Sia benedetto Colui che mi ha fatto donna,/perché sono terra e uomo/e costola morbida/Sii benedetto Tu che mi hai fatta/cerchi su cerchi/come le sfere celesti/e i pomi dei frutti;/Tu che mi hai fatto carne viva,/florida,/e mi hai fatta come una pianta dei campi,/capace di frutti./…». I versi di Ester Ra’ab, una delle grandi poetesse d’Israele, sono del 1969, tratti dalla raccolta Shirat isha, Canto di donna. Versi che celebrano la potenza del femminile e la gioia dell’essere donna, capovolgendo le parole della Tefillà (Baruch shelo asani ishà), in un audace tentativo poetico di sovvertimento e un afflato mistico che cerca di venire a patti con le convenzioni.
Dalle figure del mito biblico, ovvero Sara, Rebecca, Lea e Rachele…, alle poetesse nell’Israele di oggi, alla concezione del femminile nella Qabbalà, fino alle filosofe del Novecento, come Nechama Leibovitz. Un viaggio nell’identità femminile ebraica (e nelle sue numerose sfaccettature), ma anche nell’identità femminile cristiana e islamica con le figure cardine di queste millenarie tradizioni religiose: mito, letteratura, realtà di oggi, alla ricerca di nuove identità, antiche, moderne o meticce che siano. Dal Corano al Vangelo, dalla letteratura sapienziale a quella contemporanea: un mini-viaggio nei miti femminili di fondazione ma anche l’incontro con figure chiave come Hildegarda di Bingen, Simone Weil…
Questi i temi al centro di Eva e le altre, identità femminili allo specchio – la donna nella tradizione e nella letteratura ebraica, cristiana, islamica, un ampio evento-dibattito che si terrà l’8 marzo alle ore 17.30 all’Università di Lugano, organizzato dallo stesso Ateneo, dalla Fondazione Cukier Goren-Goldstein e dal Corriere del Ticino. Fluida, meticcia, ibrida: tra tradizione e modernità, quale identità quindi per le donne di domani? Ne discuteranno giornaliste e studiose, ospiti Fiona Diwan, Marina Gersony, Marian Ismail, Linda Pellicioli; a condurre il dibattito sarà il giornalista Carlo Silini.
Per la parte ebraica, Fiona Diwan partirà dal racconto ebraico di Bereshit, la Genesi, «da cui capiamo che il procedere della Creazione è una scala in progressione. Il Creatore plasma la donna, Eva, come ultima tra le creature: e poichè il disegno creazionale procede dal semplice al complesso, da ciò che è inanimato a ciò che è animato, la creazione del femminile suggella la fine dell’opera divina e ne è il coronamento. Nella narrazione biblica, essendo creata per ultima, la donna corrisponde al massimo grado di complessità. Dopo la creazione della donna Dio si ritira, si riposa con lo Shabbat», spiega Diwan. E continua: Dio rivela nello Shabbat la sua parte femminile manifestandosi come Shechinà. E la Shechinà cosa altro è se non la parte femminile del divino?, la presenza di Dio immanente nel Creato? Ovvero quando l’Altissimo sceglie di manifestarsi nella dimensione del Chesed, ovvero dell’Amore e della Misericordia, in ebraico Rachmanut (un termine che ha come radice le parole utero e parto). Lo Shabbat sarebbe quindi, nella tradizione ebraica, la manifestazione della parte femminile di Dio, in quanto tempo interiore della ricezione e dell’accettazione. Coincide con lo spazio dell’ascolto, e giunge al termine della settimana, vissuta all’insegna di una dimensione pubblica, esteriore, frenetica, maschile, ufficiale. Non a caso si dice Shabbat ha Malkà, Shabbat la Regina, la sposa.
È possibile dunque una lettura al femminile della Torà? Certamente, lo studio delle figure femminili che compaiono nella Torà richiede una nuova chiave interpretativa.
Di nuova identità meticcia, al femminile, parlerà invece Marina Gersony. «Numeri, tabelle, statistiche lo confermano: il fenomeno migratorio a livello mondiale è in continua crescita. Secondo gli esperti, piaccia o no, lo scenario prossimo sarà sempre più all’insegna di un meticciato, con ripercussioni irreversibili anche sulla cultura occidentale. Mentre politici, filosofi e intellettuali si interrogano su una società in trasformazione, la realtà è sempre più meticcia, ibrida e “liquida”. Sono le donne delle nuove generazioni meticce che sempre di più dovranno gestire le differenze interne (linguistiche, valoriali, religiose, ecc.) e le complesse relazioni con il parentado, la comunita e il mondo esterno. Europee e globali a tutti gli effetti per lingua, studi, frequentazioni e spesso per nascita, in bilico tra la cultura d’origine e la cultura di accoglienza, le donne hanno bisogno di punti di riferimento forti per comprendere che le differenze rappresentano modi diversi per vivere una comune dignità umana».
E se per Marian Ismail si tratta di evidenziare una identità femminile islamica fatta di pienezza e non di negazione, vicina al sufismo e lontana dagli esiti dell’attuale radicalismo religioso, per la tradizione cristiana, a partire dalla figura religiosa di Maria, si parte col tracciare una vicenda che va dal Medioevo per niente oscuro di Eloisa fino alle mistiche del Seicento e alle figure di filosofe e teologhe del XX secolo. Fino ad arrivare a oggi, alle sfide che pone l’attualità con il suo incontro-scontro tra fedi, una partita tutta da giocare in cui le donne hanno un ruolo chiave.