La violenza razzista.
Abdul Guiebre, 19 anni, ammazzato la notte scorsa con una sprangata alla testa, era italiano, ma la sua pelle lo metteva, per i razzisti, su un altro pianeta; nel loro, non aveva diritto di vivere. “Io sono italiana, mio fratello era italiano. Oggi ho capito, abbiamo capito cosa vuol dire essere neri. È per questo che hanno ammazzato mio fratello. Oggi, per la prima volta, io mi sento nera”. Le parole di questa ragazza sembrano quelle che hanno pensato e pronunciato molti ragazzi ebrei italiani dopo la promulgazione, settanta anni fa, delle leggi razziali “Oggi mi sento ebreo”. La propria identità deve essere ri-conosciuta, coltivata, amata. Non subìta, perché lo decide un razzista.
Probabilmente si “sentono” – e sono – francesi anche i tre ragazzi ebrei, di età compresa tra 17 e 18 anni, che sono stati aggrediti il 6 settembre in una strada di Parigi, dove a giugno era stato picchiato un altro 17enne della Comunità. Il presidente dell’Unione degli studenti ebrei francesi, Raphael Haddad ha detto che i tre sono stati aggrediti perché portavano la kippah. “Stavano camminando quando gli assalitori hanno tirato loro addosso una pietra. Quando uno di loro ha chiesto delle spiegazioni, è stato picchiato. E gli altri due sono stati assaliti mentre difendevano il loro amico”.
La politica europea deve fare ancora un lungo cammino verso la convivenza pacifica di tutti i suoi cittadini e residenti. Gli ebrei possono essere ancora una volta la coscienza critica, la memoria, di questo continente “vecchio” – sotto molti punti di vista; ricordando i 70 anni dalle Leggi razziali fasciste, chiedersi perché certa orribile violenza sia ancora presente. E non abbassare la guardia.