze! Oltre al fatto che noi Cristiani siamo chiamati a fare scelte coraggiose! E il Vescovo di Roma dovrebbe essere il primo a dare l’esempio…
Le ho già scritto altre volte… allora speravo in una Sua risposta, perché lo stato in cui mi trovo – soprattutto per questi motivi – è davvero grave. Anche stanotte non ho dormito e Le ho twittato… ma evidentemente non Le interessa l’avermi ferita, così profondamente. D’altra parte chi sono io, per destare il Suo interesse?
Mi scuso per la durezza della mia lettera… ma quando sto male mi è difficile nascondere il mio stato e la gravità dei suoi ultimi atti non mi ha dato scelta.
Continuerò a pregare per Lei e perché il Signore mi aiuti a perdonarLa.
Laura Malchiodi