L’odio in rete

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Milioni di persone, in tutto il mondo, usano Internet. La maggioranza ne fa un uso positivo, altri, gruppi o persone protetti dalla libertà d’espressione garantita dalla legge, lo utilizzano invece per spandere odio e violenza in assoluta libertà soprattutto contro gli ebrei e i neri. La ricerca del sociologo della comunicazione Antonio Roversi parte dal desiderio di informarsi su quanto hanno da dire coloro che, per varie ragioni, ne fanno un uso negativo, ma non si esaurisce nell’arricchimento delle informazioni: serve infatti a riflettere sul fatto che dietro a questi siti non ci sono solo gruppi marginali, ma gruppi di militanti, movimenti reali che fanno dell’odio verso gli “altri”, dello scontro, del rifiuto del dialogo e della guerra la loro ragione d’essere.
Addentrandosi nel “lato oscuro” del Web, l’autore sbriciola il sogno di chi guarda a Internet unicamente come alla gigantesca rete di comunicazione promotrice, in prospettiva, di società democraticamente globalizzate in grado di demolire barriere e contribuire alla soluzione delle numerose ostilità che affliggono il pianeta. Egli infatti rileva, come insegna da tempo la sociologia della comunicazione, che non è l’innovazione tecnologica di per sé a creare il mutamento positivo, bensì l’uso che ne fanno i suoi utilizzatori. Il “lato oscuro” di Internet è, infatti, anche uno strumento in grado di produrre un raccapricciante villaggio globale dell’odio. Ci sono individui o gruppi che, nutrendo un’ostilità smisurata non intaccata dal processo di civilizzazione, utilizzano Internet per incitare alla violenza, alla sopraffazione e all’annientamento di altri esseri umani.
I siti Web dei gruppi calcistici ultras nazionali mostrano infiniti esempi di atteggiamenti razzisti, xenofobi, antisemiti, nazionalisti. Questo fenomeno è prodotto, secondo l’autore, dall’ “indebolimento dei meccanismi di controllo esterno e dei meccanismi di autocontrollo interno delle passioni, dell’emotività, della percezione del prossimo, del vivere assieme”. La società in cui viviamo non è sicura, l’insicurezza fa nascere la paura e di conseguenza allarme e ansia. E appunto, i gruppi radicali della tifoseria calcistica per esorcizzare le proprie inquietudini e rafforzare la propria identità di gruppo riversano le proprie ansie e i propri timori su un “nemico” assoluto che spesso viene demonizzato e verbalmente “sterminato” con un frasario razzista e antisemita.
I temi forti dei siti fascisti e neonazisti sono più o meno gli stessi. Esaltano i passati regimi nazifascisti, negano la Shoà, fanno una feroce campagna contro gli ebrei, spandono a piene mani odio contro africani e extracomunitari in genere. Il feroce antisemitismo di alcuni siti giunge all’inedita tesi demenziale che il nazismo è stato prodotto dell’ideologia giudaico-sionista degli ebrei deicidi e mafiosi.
I gruppi terroristici (chiamati dall’autore con espressione neutra “gruppi armati mediorientali”), gli islamismi radicali, i profeti e i pedagoghi della guerra santa e del nichilismo mortifero propagano da migliaia di siti Web la cultura dell’odio e, facendo leva sull’ ignoranza, sull’incapacità di distinguere tra fatti storici e convinzioni religiose, sul fanatismo e la schizofrenia identitaria, riescono a incendiare gli animi delle masse islamiche. I nemici da cancellare dalla faccia della terra sono i musulmani traditori e i loro alleati infedeli cristiani ed ebrei.
Secondo l’autore la lettura weberiana del potere carismatico “costituisce una base molto utile per comprendere le modalità comunicative impiegate da numerosi movimenti armati mediorientali e dai loro esponenti più in vista Gli autori di molte pubblicazioni di questi gruppi hanno una forte capacità persuasiva perché i loro scritti evidenziano un forte spirito carismatico.
Nelle società islamiche, ossessionate dalla secolarizzazione portata dalla modernità e dalla perdita di contatto con la dimensione trascendente della religione, il messaggio carismatico si configura come opera pedagogica che costruisce in modo intelligibile (con gli scritti e con le immagini) una nuova e coerente visione del mondo, dove tutto l’esperire umano trova una precisa collocazione e un significato chiaramente definitivo. In questa nuova visione le frustrazioni causate dagli insuccessi, globalmente intesi, del mondo islamico trovano una plausibile e accetta compensazione con l’accusa che è tutta opera di una congiura mondiale ordita dal mondo occidentale e dagli ebrei.
La ricerca porta infine l’autore a chiedersi se essi siano un aspetto secondario del “villaggio globale” o, all’opposto, essi siano la spia di un processo di disgregazione sociale mondiale, una sorta di “balcanizzazione” che impedisce che si instauri, nel rispetto delle reciproche differenze, una minima tolleranza condivisa. Infatti, la capacità informativa dei “siti dell’odio” è quasi sempre scadente o priva di valore, mentre è forte l’abilità a fissare rigidi steccati di appartenenza nei quali predomina la distinzione noi/loro, amico/nemico, chi è con noi/chi è contro di noi. Tutti quei siti, quando esaltano l’appartenenza a un club calcistico o alle ideologie fascista e nazista o alle varie forze politiche e/o terroristiche mediorientali, non danno la possibilità di discutere apertamente dei temi trattati; non danno spazio alle opinioni contrarie e a un dibattito razionale aperto; al contrario pongono il visitatore del sito di fronte a una opzione che è “radicale ed esclusiva allo stesso tempo”.

Antonio Roversi, L’odio in rete. Siti ultras, nazifascismo online, jihad elettronica, Il Mulino 2006, € 12,00