Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del presidente della Comunità, Roberto Jarach, in merito alle dimissioni di Alberto Foà e alle polemiche sorte in seguito ad esse.
“Il gruppo di maggioranza preferisce astenersi da alcun comunicato di risposta alle accuse, anche ingiuriose, rivolte a mezzo stampa apparse in questi giorni in occasione delle dimissioni del Vicepresidente Foà, nella convinzione che una Comunità debba essere gestita all’interno delle proprie istituzioni che vedono il Consiglio e l’Assemblea come luogo ove dibattere apertamente di problemi e soluzioni col massimo consenso possibile tra gli iscritti.
Il presidente e la giunta proseguono nel lavoro di preparazione collegiale del Bilancio Preventivo 2012, con una maggioranza compatta e cosciente dell’impegno preso con gli elettori. L’appuntamento a tutti gli iscritti per un franco confronto e’ l’Assemblea Comunitaria del 24 gennaio 2012”.
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Alberto Foà, vicepresidente e assessore al personale, al bilancio e ai tributi della Comunità ebraica di Milano, ha rassegnato le dimissioni da tutti gli incarichi e dal Consiglio. Lo ha annunciato il 23 dicembre tramite la Newsletter della Comunità. Una decisione sofferta, maturata nella consapevolezza che le tensioni con la Presidenza e con alcuni elementi del Consiglio non lasciavano spazio ad un’efficace prosecuzione del lavoro intrapreso. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso era stata, il giorno prima, la Newsletter dell’opposizione “Un altro consiglio è possibile” dove Alberto Foà è stato attaccato e fatto oggetto di commenti derisori e offensivi.
Sia come sia, le dimissioni sono arrivate, irrevocabili. Il primo commento ufficiale è venuto dal vicepresidente dell’Ucei Anselmo Calò, che su Moked ha scritto tra l’altro: “Nel 2010, quando dopo le ultime elezioni comunitarie, emerse l’ampiezza del deficit di quella Comunità, fu grande la preoccupazione per il futuro della Comunità, una preoccupazione mitigata dalla consapevolezza che il risanamento finanziario affidato alla grande esperienza di Alberto Foà sarebbe stato possibile. Dopo diciotto mesi, possiamo constatare come quella speranza fosse fondata e come, grazie ad iniziative molto efficaci da lui condotte, la situazione sia nettamente migliorata. (…) Per impostare una nuova organizzazione, dobbiamo però poter contare su una adeguata preparazione tecnica e una affidabile competenza, qualità che Alberto Foà ha in misura notevole. La sua rinuncia a volersi occupare della ‘cosa pubblica ebraica’, comunque motivata, è un lusso che la Comunità di Milano e l’ebraismo italiano non si possono permettere. Per questo credo sia mio dovere mettermi a disposizione del Consiglio della Comunità di Milano per aiutare il Presidente Roberto Jarach e Alberto Foà a ritrovare lo spirito comunitario con cui portare a compimento l’impegno di risanare la Comunità di Milano che diciotto mesi fa si sono assunti davanti al loro elettorato”. Stessa offerta di mediazione è venuta dal consigliere Ucei, il milanese Riccardo Hoffmann, che ha detto “La stabilità è un bene che non possiamo permetterci di perdere”.
Pubblichiamo per completezza di informazione la lettera integrale di dimissioni di Alberto Foà e la risposta dell’opposizione, già diffusa tramite la nostra Newsletter. Il Presidente Roberto Jarach ha scelto invece, dopo le dimissioni del vicepresidente Foà, di ponderare le sue decisioni e i suoi commenti .
Lettera alla Comunità: perché mi dimetto
Nel maggio del 2010, preoccupato dalla situazione economica e generale della Comunità, ho deciso di candidarmi alle elezioni del Consiglio nella lista Ken. La lista si è aggiudicata 10 seggi su 19 disponibili in Consiglio ed io ho accettato il gravoso compito di occuparmi di Bilancio, Tributi e Personale. Pensavo di potere dare un utile contributo sulla base della mia esperienza professionale ed imprenditoriale e di potermi dedicare alla Comunità con sincero e fattivo entusiasmo.
