Scuola e tecnologia: cambia la didattica

Scuola

di Roberto Zadik

Vantaggi e svantaggi della tecnologia; i poteri di internet e il suo complesso rapporto con la scuola e la conoscenza; questi ed altri numerosi argomenti hanno ispirato l’interessante convegno “A scuola nel 5772”, organizzato con il contributo della World Ort e della Fondazione per la Scuola della Comunità ebraica di Milano, al quale hanno partecipato ospiti importanti in una sala piena di gente.

Il dibattito, tenuto il 30 gennaio nell’Aula Magna della Scuola ebraica, preceduto da una visita ai laboratori informatici dell’istituto, è stato introdotto da Dani Maknouz – docente di matematica e informatica in Sally Mayer e referente per le nuove tecnologie e ORT. La preside Esterina Dana ha poi definito la multimedialità come “simbolo della nostra epoca che ci dà l’illusione di essere onnipresenti e onniscienti”, mentre Roberto Jarach, presidente della Comunità e della ORT Italia, ha ricordato i primi anni dell’utilizzo del computer nelle classi della scuola, nel 1982, e come “la scuola abbia cercato da subito di essere all’avanguardia”.

La multimedialità e l’istruzione: qual è il rapporto fra insegnamento e i nuovi supporti, come il tablet? Come cambierà la didattica nei prossimi anni e quali sono gli effetti di internet sulla conoscenza e sulla società? Ne hanno parlato alcune personalità di spicco come Luca Volontè, dell’Ufficio Scolastico Regionale, che ha specificato che l’uso delle tecnologie “non è un’innovazione ma un allineamento ai tempi e bisogna sapere in che direzione andare”; Raffaele Turiel, assessore alle Scuole dell’UCEI e Consigliere della Fondazione Scuola ebraica; Agostino Miele, Dirigente dell’ITT Gentileschi, che ha specificato come in quest’epoca “l’informatica deve essere un tutt’uno con la persona, i nostri ragazzi nascono con l’ipad in mano e noi adulti dobbiamo avere il coraggio di metterci in gioco”. Miele ha detto ancora: “si dice che oggi i ragazzi stanno perdendo il gusto di leggere ma questo non è vero; solo che lo fanno in modo diverso, leggono stando davanti al computer, che non è uno strumento freddo ma al contrario è molto caldo”.

Studiosi, esperti e sociologi hanno argomentato varie tesi e illustrato i loro punti di vista riguardo all’insegnamento in un’epoca in cui, come ha detto Luca Toschi, docente all’Università di Firenze, “Tutto cambia. È successo tanto negli ultimi decenni e l’uomo sta cambiando”. Riguardo al rapporto fra passato e presente e fra conoscenza e informatizzazione del sapere è intervenuto il Rabbino Capo, Rav Alfonso Arbib, che pur dichiarando la sua scarsa conoscenza dei computer, ha presentato all’uditorio alcune importanti considerazioni: “Bisogna prendere atto della tecnologia perché fa parte del mondo in cui viviamo”, ha detto, e ha messo in relazione il complesso rapporto fra oralità e scrittura nella tradizione ebraica con il mondo di internet e dei computer. Citando varie fonti, dalla Mishnà alla traduzione della Torà in greco, la famosa “Bibbia dei Settanta”, il Rabbino Capo ha sottolineato che riguardo alla tecnologia: “Non ho risposte su questa materia ma molti dubbi. Possiamo fare a meno della tecnologia? No. Però bisogna lo stesso mantenere un atteggiamento critico ponendosi domande. La tecnologia è sia un bene sia un male e ha il pregio di diffondere cultura”, ma i testi spesso vengono adattati ai destinatari, venendo in qualche modo “traditi”. Una riflessione profonda che mette in guardia sulle problematiche della conoscenza resa fruibile da tutti attraverso il mezzo informatico.

La discussione e gli interventi si sono susseguiti seguendo diverse direttrici, che hanno toccato tutti gli aspetti dei tema. Luca Toschi ha esposto l’argomento “Dal popolo ai popoli della rete: un paradigma verso il sistema mondo”, mentre “Tecnologia e principio di realtà didattica” è stata l’analisi di Francesca Scalabrini, docente e formatrice nel campo della multimedialità. Durante la sua esposizione, la professoressa si è posta varie domande – cercando di “non generalizzare perché ogni classe è un mondo” – su quali siano le competenze di docenti e i compiti degli studenti nei cambiamenti apportati dalle moderne tecnologie. Come strutturare l’apprendimento collettivo e quello individuale? Come riorganizzare la conoscenza e facilitare l’apprendimento? Come i docenti devono approcciarsi alle nuove tecnologie? “Bisogna stimolare la curiosità nei ragazzi, saper ascoltare, avere delle infrastrutture adatte”. Pier Cesare Rivoltella, dell’Università Cattolica, nel suo intervento “Scuola del futuro? Tra tecnologia e tradizione” si chiede se sia più opportuno parlare “di oralità di ritorno o di permanenza della scrittura”. Citando Platone e i suoi interrogativi sulla parola, da lui preferita, in quanto allievo di Socrate, alla scrittura, e mettendo in relazione pensiero filosofico antico con i problemi della quotidianità dell’era moderna, il docente si domanda se le classi rimarranno strutturate come sono oggi o diventeranno sempre di più dei laboratori. Se permarranno i metodi tradizionali di insegnamento, perché “la scuola di oggi non può più essere quella di ieri”.

Ultimi due oratori sono stati Paolo Ferri, dell’Università Bicocca (“A scuola nel sesto millennio: imparare con le tecnologie digitali”), che ha messo in relazione scuola, cultura ed era digitale, spiegando che “tutto sta cambiando e con le tecnologie cambiano anche i cervelli”; e Mino Chamla, professore di storia e filosofia alla Scuola ebraica che nel suo intervento “Informare, formare, educare: qualche riflessione critica” ha invece definito l’informatica come “un semplice strumento, mentre il problema fondamentale è l’educazione”.