di Roberto Zadik
Come si dice “il lupo perde il pelo ma non il vizio” e infatti l’instancabile leggenda del Novecento cinematografico, Stuart Allen Konigsberg, conosciuto nel mondo come Woody Allen, Sagittario ascendente Vergine, torna col nuovissimo “Cafè Society” in uscita nei cinema giovedì 29 settembre. Ogni volta che esce un suo film, tutti ne parlano e diventa una specie di evento nazionale se non mondiale e anche uno dei miei primi articoli di questo blog che il prossimo dicembre compie due anni, parlava di Allen e del suo versatile genio.
A quasi 80 anni, il regista ebreo newyorchese non perde la sua esuberante fantasia, nascosta da un modo di fare composto e sottilmente ironico e dai suoi tipici occhialini e ci regala una ennesima creazione. Prolifico, raffinato, cerebrale e sempre originale, anche se io lo preferivo fra gli anni Settanta e Ottanta, quando confezionò le sue produzioni migliori, da “Io e Annie”, al “Dittatore dello Stato di Bananas” fino a “Manhattan” e a “Zelig” di cosa ci parlerà questa leggenda vivente? Il film ambientato negli anni ’30 è decisamente nostalgico come “Midnight in Paris” o “Radio Days”, altro capolavoro e a questo decennio Allen sembra essere molto legato.
Protagonista della trama è un certo Bobby Dorfman, come spesso accade il protagonista del film è correligionario del regista, interpretato da Jeffe Eisenberg, che nasce da umili origini e sogna di sfondare nel mondo del cinema oscillando fra Hollywood e New York, incontrando bizzarri personaggi, vivendo una storia d’amore dolorosa e complicata con la seducente segretaria dello zio che è un agente che lavora nel cinema. Divertente ma anche molto malinconico e introspettivo, come tante pellicole di Allen, da sempre pessimista, ateo e sarcastico, questo film mischia toni agrodolci e trabocca di personaggi, dialoghi intensi e monologhi esistenziali sull’importanza di inseguire i propri sogni e le proprie ambizioni. Com’è già successo nelle sue ultime produzioni, il regista non compare ma figura come voce fuori campo e lascia il campo libero a diversi interpreti giovani, da Corey Stoll, nella parte di Ben fratello gangster del protagonista, a Kirsten Stewart fino allo stesso Eisenberg.
E così Woody Allen non si stacca dalla commedia romantica, uno dei suoi generi preferiti e sebbene sia stato descritto come introverso e a volte duro e molto esigente e paranoico, in varie biografie, bellissima quella di John Baxter, si conferma come molto sentimentale e intimista. Noto nel suo Paese per essere il più europeo fra i registi statunitensi, è uno dei più prolifici autori contemporanei, sforna quasi un film all’anno,resistendo al tempo, alle mode e a drammi personali, come gli scontri con l’ex moglie Mia Farrow, Acquario ascendente Toro, per via dell’amore con la figlia adottiva Soon Yi e le discordie sull’affidamento del loro figlio Dylan.
In quasi 50 anni di carriera, cominciata nel 1968 con “Ciao Pussycat” diretto dall’amico Herbert Ross, come “Provaci ancora Sam”, Woody Allen ha girato più di sessanta film, prima con Diane Keaton e poi con Mia Farrow, entrambe sue compagne e stimolanti muse ispiratrici, inventando trame e intrecci suggestivi, affrontando temi intimisti e inusuali per il cinema americano, abituato fino ad allora, salvo rare eccezioni a western, marziani e film gialli. Citando costantemente il passato e suoi maestri come Bergman e Fellini, Allen è stato l’opposto dello humour ebraico demenziale di Mel Brooks o di Groucho Marx, inventando un tipo di comicità arguta, sofisticata e intellettuale che è stata da sempre il suo tratto distintivo e lavorando incessantemente ai suoi film come regista, attore e sceneggiatore come solo Charlie Chaplin, Truffaut, Hitchcock e pochi altri hanno saputo fare. Questo versatile autore è passato dalla pura comicità, a film impegnati e esistenziali come “Stardust memories”, “La rosa purpurea del Cairo” e il bellissimo “Crimini e misfatti” cimentandosi anche nel musical con “Tutti dicono i love you” e nel dramma con “Match point”.
Allen è dunque inossidabile e instancabile, regista, sceneggiatore e musicista, con una forte passione per il clarinetto e tanta vitalità nonostante la timidezza e le sue complessità dalle quali ha saputo trarre forza e grande umorismo, trasmettendo la sua grande energia e la sua incredibile creatività a vecchie e giovani generazioni e ispirando molto anche me nel mio percorso letterario e umano da quando a 12 anni vidi “Prendi i soldi e scappa” uno dei suoi primi film girato nel lontano 1969. E dopo quasi mezzo secolo siamo ancora qui a parlare di lui, del suo talento e dei suoi film.