Il devastante impatto dei Qassam

Israele

Jasmine Hakimi parla da Ashkelon.

La voce di Ashkelon è entrata nelle case italiane con le parole di Jasmine Hakimi, studentessa della scuola ebraica di Milano trasferita in Israele con la famiglia da poco più di un anno: “È un miracolo tutte le mattine uscire di casa per andare a scuola, e tornare”. È stata intervistata dal TG3 e ha raccontato con la sua voce serena la tensione, l’angoscia di essere bersaglio.
Ashkelon colpita dai Katiusha, più potenti e precisi dei Qassam che ormai da sette anni minacciano e colpiscono la città martire di Sderot, con uno stillicidio che ha portato dolore, feriti, morti.

Dopo due anni e mezzo dal ritiro israeliano dalla striscia di Gaza, dopo migliaia di Qassam su città e villaggi vicini al confine, l’esercito israeliano ha reagito, ha colpito con razzi i depositi di missili, i camion che li trasportano, è entrato per alcune ore nella Striscia di Gaza.

Hamas ha ottenuto così quello che voleva, quello cui miravano le provocazioni e la strategia della tensione che i lanci ripetuti significano: sfinire la popolazione civile, spingere Israele alla reazione per avere qualche decina di morti da esibire sul palcoscenico mediatico. E i morti sono arrivati.

Ma di fronte alla tragedia le parole palestinesi sono quelle della propaganda, della menzogna blasfema, della retorica d’effetto e vuota di significato. Abu Mazen: “È peggio dell’Olocausto”; Khaled Meshal: “Questo è il vero Olocausto, non quello che gli ebrei pretendono sia accaduto in Europa”.

Anche se l’operazione sul terreno è conclusa e Israele dichiara di aver “raggiunto gli obiettivi”, a cantare vittoria è Hamas: trattative di pace interrotte, ANP che si riavvicina ad Hamas dopo il gelo della guerra civile di pochi mesi fa, parole che allontanano la possibilità di un dialogo. Anche i “razzi artigianali” sono capaci di provocare effetti devastanti.