Tutti conoscono la situazione nella quale versava la Comunità 18 mesi fa: il deficit annuo aveva raggiunto, a fine 2009, quasi 4 milioni ed il debito accumulato aveva raggiunto i 13 milioni di euro. In più di un’occasione i dipendenti erano stati pagati con ritardo a causa della mancanza di denaro nelle casse comunitarie, i contributi previdenziali ai dipendenti non venivano più pagati dall’agosto del 2008. Questi dati economici erano il riflesso della disorganizzazione, dell’approssimazione, dello scarso senso di responsabilità e dalla mancanza di scelte incisive, seppur necessarie, che avevano caratterizzato la gestione politica della Comunità fino a quel momento. A ciò si aggiungeva un crescente distacco e, per certi versi, anche una comprensibile avversione degli iscritti nei confronti della Comunità.
La Comunità rappresenta una realtà molto articolata: la Scuola, la Casa di Riposo, l’Amministrazione, i Servizi Religiosi, i Servizi Sociali impiegano decine di persone ed erogano servizi a centinaia di utenti; le uscite annue ammontano a circa 12 milioni di euro, le norme amministrative, fiscali, di sicurezza sono moltissime, così come le problematiche relative al personale. La Comunità ha dimensioni ed un Bilancio più rilevanti della gran parte dei Comuni italiani. La gestione di tutto ciò non è cosa semplice già in tempi normali e con personale numericamente adeguato; lo è ancora di meno in una situazione come quella che si presentava 18 mesi fa.
Mi sono, quindi, messo al lavoro con dedizione ed impegno cercando di analizzare i numerosi problemi e di configurare in tempi necessariamente rapidi le possibili soluzioni. La mia attività, però, è andata a toccare una serie di equilibri precostituiti e forti resistenze al cambiamento dello status quo.
Il Presidente: si è spesso rivelato disattento e concentrato su aspetti marginali e di immagine personale; su molti dei provvedimenti proposti e necessari ha opposto una sorda e tenace resistenza passiva; non ha coordinato il rapporto politico fra i Consiglieri e fra maggioranza ed opposizione, tanto che due Consiglieri si sono dimessi dopo poco più di un anno dall’insediamento del Consiglio; si è concentrato spesso su aspetti formali ma altrettanto spesso ha rifuggito l’esame e la presa in carico di problemi ben più urgenti e sostanziali. Ha dimostrato di non avere né le capacità né la voglia di essere all’altezza del compito per il quale si è candidato.
La Giunta: si è spesso dimostrata distratta e compiacente nei confronti dell’atteggiamento del Presidente; per evitare spiacevoli discussioni, non ha esercitato sul Presidente la pressione che avrebbe dovuto per ricondurlo alle sue responsabilità. In tante occasioni si è preferito ascrivere la determinazione con la quale sollecitavo scelte e decisioni non con l’urgenza e la rilevanza dei problemi sollevati ma come il frutto di una mia personale impostazione. La Giunta, scarsamente coordinata dal Presidente, si è mossa con iniziative personali dei singoli Assessori, dimostrando di non avere intenzione o di non essere in grado di perseguire una coerente strategia generale.
L’opposizione: senza dimostrare alcuna vergogna per aver concluso il suo mandato nel 2010 lasciando la Comunità in una situazione pre-fallimentare, ha assunto un atteggiamento di sterile contrapposizione; in alcuni casi, la difesa di interessi e posizioni particolari ha prevalso sull’interesse generale e sulla stessa dignità dell’istituzione. A ciò, si sono aggiunti la provocazione, il dileggio sistematico, la più totale mancanza di rispetto, la gratuita diffamazione da parte di un’opposizione incapace di confrontarsi su una qualsiasi proposta costruttiva nelle sedi e sul terreno opportuno e che ha scelto, invece, la strada della newsletter insultante. Il dibattito non si è mai concentrato sul merito delle questioni ma ha assunto spesso toni spiacevolmente personalistici e gratuitamente offensivi: la cifra della dialettica Comunitaria è stata un desolante gioco al ribasso. Per quello che mi riguarda, credo che siano stati varcati troppi limiti: in primis, quello della decenza.
