di Ilaria Myr
Venti freddi arrivano da Austria e Germania dopo le recenti elezioni politiche, che hanno visto in entrambi i Paesi l’ascesa della destra nello scenario politico nazionale. Nel primo i popolari democristiani dell’ÖVP hanno vinto le elezioni con il 31,4 per cento dei voti, seguiti dal partito di estrema destra FPÖ (di cui faceva parte Jörg Haider) con il 27,4 %, ed è quindi molto probabile un governo di coalizione sotto la guida del giovane leader dell’ÖVP Sebastian Kurz, che durante la campagna elettorale si era molto avvicinato alle posizioni dell’estrema destra.
In Germania l’Alternative für Deutschland (AFD) è riuscito ad arrivare al 13 %, con un’inaspettata rimonta, diventando il terzo schieramento più potente all’interno del Parlamento tedesco. Xenofobo e populista, ha raccolto il voto di protesta contro l’immigrazione, la crisi economica e tutti gli aspetti problematici della globalizzazione che da anni hanno portato in tutta Europa alla nascita – con i dovuti distinguo a seconda dei Paesi – di movimenti populisti, spesso nazionalisti, fortemente critici contro l’establishment. Quella che ha votato AFD è una parte di popolazione che si sente abbandonata, che non riesce a stare al passo con le sfide imposte da un mondo che cambia velocemente e frequentemente. I dati parlano chiaro: con il 13% dei voti, l’AFD ha sottratto più di 1 milione di voti alla CDU della Merkel, 500.000 all’SPD di Schulz, e più di 500.000 alla sinistra radicale, mentre più di 1 milione provengono dalla galassia dell’astensionismo.
Ci sono però differenze sostanziali fra l’ascesa dell’estrema destra in Germania e in Austria. Mentre nel primo il partito dominante, la CDU di Angela Merkel, si oppone ideologicamente all’AFD, nel secondo i democristiani di Kurz hanno sfidato sullo stesso terreno ideologico e politico il partito degli ex-nazisti guidato da Strache, portando avanti gli stessi temi. «Se da un lato è vero che l’FPÖ non ha vinto, come era sicuro di fare – spiega a Bet Magazine-Bollettino Elia Rosati, storico, collaboratore della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano, esperto conoscitore delle destre in Europa -dall’altro è vero quello che ha detto Strache all’indomani dei risultati: “più della metà degli austriaci ha votato per il nostro programma”, proprio per la coincidenza dei temi affrontati da entrambi gli schieramenti. Chi ha votato l’ÖVP ha di fatto scelto anche l’FPÖ».
Un’altra differenza sostanziale fra i due scenari è il loro background storico. Il tedesco AFD è la nuova destra “in doppiopetto”, nata nel 2013 per iniziativa di alcuni intellettuali, a cui si affiancano molti delusi dell’est, dalle posizioni dichiaratamente xenofobe, che rendono il partito una formazione molto complessa. «Gli elettori sono intellettuali dell’ovest, ma anche molti tedeschi delusi, arrabbiati e impoveriti, soprattutto delle regioni orientali del Paese, che trovano nell’AFD un fulcro catalizzatore contro dei “nemici”: l’Unione Europea, Angela Merkel, la crisi, l’euro…. – continua Rosati -. Fino a oggi il quadro in Germania era rimasto stabile, contrariamente a quanto avviene già da qualche anno in altri Paesi europei : ma ora l’indebitamento, l’impoverimento e la prospettiva del futuro diventano per molti tedeschi, soprattutto nell’ex RDT, una priorità. Perciò queste elezioni costituiscono un grosso scossone alla politica tedesca e impongono un importante cambio di rotta e l’ascesa di volti nuovi».
Diverso è invece il discorso per quanto riguarda l’austriaco FPÖ, storicamente il partito di riferimento dei nostalgici e degli ex nazisti, nato nel 1956. «Da qui veniva Haider, figlio di un nazista, che lodò i veterani del Reich come “la meglio gioventù” e fece non poche dichiarazioni antisemite, per le quali dovette più volte dimettersi – continua Rosati -. Il leader attuale Strache ha sconfitto Haider e dal 2003 ha “ripulito” il partito da questi elementi, spostandosi sul terreno dell’islamofobia e della lotta all’immigrazione. Ma il background culturale rimane lo stesso».
E l’antisemitismo? Hanno ragione gli ebrei ad avere paura dopo queste elezioni? Entrambe hanno infatti suscitato forti preoccupazioni nelle comunità ebraiche locali e nelle organizzazioni europee ebraiche, primo fra tutti il World Jewish Congress. «Per quanto riguarda la Germania, l’espressione di sentimenti antisemiti e negazionisti è perseguibile per legge, quindi non sono possibili gli “scivoloni” che avvengono per esempio in Italia – continua lo studioso -. Inoltre, questa è una destra legata al mondo finanziario, quindi non suscettibile alle tematiche del complottismo ebraico nell’economia. Detto questo, all’interno dell’Afd vi sono esponenti – primo fra tutti Alexander Gaudel, co-leader insieme ad Alice Weidel – che sostengono che la Shoah e la seconda guerra mondiale siano argomenti utilizzati per bloccare lo sviluppo della Germania futura. Questa è una banalizzazione che può avere sviluppi pericolosi».
In Austria, invece, la storia, la base e il retaggio culturale nazista dell’FPÖ – nonostante le attenuazioni nel post-Haider – non possono lasciare tranquilli gli ebrei. «Nelle federazioni giovanili si tramanda ancora “quella” cultura. E poi non è passato così tanto tempo da quando Haider faceva le sue dichiarazioni inneggianti al nazismo, rispondendo a un’anima maggioritaria nel partito – commenta Rosati -. C’è da chiedersi con preoccupazione: quando saranno al governo, che ministri sceglieranno? E che politiche attueranno?».