di Nathan Greppi
“Noi, che vediamo tutti i giorni, entrando, la scritta ‘indifferenza’ sul muro d’ingresso, ci siamo trovati difronte al quesito ‘possiamo fare qualcosa?’” si chiese anni fa l’allora Presidente della Fondazione Memoriale della Shoah Ferruccio De Bortoli quando arrivarono i primi migranti a Milano, in una mail all’attuale Presidente Roberto Jarach. Nel giro di 24 ore, Jarach preparò uno spazio momentaneo all’interno del Memoriale per 8500 persone. Ed è per continuare a battersi contro il pregiudizio e l’indifferenza che lunedì 17 settembre, proprio al Memoriale, è stata inaugurata la rassegna di incontri Premesso che non sono razzista – come nasce il pregiudizio e come combatterlo, alla quale parteciperanno diversi intellettuali, il primo dei quali è il giornalista e scrittore Paolo Rumiz.
L’intento, ha spiegato Jarach durante la conferenza stampa tenutasi lunedì mattina, affinché il pubblico possa “affezionarsi a questo luogo, in cui fino ad oggi si veniva una volta e mai più. Devo dire che amici che mi hanno detto ‘siamo tornati 2 o 3 volte’ ne ho trovati pochi, perché effettivamente è un qualcosa che ha un impatto molto forte, ma non fornivamo noi gli stimoli, non abbiamo mai dato un obiettivo prolungato nel tempo; cosa che invece questa serie di incontri vorrebbe affezionare la gente.”
Gli incontri
La prima stagione della rassegna è iniziata lunedì con la lettura “Memoria oltre il rito” tenuta da Rumiz, e si protrarrà fino a dicembre. Gli incontri previsti sono con lo psicanalista Massimo Recalnati (14 ottobre), il drammaturgo Stefano Fassini (30 ottobre), lo storico Adriano Prosperi (18 novembre, all’interno di Bookcity), il magistrato Gherardo Colombo (25 novembre) e il giornalista Corrado Augias (10 dicembre). Verrà inoltre presentato, in concomitanza con Bookcity, il romanzo M. Il figlio del secolo (Bompiani) di Antonio Scurati, incentrato sulla figura di Mussolini. Ogni intervento affronterà le tematiche della rassegna da una diversa prospettiva, in modo da offrire spunti di riflessione nuovi e complementari.
Oltre a conferenze e dibattiti, la rassegna prevede anche spettacoli e mostre. In particolare, nelle serate del 30 settembre e dell’1 ottobre andrà in scena, in collaborazione con il Piccolo Teatro, la IV edizione dello spettacolo teatrale itinerante I luoghi della Memoria. “Premesso che non sono razzista” proseguirà in una seconda parte da gennaio ad aprile 2019.
Il Memoriale come luogo di pensiero
Dopo Jarach ha preso la parola Marco Vigevani, Responsabile eventi della Fondazione del Memoriale, il quale ha spiegato: “noi vogliamo che il Memoriale, che è un luogo di raccoglimento, un luogo di istruzione visitato da decine di migliaia di giovani anche grazie al lavoro dell’Associazione Figli della Shoah, sia anche un luogo di pensiero, e quindi vorremmo che il Memoriale diventasse sempre di più un luogo in cui la cittadinanza di Milano e i giovani trovino il modo di approfondire dei temi che non sono soltanto temi legati alla Shoah e alla persecuzione ebraica, […] ma che da questa prospettiva si ampliano a tutta la società e ai rischi che vediamo, di ritorni e rigurgiti di pregiudizio e intolleranza che stiamo vedendo nella società italiana ed europea.”
Contro il razzismo inconsapevole
Poco dopo è intervenuto Lorenzo Lipparini, Assessore alla Partecipazione del Comune di Milano, che ha portato un saluto da parte dell’amministrazione comunale, “una manifestazione di gratitudine nei confronti dell’attività che svolgete, e di vicinanza di tutta l’amministrazione comunale di Milano per le iniziative del Memoriale e per tutte le attività che vengono organizzate per fare in modo che sia un’attività permanente quella di riflessione, di ricordo, […] credo sia sempre più importante entrare fra la gente e organizzare momenti che possano avvicinare le persone; se qui si ricorda la totalità del male, l’espressione peggiore del male che è stata resa possibile dall’indifferenza, oggi forse si sta diffondendo un’altra realtà altrettanto pericolosa, la sensazione di questo razzismo inconsapevole. Proprio l’inconsapevolezza, la disinvoltura, con cui oggi è facile sentire manifestazioni di pregiudizio e intolleranza, in taxi o in fila al supermercato è più facile sentire affermazioni che solo qualche anno fa non sarebbero state così disinvolte.”
“Oggi ci sono tante cose che vengono tratte con insofferenza, pensando quasi che non siano manifestazioni di odio. Credo che sia fondamentale ragionare sul nostro stato di cose e cercare di riportare alla realtà il nostro vissuto, una realtà sempre più impalpabile, che si nutre della falsità che sono costruite ad arte sui social media, perché con il piccolo esempio quotidiano ci sono grandi esempi di virtù civica, ma è soprattutto con le piccole azioni di ogni giorno che noi possiamo contrastare questa ondata che speriamo non diventi mai qualcosa di ben più grave.”
Paolo Rumiz: la memoria alla base dell’Europa
Infine, ha preso la parola Paolo Rumiz, il quale ha ricordato che “sono anni che c’è dietro di me un impegno civile che dura da parecchi anni, da quando per la prima volta ho sentito scricchiolare l’Europa a Sarajevo, quando la gente chiamava il nome dell’Europa pensando che l’Europa l’avrebbe aiutata, e invece l’Europa si è defilata, e oggi assistiamo a una colonizzazione dei Balcani da parte di forze che non hanno niente a che fare con l’Europa. Sono anni che combatto su più piani per un portare avanti il discorso di un patriottismo europeo basato sulla memoria, perché ritengo che la sopravvivenza dell’Europa si gioca soprattutto sul tema della memoria, per non credere che il male bussa alla nostra porta dall’esterno.”
Essendo triestino, ha ricordato che il 18 settembre sono gli 80 anni dalla proclamazione delle Leggi Razziali, avvenuta proprio a Trieste: “Ho conosciuto alcuni degli ebrei che videro quel momento con grande spaesamento perché non si aspettavano una pugnalata sulle spalle. Con il nuovo clima politico si è tentato di minimizzare questi 80 anni di memoria, confinando il tutto all’inaugurazione di una piccola lapide in un sottopasso piuttosto malfamato, come se fosse una cosa intima tra le istituzioni e la comunità ebraica. Ma questa cosa ci riguarda tutti, perché tutta la città, con un’immensa coda di paglia, finge di dimenticare, che tanta della classe dirigente triestina di allora visse di rendita per decenni di quello che fu l’esproprio del 1938. E anche che alcuni miei concittadini collaborarono attivamente nella redazione delle liste che furono prese dai tedeschi per le deportazioni.”
Ha aggiunto di aver notato “una certa timidezza da parte della comunità ebraica, che si illude di poter convivere con questo clima.” Ha ricordato che il vicesindaco di Trieste anni fa è stato denunciato per antisemitismo, oltre al recente annullamento di una mostra al liceo Petrarca di Trieste a causa di alcune polemiche. “Secondo me oggi la comunità ebraica ha una responsabilità nazionale, perché io in questo momento ho bisogno di questo presidio della memoria contro l’indifferenza, rappresentato dagli ebrei italiani. Se essi vengono meno, cade l’ultimo argine a una visione totalitaria del governo”.