di Paolo Salom
Si è chiuso un anno civile, se ne riapre uno nuovo. Ma, come insegnava Leopardi, nel suo “Venditore di almanacchi”, meglio farsi poche illusioni su cambiamenti (in meglio) nel futuro. Certo, il Poeta era un pessimista cosmico. Mentre noi cerchiamo di essere realisti: cioè osservare la realtà com’è e non come una proiezione dei nostri pregiudizi o desideri. Un preambolo necessario perché, in attesa di vedere quali effetti avrà l’elezione di Trump sul mondo intero (tale è il potere dell’America, nel bene e nel male), proviamo a fare un bilancio dei dodici mesi passati. Il 2016 sarà forse definito dagli storici come un anno spartiacque. Un anno in cui terribili attentati hanno insanguinato l’Europa, trasformandola in una succursale del Medio Oriente, un anno in cui le opinioni pubbliche del lontano Occidente hanno cominciato a dare segni di ribellione al politically correct (traduzione: l’ideologia che vuole l’Occidente colpevole per tutti i guai del mondo, presenti, passati e futuri). Un anno in cui – non necessariamente per il meglio – la Storia si è rimessa in marcia preparando la strada a sorprese e capovolgimenti fino a poco tempo fa inimmaginabili. Scegliete voi il Paese, e valutate con il vostro metro: Gran Bretagna, Francia, Germania, gli stessi Stati Uniti…Per quanto riguarda Israele, tuttavia, il bilancio, sulla scena internazionale è ancora aperto. O meglio, sembra riproporre gli stessi schemi di sempre. Se dovessimo giudicare dall’attività dell’Onu, infatti, nulla sembra essere cambiato. Nella sua ultima sessione dell’anno, per esempio, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato sei risoluzioni contro Israele (sei!) come se l’umanità non avesse altri problemi da risolvere. Risoluzioni che imporrebbero, tra le altre cose, di restituire alla Siria il “Golan occupato”. Capite? Non conta che la Siria, di fatto, non esista più, travolta e annichilita da una guerra civile spaventosamente cruenta. No, il punto essenziale, per la massima istituzione mondiale, è che Israele si ritiri dai territori che ha conquistato in una guerra difensiva (1967), minacciato com’era di distruzione. E che gli arabi intendessero quello che proclamavano lo possiamo apprezzare da quanto ci hanno mostrato in questi ultimi anni, comprese le grida di giubilo di fronte agli incendi che a fine novembre hanno devastato il Nord dello Stato ebraico. Ultima notazione: l’Italia, come gran parte del lontano Occidente (ma non gli Sati Uniti), si è astenuta. Ah, le promesse…