di Nathan Greppi
Alla stessa domanda i passanti davano risposte diverse: “Sono un grande popolo”, “Sono come tutti gli altri”, “Se la menano più degli altri”, “Sono chiusi come il ghetto dei cinesi”. La domanda era: “Che cosa pensi degli ebrei?”. Tutto ciò è apparso nel documentario Mi-Jew 150, diretto da Ruggero Gabbai e presentato il 29 Maggio 2016 al Teatro Franco Parenti in occasione del Festival Jewish in the City #150.
Il documentario, prodotto e montato da Francesca Hasbani, Chiara Passoni e Cristian Dondi e realizzato con la consulenza di Roberto Zadik, ha come tema i 150 anni della storia della Comunità Ebraica di Milano, che è anche il tema centrale di questa edizione del Festival.
Come ha raccontato prima della proiezione Rony Hamaui, docente di economia all’Università Cattolica e autore del libro Ebrei a Milano, a Milano si possono trovare molti segni che indicano come gli ebrei siano riusciti a integrarsi nonostante le avversità, a cominciare da alcune incisioni di Menoroth e caratteri ebraici fuori dalla Basilica di Sant’Ambrogio.
Tuttavia la situazione non è sempre stata così semplice: infatti, come ha spiegato in seguito Fiona Diwan, per molti secoli gli ebrei non potevano risiedere e nemmeno dormire nel territorio di Milano, al massimo potevano venire per il mercato. A porre fine a questa ingiustizia fu l’Unità d’Italia, in seguito alla quale gli ebrei di tutta la penisola ottennero la parità di diritti grazie a quella stessa famiglia reale che, ottant’anni dopo, li avrebbe traditi.
Nel corso del documentario, Rav Alfonso Arbib ha ribadito un concetto che aveva già citato dopo l’accensione delle candele per Yom HaShoah: la rinascita. Egli ha parlato di come la Comunità Ebraica di Milano sia riuscita a rinascere dopo essere stata quasi decimata durante la Shoah. Fiona Diwan ha dunque ricordato come la Comunità abbia accolto, nel corso dei decenni, ebrei provenienti da tanti luoghi diversi e in particolare dai paesi mediterranei, come l’Egitto, il Libano e la Turchia.
In seguito il documentario ha continuato alternando interviste ai passanti lungo Via dei Mercanti e a personalità di spicco della Comunità, tra cui Raffaele Besso e Alfonso Sassun, per descrivere le attività e i servizi offerti dalla Comunità, inclusi la scuola e i negozi kasher. È intervenuta anche la regista teatrale Andreè Ruth Shammah, presente anche in sala per presentare lo spettacolo Qohelet, che ha dichiarato come per lei essere ebrei non è semplicemente credere in determinati precetti o seguire certe regole, ma è qualcosa di più profondo.
Le risposte dei passanti per Via dei Mercanti hanno suscitato molte risate in sala, soprattutto quando veniva chiesto loro quanti ebrei vivevano in Italia: molti rispondevano “uno o due milioni”, mentre quelli iscritti alle comunità dell’UCEI non superano le 25.000 anime. Ma del resto lo scopo del Festival è proprio questo: far conoscere agli italiani, e in particolare ai milanesi, la minoranza ebraica con cui convivono.