di Avi Shalom
“Shimela, Shimela portaci in Eretz Israel” pregava il nonno di Shlomo, quando in terra d’Etiopia vedeva volare una cicogna.
Quella cicogna, alla metà degli anni ’80 si è trasformata in un grande aereo, e ha realizzato il sogno di Shlomo e di suo nonno.
Dopo un lungo periodo di incertezza circa la genuinita’ delle loro radici ebraiche (risalenti, si dice, al periodo di re Salomone e della regina di Saba), il governo israeliano nel 1984 decise di far immigrare una prima parte della ‘tribu’ perduta’ Beta Israel (6.500 anime) con un ponte aereo segreto che passava dal Sudan: un Paese islamico, fortemente ostile ad Israele.
Fu una operazione complessa, gestita dal Mossad. Per raggiungere il Sudan, gli ebrei Falasha di Gondar dovettero compiere massacranti marce a piedi, nel tentativo di eludere le forze regolari etiopi. In migliaia morirono per gli stenti e le malattie.
Un secondo ponte aereo fu organizzato nel maggio del 1991, quando il premier Yitzhak Shamir ordino’ l’immigrazione immediata dei rimanenti Falasha. In 24 ore arrivarono in Israele altri 15 mila falasha.
Lo scorso agosto questa grande operazione di immigrazione si è finalmente conclusa: un volo diretto da Addis Abeba, infatti ha sbarcato a Tel Aviv gli ultimi 450 ebrei etiopi.
Complessivamente i Beta Israel – così preferiscono chiamarsi i falashà – giunti in Israele grazie a queste tre operazioni, sono circa 120.000.
Provenienti da una societa’ agricola e patriarcale, l’impatto con una società sviluppata e tecnologicamente avanzata come quella israeliana non è stata semplice. Il processo di integrazione è stato più difficile di quanto si potesse immaginare, e molti adulti sono rimasti a lungo ai margini della società. I ‘centri di assorbimento’ che furono allestiti per loro nelle periferie si trasformarono presto in slums: flagellati dalla poverta’, dalla disgregazione dei nuclei familiari, e da scoppi sporadici di violenze familiari.
Oggi, però le cose stanno cambiando e la nuova generazione si sta prendendo sonore rivincite: come dimostrano la vittoria, qualche settimana fa, all’ultima edizione televisiva del Grande Fratello della giovane e grintosa ebrea etiope Tahunya Rovel. A marzo la nuova Miss Israele, la scultorea Yitish Aynaw, natia del Gondar (Etiopia), aveva peraltro convinto il presidente Barack Obama, in visita a Gerusalemme, che anche in Israele ormai ‘Black is beautiful’.
La nuova generazione si mostra molto attiva e vanta alcune celebrita’: fra loro un reporter investigativo, cantanti, modelle e anche la vice-presidente della Knesset (parlamento), Pnina Tamno-Shata, che ha anche telefonato alla Rovel per assicurarla che la vittoria al Grande Fratello rappresenta un ”motivo di orgoglio per l’intera comunita’ ”. Anche perche’, ha spiegato, durante la trasmissione aveva saputo lottare con determinazione contro idee preconcette e pregiudizi.
Altri attivisti di origini etiope ribattono pero’ che si tratta solo di successi di immagine e che molto resta ancora da fare per favorire l’integrazione nella societa’ israeliana e per debellare discriminazioni dolorose ed umilianti: come quelle ancora attuate in diversi istituti scolastici.