di Ilaria Myr
Nella prima intensa giornata del Moked 2013, svoltosi dal 25 al 28 aprile, c’è stato spazio anche per parlare di comunicazione: una disciplina, questa, che oggi più che mai sta vivendo in seno all’ebraismo una fervida stagione. Se infatti, come ha sottolineato Renzo Gattegna nel corso della tavola rotonda “Cosa comunicare e come informare”, «fino a 15 anni fa parlare di ebraismo non era semplice, oggi la richiesta della società è molto forte, e siamo quindi invitati a esprimere i nostri punti di vista. Quello attuale è, quindi, un momento fortunato dal punto di vista della comunicazione, perché avere contatti con l’esterno è il migliore antidoto contro l’antisemitismo crescente». Per favorire ciò, l’Ucei ha investito nel sistema di comunicazione, che comprende il mensile Pagine Ebraiche, con gli allegati Daf Daf e Italia Ebraica, e il sito Moked, a cui lavora una redazione diretta da Guido Vitale, coadiuvata da 120 collaboratori volontari sparsi sul territorio. Allo studio, per il prossimo futuro, un notiziario in lingua inglese e l’evoluzione delle pagine dedicate alle diverse comunità.
Nelle intenzioni dell’Ucei, la creazione di questo sistema di comunicazione è funzionale anche per la raccolta dell’8×1000, tema importante, vitale per l’Unione, di cui più volte si è parlato in questi giorni del Moked. «Abbiamo rinunciato alla pubblicità classica sulla stampa per dare vita a un circolo di comunicazione e informazione interna ed esterna – ha spiegato Gattegna -. I risultati parlano da soli: nel 2005 la raccolta aveva reso 3,7 milioni, mentre nel 2012 4,7. Un incremento in parte dovuto all’aumento delle firme e all’innalzamento del gettito fiscale. Se però pensiamo che i valdesi raccolgono il quadruplo, c’è certamente ancora molta strada da fare».
Ma cosa significa oggi per il mondo ebraico, comunicare? E, soprattutto, quali sono gli obiettivi da perseguire? «Comunicare significa mettere in comune, fare partecipare – ha spiegato l’esperta di marketing Silvia Mosseri. Nel mondo ebraico, però, il tema della comunicazione è molto complicato, in quanto ci sono molti messaggi e molte priorità. Nel caso particolare dell’Ucei, sono molti i soggetti – giunta, presidente, consiglio, le varie comunità – e diversi destinatari – interni ed esterni. La comunicazione, quindi, deve svolgere molte, diverse funzioni: deve essere istituzionale, informativa, ma anche un aiuto alla raccolta dell’8×1000. E poi deve creare uno spazio di dibattito e fare partecipare i diversi destinatari alle discussioni». Fra questi obiettivi, come si diceva, fondamentale nella comunicazione dell’Ucei è riuscire a sensibilizzare sul tema dell’8×1000: interessante, a questo proposito, è vedere come il 65% delle donazioni dell’8×1000 venga dal mondo non ebraico, mentre solo il 35% da quello ebraico. Ma i soggetti che si contendono queste somme sono sempre più numerosi, e la torta rischia ogni anno di ridursi. Urge, quindi, trovare delle soluzioni.
D’altra parte, contribuiscono all’obiettivo di far conoscere il mondo ebraico anche altri strumenti e iniziative dell’Ucei, come ‘Sorgente di Vita’, in onda sulla Rai, il Giorno della Memoria a gennaio e la Giornata Europea della cultura ebraica a settembre. Tutte iniziative di grande spessore e qualità, in cui però non mancano criticità legate proprio all’idea di comunicazione. «Cosa si fa, ad esempio, se una comunità ebraica vuole svolgere un altro tema all’interno della Giornata Europea della Cultura? – si è chiesto Emanuele Ascarelli, autore di ‘Sorgente di Vita’ -. Oppure, se vuole fare una settimana di festival, e non un giorno solo? Se ciò avvenisse, verrebbe però percepito all’esterno non come un’iniziativa isolata di una realtà, ma come operazione dell’Ucei». E poi c’è la questione di comunicare cosa l’Ucei fa anche al di fuori del mondo ebraico con quello che raccoglie con l’8×1000.
Infine, un altro tema di primaria importanza emerso, seppure di sfuggita, è la possibilità di convivenza fra diversi strumenti di comunicazione – quelli dell’Ucei e quelli locali – all’interno di uno stesso, contenuto, mondo ebraico italiano. «Come oggi l’Ucei può fare comunicazione, quando esiste comunicazione in ogni comunità?», si è chiesto il moderatore della tavola rotonda Cobi Benatoff. E la stessa domanda si pone il milanese Raffaele Turiel, che pensa a un sistema di “dorsi” locali allegati a un giornale nazionale ebraico.
Un’ipotesi fattibile? Al Moked non sono state date risposte, e forse non è un caso. La comunicazione locale è infatti oggi uno specchio della vita di ogni comunità: realtà sfaccettate, molto diverse le une dalle altre, che esprimono la propria diversità e complessità anche all’interno di questi organi.
La questione, quindi, rimane aperta.