di Roberto Zadik
Il Padiglione di Israele e le giovani generazioni hanno un rapporto molto stretto fra loro. Infatti, tanti ragazzi già dagli ultimi anni delle superiori sognano di studiare negli atenei dello Stato ebraico e di cambiare vita, magari facendo l’aliyah spinti da ideali sionisti o religiosi o dalla ricerca di opportunità professionali. A confermarlo, la giornata di venerdì 22 maggio, quando grazie al contributo di Riccardo Hoffman, che ha creato una buona rete di contatti fra la Comunità e l’area espositiva israeliana, tre classi dell’Istituto Tecnico della scuola ebraica hanno visitato accompagnati dalle loro insegnanti il Padiglione israeliano.
Soddisfatte le insegnanti, Sara Bifulco, Rosemarie Manna e Renata Talso che hanno seguito i ventitrè adolescenti – questo il numero degli studenti complessivo per le tre sezioni – nel loro percorso attendendo pazientemente la lunga coda prima di entrare nell’area dei padiglioni e superando accessi e controlli preliminari all’esterno del Gate Triulza, quello del Padiglione di Israele. C’erano tre classi, la terza, la quarta e la quinta dell’Istituto Tecnico e gli studenti dell’ultimo anno in attesa febbrile delle prove della maturità e degli scrutini di fine anno.
Prima di partire, uno studente dell’ultimo anno, Jed D’Angelo, 19 anni si è definito “molto curioso e felice di questa opportunità di visitare Expo e spero di tornarci presto assieme agli amici”. Contenta anche la docente di Diritto e Economia, Rosemarie Manna. “La visita di oggi” ha sottolineato la docente “è assolutamente in tema con quanto ho spiegato ai ragazzi quest’anno. Infatti in classe abbiamo parlato dei temi centrali di Expo, come ambiente, sviluppo sostenibile e ovviamente cibo, affrontando lo squilibrio che c’è a livello mondiale fra aree del Pianeta in cui si muore di fame e invece altre zone dove il problema principale è il sovrappose e lo spreco e l’eccesso di cibo. Riguardo alla gita di oggi, ho preferito non anticipare nulla ai ragazzi, per non influenzarli in nessun modo e lasciare che si facciano una loro opinione su quello che vedono”.
Situato accanto al Padiglione della Francia, fuori dal Padiglione israeliano, si respira un’atmosfera unica, diversa dagli altri poli dell’Expo. Tecnologico, all’avanguardia, pieno di energia come lo Stato ebraico sa essere. Uno schermo gigante con la scritta “Fields of tomorrow” (campi di domani) e il simbolo dello sponsor KKL, Keren Kayemet LeIsrael, importante organizzazione ecologica molto attiva nel padiglione e nel mondo, balza all’occhio immediatamente. Ad accogliere i giovani visitatori un presentatore di nome David che disinvoltamente si muove sul palco in una performance dove accanto a lui c’è un monitor dove appare l’ attrice e modella israeliana Moran Attias, che dice entusiasta “Benvenuti in Israele, una terra santa, di tutti, guardate che meraviglia”. Subito il giovane conduttore la corregge e dice “Guarda che siamo in Italia.” Lei risponde “Ah davvero? Israele comunque è sempre nel mio cuore”.
Interagendo in maniera spontanea e decisamente tecnologica con la Attias che è apparsa in questo e in altri due filmati, il presentatore, ha descritto il fascino e le suggestioni di un Paese grande come “la distanza fra Milano e Ancona, che ospita le tre grandi religioni monoteiste e una incredibile varietà di etnie e di popoli ed è una delle nazioni più variegate del mondo”. Dopo il discorso introduttivo, il conduttore dice di voler sorseggiare un po’ di vino israeliano e la modella gli passa un bicchiere. Con un trucco magico lui lo raccoglie dallo schermo e lo prende in mano sorseggiandolo.
Ma le sorprese dello stand israeliano e della giornata non sono finite certo qui, tutt’altro. Entrati nella seconda delle tre stanze, un filmato con alberi parlanti e fotogrammi che comunicano fra loro, spiegando la storia dell’agricoltura israeliana e i suoi prodigi, ha accolto i giovani allievi che si sono seduti disciplinatamente sulle sedie davanti allo schermo del video.
Arrivando alla fine del Padiglione, l’ultimo locale è decisamente il più innovativo delle tre aree. I ragazzi sono entrati in questa sala buia, illuminata solo da tre schermi sui quali, ogni volta, illuminando un simbolo agricolo diverso, dal frumento, alle coltivazioni a goccia, Moran Attias spiegava i progressi straordinari nel campo delle colture e delle irrigazioni che Israele ha compiuto negli ultimi anni. La famosa coltivazione a goccia inventata dagli israeliani che permette di coltivare intere piantagioni in zone deserte e aride, non solo in Israele, ma anche in Cina, Senegal, India e Africa dove lo Stato ebraico ha aiutato diverse popolazioni in campo agricolo e tecnologico.
Su questo tema, molto interessante, si è svolta la visita dei ragazzi delle classi nella zona sopra il padiglione, dove ad accoglierli, salendo le scale, c’erano diversi esponenti del Keren Kayemet Le Israel. Primo fra tutti, Shariel Gun, Direttore del KKL Italia che ha spiegato ai ragazzi delle classi, l’importanza fondamentale del lavoro del KKl, che “dal 1904 sempre attivo in diversi punti del mondo, dall’Italia, alla Finlandia, alla Germania, fino all’Australia, per creare e mantenere spazi sostenibili, piantare alberi educando la gente al rispetto per l’ambiente e alla tutela del patrimonio naturale ed ecologico”. Scherzando coi ragazzi e intrattenendo il pubblico, Gun, ha poi lasciato spazio a un filmato riassuntivo della storia, dei metodi e delle tecniche usate dal Keren Kayemet in varie aree. Desalinizzando l’acqua del mare, praticando il metodo agricolo a goccia, creando boschi e bacini d’acqua in luoghi impensabili come l’Etiopia, il Rwanda e certe zone dell’Australia.
Alla fine della visita delle classi, Altea Soued del Keren Kayemet ha mostrato agli studenti la parte esterna del Padiglione, dove spighe di frumento e coltivazioni di riso crescono con l’aiuto di moderne tecnologie. “Con una minima quantità d’acqua rispetto a quella impiegata per le altre aree espositive” ha sottolineato la Soued “si riescono a ottenere risultati incredibili”.
Entusiasti della visita al Padiglione due ragazzi del Tecnico hanno esternato opinioni molto positive riguardo a questa esperienza. Joel Bassal,quarta tecnico, 17 anni ha detto “Questo Padiglione esprime la nostra appartenenza alla terra d’Israele che è la nostra casa. Sono rimasto molto entusiasta delle ottime tecnologie senza sprecare acqua e risorse. E’ veramente straordinario. Molto colpito dal Padiglione anche Jonathan Mouhadab, terza tecnico, 16 anni “Israele è la nostra terra e ci dobbiamo sentire parte integrante di essa, anche per quello che ha saputo sviluppare nel tempo e al suo ingegno in vari settori”.