I problemi veri della Comunità sono stati sistematicamente presi sottogamba o affrontati in modo superficiale o poco serio: solo per fare alcuni esempi, il problema della Direzione della Scuola, sul quale ho più volte richiamato l’attenzione della Giunta, è stato metodicamente rinviato e ancora oggi non solo non è stato risolto, ma neanche affrontato; il problema della destinazione del patrimonio della Fondazione Scuola che, scandalosamente, giace inattivo da più di 12 anni, è stato trasformato in un mio problema personale perché, evidentemente, faceva più comodo così; tutti i provvedimenti che ho proposto per dare sostenibilità economica ed organizzativa all’Amministrazione sono stati varati nell’indifferenza se non, addirittura, nell’ostilità generale (pur essendo stati votati da tutti all’unanimità). La lista sarebbe ancora lunga. Più volte ho proposto regole e delibere che favorissero regolarità, chiarezza e trasparenza e molte volte ho riscontrato reazioni che denotavano negligenza e fastidio. In più occasioni, hanno prevalso l’ipocrisia ed il criterio del “quieta non movere”.
La riunione di Consiglio del 29 novembre u.s. avrebbe dovuto essere propedeutica alla redazione del Bilancio preventivo del 2012 per consentire ai membri di Giunta ed ai Consiglieri di operare consapevolmente scelte importanti e significative supportate da numeri e documenti che avevo predisposto. Purtroppo nei giorni e nelle settimane seguenti, la tendenza alla sistematica elusione dei problemi reali ha prevalso su una reale esigenza di serietà: il Presidente si è limitato a fornire indicazioni di carattere formale senza avviare un coordinamento delle possibili proposte degli Assessori e dei Consiglieri al fine di redigere un Bilancio Preventivo credibile, adottando ancora una volta il metodo del sistematico rinvìo (al giorno del poi e all’anno del mai) e dell’eterna approssimazione nell’affrontare scelte e problemi.
Queste sono le ragioni per cui, con oggi, mi dimetto irrevocabilmente sia dalla Giunta che dal Consiglio che non ha dimostrato rispetto né per gli iscritti né per se stesso; i membri di questo Consiglio non hanno saputo o voluto calcolare le conseguenze di azioni superficiali o irresponsabili gettando al vento una preziosa opportunità per risanare l’istituzione comunitaria, dimostrando una sostanziale indifferenza verso i dipendenti e verso gli iscritti. Devo dire con grande dispiacere che, personalmente, non è stata un’esperienza felice né sul piano intellettuale e politico, né sul piano umano.
Ringrazio coloro che mi hanno dato il loro voto e la loro fiducia: purtroppo, in un simile contesto, il perseguimento degli obiettivi per cui mi hanno votato risulta impossibile e dubito che, continuando a sostenere questa Giunta, renderei ai miei elettori un buon servizio; ringrazio anche le due persone con le quali ho maggiormente collaborato: Alfonso Sassun e Sergio Lainati che hanno dimostrato intelligenza, pazienza, dedizione e lealtà a questa Comunità.
Alberto Foà
Martedì 27 dicembre è arrivata la risposta dell’opposizione:
Alberto Foà, Vicepresidente della Comunità di Milano e assessore al Bilancio, al Personale e ai Tributi, ha presentato le proprie dimissioni da tutti i suoi incarichi comunitari. Sappiamo che molto verrà detto in questi giorni e, complici le vacanze invernali, avremo tutti modo di riflettere serenamente in proposito, ma fin da subito abbiamo il dovere di chiarire alcuni punti.
Le dimissioni di Alberto Foà ufficializzano quanto diciamo da tempo. Esiste una crisi della maggioranza che è uscita dalle urne alle ultime elezioni milanesi, una crisi che sarebbe riduttivo e semplicistico ascrivere a incomprensioni personali. Non basta osservare che ancora una volta Roberto Jarach nel ruolo di Presidente della Comunità ha saputo più dividere che unire, perdendo i pezzi della propria maggioranza (leggete le dichiarazioni di Foà per comprendere il clima). Purtroppo qui c’è qualcosa di più. Un’ampia maggioranza (i 10 consiglieri della lista Ken affiancati da Avram Hason, su un totale di 19) era tale solo sulla carta. Gruppi molto diversi con idee molto diverse hanno pensato che bastasse sommare i loro voti per guidare la Comunità. Sull’onda della paura della crisi e dei debiti hanno vinto le elezioni, ma poi non hanno saputo proporre una visione che li tenesse uniti, che guardasse oltre i conti – e ora i conti non tornano più.
