Non sono passate nemmeno due settimane dalla tragedia di Itamar, dalle polemiche sulle foto delle vittime, ed ecco che Israele, di nuovo, per l’ennesima volta, ripiomba nel terrore. Oggi pomeriggio, nel centro di Gerusalemme è stata fatta esplodere una bomba a fianco di due autobus; una donna di 59 anni è morta e almeno altre trenta persone sono rimaste ferite, alcune molto gravemente.
Mentre il presidente Peres ha dichiarato di confidare nella capacità dell’esercito di fermare il terrore, Nethanyau ha usato parole più esplicite: “Con responsabilità, buon senso, ma reagiremo con fermezza a questa nuova ondata di violenza. Scopriranno che questo governo e l’esercito di Israele hanno una volontà di ferro nel difendere il paese e i suoi cittadini”.
Erano tre anni che non si registravano attentati di questo genere. Il muro aveva funzionato proteggendo la popolazione israeliana dagli attacchi terroristici. Oggi l’ “incantesimo” si è drammaticamente rotto.
Alcuni sostengono che questo nuovo colpo inferto al cuore di Israele sia l’effetto degli attacchi a Gaza dei giorni scorsi. Guardando quel che sta accadendo nel resto del Mediterraneo, dalla Libia, alla Siria, allo Yemen, non si può escludere nemmeno che questa nuova esplosione di violenza da parte palestinese non sia l’effetto del fermento che sta sconvolgendo i paesi vicini, Siria in testa. Se così fosse, una differenza va notata: a differenza del resto dei rivoltosi arabi, i palestinesi stanno rivolgendo tutto il loro malessere e insoddisfazione non solo contro chi li governa – come è accaduto nei giorni scorsi a Gaza – ma anche, ancora una volta, contro la popolazione israeliana. Secondo vecchi schemi e con i soliti sistemi: le bombe.