di Roberto Zadik
Un luogo fondamentale per la tradizione ebraica è il cimitero dove poter ricordare i propri cari mantenendone sempre viva la memoria. Con questo intento è stato inaugurato il 27 maggio, al Cimitero Monumentale nell’area ebraica, il nuovo tempietto, realizzato grazie alla generosa donazione della famiglia Sabbadini, dall’architetto e artista Diego Pennacchio Ardemagni in collaborazione con il marmista Banfi, che ha già lavorato molto con la comunità milanese.
Presenti alla cerimonia che si è svolta dentro l’edicola, varie autorità cittadine e comunitarie, alcune delle quali hanno tenuto vari discorsi. In tema di personalità istituzionali milanesi, c’erano il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, l’assessore comunale ai Servizi Civici, Franco D’Alfonso, mentre a livello comunitario erano presenti i presidenti Milo Hasbani e Raffaele Besso, il Rabbino Capo Rav Alfonso Arbib, il Segretario Generale Alfonso Sassun, il presidente del Cdec Giorgio Sacerdoti, il vicepresidente Ucei Roberto Jarach.
Il locale è molto caratteristico e al tempo stesso sobrio e ben costruito, ornato da suggestive vetrate ispirate come ha detto Ardemagni “all’arte di Marc Chagall ed è stato restaurato e recuperato dalla struttura precedente. Il seggio del rabbino presente in questa stanza è molto pregiato e risale alla fine dellì800. L’abbiamo portato qui dal sepolcro della famiglia Pisa, una delle famiglie ebraiche milanesi più antiche.”
La cerimonia è stata scandita da diversi interventi, primo fra tutti quello del presidente comunitario Milo Hasbani che si è definito molto soddisfatto di questa nuova struttura. “Ho partecipato a questa realizzazione” ha subito sottolineato Hasbani “fortemente voluta dalla famiglia Sabbadini e assieme al maestro Ardemaghi ci abbiamo lavorato per due anni.”
Mettendo in luce la generosità della donazione dei Sabbadini, il presidente ha poi detto: “consegno simbolicamente questo edificio alla città di Milano per essere inserito a pieno titolo nei luoghi cittadini da visitare e ringraziamo il Comune del suo sostegno e della sua partecipazione”.
Subito dopo il vicesindaco De Cesaris ha preso la parola. “Siamo noi a dovervi ringraziare” ha detto la De Cesaris. “Per noi questo posto è molto importante, è uno dei musei della città, abbiamo lavorato molto per renderlo accogliente e aperto e per restaurarne la funzionalità impedendo che le tombe si riempissero di rami e radici e andassero in rovina. Speriamo che questo luogo sia un’occasione per aumentare la conoscenza e il rispetto reciproco e per vivere meglio tutti assieme, condividendo anche le diversità culturali che esistono al momento della sepoltura e della memoria dei defunti.”
Successivamente è stata la volta del Rabbino Capo, Rav Arbib che prima di recitare due tehillim, salmi, in memoria di Bruno Sabbadini e di Lisa Eschenasi, si è soffermato su alcune considerazioni importanti. Sottolineando la centralità di un luogo come il cimitero per l’ebraismo, il Rabbino Capo ha esordito con una battuta presa da un Midrash, dove un padre e un figlio dialogano fra loro ed egli chiede al genitore “come faccio ad accorgerci che stiamo entrando in una città?”. Suo papà risponde “quando vedrai un cimitero ti accorgerai che siamo entrati in città”. “Questo” ha proseguito il Rav “dice qualcosa su quanto sia importante il cimitero che nella cultura ebraica sefardita viene chiamato in maniera decisamente contraddittoria “Beit ha Haim”, la casa della vita e questo per un cimitero sembra decisamente strano, visto che solitamente esso simboleggia un luogo di morte. Ma la sepoltura è un legame permanente fra vivi e morti, ed è un segno di continuità fra la generazione in vita e chi non c’è più e rappresenta la continuazione della vita, durante essa e dopo la morte”. Dopo il suo discorso, il Rav ha recitato due Salmi e il kaddish e la cerimonia si è conclusa. Il tempio, dedicato alla memoria della famiglia Sabbadini, è una struttura semplice e solida che appare accogliente e al tempo stesso austera agli occhi dei visitatori. Entrando nel locale attirano subito l’attenzione le vetrate di Diego Ardemagni che presentano una serie di figure espressive e coloratissime, come un candelabro, menorah multicolore e le tavole della legge, sulle quali campeggiano in alto per ogni vetrata, i nomi dei capi delle dodici tribù di Israele nominate nella Torah, fra cui Dan, Issachar, Neftali e Beniamin. Ardemagni, milanese, classe 1955 è un artista completo e versatile che lavora nello studio Ambrosiana Arte. Ha cominciato studiando l’arte classica e come applicarla sul vetro e in questi anni ha realizzato lavori importanti di traduzione di grandi pittori come Leonardo Da Vinci, Caravaggio e Chagall per poi passare a diversi generi artistici e pittorici, producendo una serie di oggetti e quadri ispirati all’arte ebraica, ai Maghen David e ai Candelabri.
L’inaugurazione del tempio del cimitero ebraico è la prima tappa di un progetto più ampio di riscoperta e di valorizzazione del Monumentale che dal prossimo autunno sarà facilmente raggiungibile grazie al completamento della fermata “Monumentale” della Metropolitana 5 che dovrebbe essere completata fra il mese di settembre e l’inizio di ottobre. In tema di prossimi appuntamenti al Monumentale, il 7 giugno si terrà la giornata Mondiale dei cimiteri “Musei a cielo aperto” con letture, visite guidate e iniziative di vario genere e anche nell’area ebraica ci saranno numerosi appuntamenti. In preparazione di questa ricorrenza e in generale è di grande rilievo conoscere la storia delle tombe sepolte, fra queste ci sono alcune famiglie importanti e sepolcri di antica costruzione che risalgono al diciannovesimo secolo. Infatti l’avvocato e storico Giorgio Sacerdoti si sta occupando di studiarne il percorso storico e le biografie delle persone lì tumulate, riscoprendo una zona che negli anni era stata un po’ messa da parte, anche perché per questioni di spazi.