Nonostante l’indubbio merito di aver riorganizzato e ricontrattato il debito comunitario con le banche – un’operazione che era obbligata per qualunque giunta e che abbiamo appoggiato – non hanno saputo tagliare le spese, ma hanno invece assunto nuovo personale e per cercare di far quadrare il bilancio hanno deciso di vendere il patrimonio immobiliare e di puntare tutto su una riscossione più che rigorosa dei tributi. Forti soprattutto con i deboli, hanno dato un inedito mandato all’Esatri per riscuotere anche poche centinaia di euro; e allo stesso tempo sono riusciti a litigare con i principali fundraiser comunitari.
Per tempo abbiamo detto che tale politica era ancora una volta coerente solo ‘sulla carta’, ma dannosa nella realtà, perché ci avrebbe consentito di riscuotere pochi soldi in più ma avrebbe inferto certamente una profonda ferita al rapporto tra molti ebrei e la Comunità. Ora sappiamo che più di 400 persone si sono cancellate dagli elenchi nell’ultimo anno, in un modo o in un altro. Anche per chi nella maggioranza si limita a ragionare solo sui numeri ci sono molti buoni motivi per fermarsi e per pensare a come riparare. Eppure oggi il Vicepresidente Foà tenta di far passare l’idea che la crisi nei rapporti interni alla maggioranza, il fallimento dei suoi principali provvedimenti, l’incapacità sua e del Presidente Jarach di presentare un serio Bilancio Preventivo, siano in parte attribuibili alle nostre newsletter. Come sempre, noi indichiamo la luna degli irriducibili contrasti nella maggioranza e loro vi invitano a concentrarvi sul dito. È certamente surreale, ma se non rispondessimo subito alcune persone potrebbero crederci.
Abbiamo scelto un modo responsabile di fare opposizione: avremmo potuto fare ostruzionismo e non l’abbiamo fatto, ci saremmo potuti dimettere in massa e far cadere il Consiglio e, nonostante la tentazione, non lo abbiamo fatto. Nella pratica quotidiana abbiamo contribuito a far rientrare a scuola gli studenti respinti dalla politica di rette della maggioranza, a far ritornare molti tra gli iscritti che volevano cancellarsi e abbiamo risolto il grave contenzioso con l’Inpdap – soprattutto grazie all’eccezionale aiuto di Walker Meghnagi e Daniela Zippel, due Consiglieri che sono stati poi costretti a dimettersi dall’arroganza di questa maggioranza.
Certo, abbiamo criticato pubblicamente l’operato della Giunta, ma questo è il ruolo al quale siamo stati relegati da una maggioranza che, forte dei suoi numeri, ha preso molte decisioni senza ascoltare i nostri consigli, anzi tenendoci per molto tempo letteramente fuori dalla porta dove avvenivano le riunioni senza nemmeno il diritto di sapere ed ascoltare. Se fossimo restati in silenzio avremmo dimostrato di non avere rispetto degli iscritti e della Comunità. Ma il “tanto peggio, tanto meglio” non fa parte della nostra cultura. Siamo convinti che si debba continuare a lavorare per mettere in sicurezza il bilancio, e nello stesso tempo si debba avere ben chiaro che, se non vogliamo diventare un museo dell’ebraismo passato, al centro della nostra Comunità deve continuare a esserci la scuola. Dobbiamo fare di tutto per poter abbattere le rette della scuola e per aumentare gli studenti, e dobbiamo convincere le altre Comunità e in primis l’UCEI che è interesse di tutto l’ebraismo italiano continuare a garantire una scuola ebraica a Milano. Ci aspettano problemi enormi, che potranno essere superati solo se la Comunità sarà in grado di recuperare tutte quelle risorse sia economiche sia in termini di professionalità e di entusiasmo che si sono allontanate nell’ultimo anno e mezzo.
Sara Modena
Michele Boccia
Rami Galante
Simin Livian
Guido Osimo
Yasha Reibman
Raffaele Turiel