di Sheila Campagnano
Per i 75 anni della Shoah macedone, in cui morirono oltre 7 mila ebrei, l’11 marzo verrà aperto a Bitola il cimitero ebraico appena restaurato
Macedonia, questo piccolo Paese incastonato nei balcani, tra Serbia, Croazia, Bulgaria, al nord della Grecia che ne rivendica le radici e la sovranità territoriale non riconoscendone l’identità di Stato sovrano indipendente. Un Paese ai più sconosciuto, che si ricollega di primo acchito alle memorie scolastiche legate ad Alessandro il Macedone, la cui localizzazione sulla carta geografica risulta spesso difficile e non immediata.
E invece, se si ha l’occasione di incrociarne il vissuto, la storia e la gente, se ne resta incantati e stupiti per quante emozionanti e interessanti sorprese può riservare.
Particolarmente toccante è scoprire le radici del popolo ebraico, il legame e il rispetto che questo Paese comunica in modo così immediato per la storia del popolo ebraico, per Israele.
Basta pensare che uno dei primi atti della proclamata Repubblica di Macedonia dopo il dissolvimento della ex Yugoslavia è stata la decisione di far sorgere, nel cuore della sua capitale, un Memoriale della Shoah, in ricordo del crudele destino subito dalla comunità ebraica in Macedonia: quasi un atto di scuse per non essere riusciti a proteggerla dalla barbarie nazista e come gesto di responsabilità del dovere della memoria di fronte a una ferita indelebile e irreparabile.
A pochi passi dalla piazza centrale di Skopje, sorge il Memoriale, una costruzione imponente, situata a pochi metri dal quartiere musulmano. L’assenza di guardie all’entrata comunica una sensazione di libertà, di rispetto, di unicità.
Il Memoriale della Shoah di Skopje è probabilmente il più importante di tutta l’Europa dell’Est. L’aspetto che più colpisce è come sia una realtà pulsante e attiva, in costante connessione con il Museo di Yad Vashem e con iniziative pedagogiche locali molto importanti per far conoscere alle giovani generazioni in Macedonia la storia degli ebrei. A testimoniarlo, gli incontri e gli eventi con giovani studenti macedoni.
La storia degli ebrei in Macedonia risale a più di due millenni fa, strettamente connessa al destino degli ebrei a seguito dell’Inquisizione Spagnola del 1492, e culmina nel destino tragico che travolse gli ebrei durante gli anni del periodo nazista, sotto l’occupazione bulgara. Furono le truppe bulgare a permettere il passaggio dei nazisti che fu fatale per la comunità ebraica della Macedonia. Dei circa 8.000 ebrei presenti prima del nazismo, solo 350 furono i sopravvissuti, molti dei quali emigrati in Eretz Israel: quasi il 90 per cento fu assassinato durante la Shoah.
La fabbrica del tabacco di Skopje fu il centro in cui vennero portati tutti gli ebrei provenienti anche dalle altre città del Paese. Sotto violenze, paura e inadeguate condizioni sanitarie passarono lunghi giorni fino a che vennero definitivamente consegnati ai nazisti e deportati, l’11 marzo del 1943, al campo di Treblinka dove, dopo sei giorni di viaggio in condizioni inenarrabili, furono trucidati nelle camere a gas.
Solo lo sforzo dei nipoti e pronipoti dei sopravvissuti alla Shoah ha potuto salvare fino ad oggi le radici millenarie della presenza degli ebrei in Macedonia.
Attualmente vivono nel Paese solo poche centinaia di ebrei in una comunità microscopica, ma così attiva da trasmettere la percezione di essere composta da migliaia di persone.
La Comunità ebraica partecipa a numerosi eventi e manifestazioni pubbliche rappresentata dalla sua bravissima presidente Berta Romano, che lavora con passione ed energia. Con pochissimi mezzi, ma con una volontà instancabile di tenere in vita la tradizione ebraica, ogni anno viene organizzato un evento per l’accensione delle candele di Chanukkà, il seder di Pesach e incontri con rabbini o dalle vicine comunità dei balcani o direttamente da Israel: piccole imprese da giganti che tengono viva la luce del popolo ebraico in modo così unico e speciale. In questi ultimi anni, un grandissimo ruolo per rafforzare il legame tra Macedonia e Israele è stato svolto dall’ambasciatore israeliano Dan Oryan, che ha portato le relazioni tra i due Paesi a livelli importanti con sinergie nei più svariati campi, tecnologico, economico, culturale. Grande è l’ammirazione da parte dei macedoni nei confronti del “miracolo israeliano” e della diaspora ebraica, per il supporto che è riuscita a dare alla crescita dello Stato ebraico.
Grazie all’impegno dell’ambasciatore Oryan, inoltre, negli ultimi due anni membri di movimenti giovanili ebraici da Europa e Israele, insieme a giovani cristiani e musulmani hanno lavorato fianco a fianco per ripulire il più antico cimitero ebraico di tutta Europa venuto alla luce a Bitola, piccola ma importante città della Macedonia, non molto lontana dal confine con la Grecia e nota come Monastir sotto l’impero ottomano. Qui il prossimo 11 marzo – giorno in cui cade l’anniversario dei 75 anni dalla deportazione della comunità ebraica macedone – si avrà, alla presenza del sindaco e di altre istituzioni locali, l’inaugurazione ufficiale del cimitero con la posa da parte di giovani ebrei provenienti da svariate parti del mondo di tante pietre quanti sono stati gli ebrei uccisi durante la Shoah. Lo stesso giorno si terrà a Bitola anche la tradizionale marcia della vita e, per la prima volta, un “hackathon”, una competizione innovativa tutta basata sulla tecnologia che ha lo scopo di raccontare la storia degli ebrei in Macedonia. Infine, per il 12 marzo sono stati organizzati un concerto a Skopje e l’inaugurazione di una nuova mostra permanente al memoriale della Shoah.
Nel 2018, dunque, anno in cui Israele celebra i suoi 70 anni di esistenza, la Macedonia ricorda i “suoi ebrei”, dando al mondo un forte messaggio di vita.