di Redazione
“Ma perché Hitler ce l’aveva così tanto con gli ebrei?”, “Perché lo Stato e la Chiesa non li hanno protetti, visto che erano cittadini italiani?”, ma soprattutto “Perché la storia si ripete?”.
In queste domande è racchiusa la profonda partecipazione con cui, nel carcere di Ferrara, una trentina di detenuti ha commentato il film documentario di Ruggero Gabbai “La razzia. Roma, 16 ottobre 1943”, proiettato nella casa circondariale grazie all’iniziativa del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS.
Una vera e propria anteprima, dal momento che la pellicola, prodotta per ricordare i 75 anni dal rastrellamento nel ghetto della capitale e gli 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziste, andrà in onda su Rai Uno domenica 27 gennaio, per il Giorno della Memoria, dopo essere stata in concorso all’ultimo Festival del Cinema di Roma.
“Far vedere questo lavoro – ha introdotto Simonetta Della Seta, Direttore del MEIS – ha un grande valore. Significa mostrare che cosa succede a una persona quando viene privata della sua libertà, della sua dignità. E l’incontro di oggi è per noi particolarmente significativo non solo perché il nostro Museo entra in una realtà così isolata come il carcere, ma anche perché l’edificio che ospita il MEIS è stato esso stesso un luogo di reclusione e segregazione, che abbiamo trasformato in uno spazio aperto e di dialogo. Anche qui vogliamo dialogare”.
L’anteprima, riservata esclusivamente ai detenuti, è stata realizzata dal MEIS con il supporto degli operatori e delle educatrici del penitenziario cittadino.
Al termine della proiezione, i carcerati, che si erano iscritti liberamente all’evento ed erano in larga parte musulmani, si sono rivolti al regista Gabbai, allo storico Marcello Pezzetti, autore del film insieme a Liliana Picciotto, e a Della Seta per cercare di comprendere la mostruosità degli eventi che “La razzia” documenta. Una raffica di domande che hanno fatto emergere quanto i contenuti della Memoria parlino anche a persone solo apparentemente distanti dal tema. Al punto che è stato proposto al MEIS di organizzare altri incontri.
Con “La razzia”, Gabbai ripercorre una delle pagine più tragiche della storia italiana attraverso le voci di chi l’ha vissuta. Quasi trenta i testimoni diretti coinvolti: alcuni intervistati venticinque anni fa, nell’ambito del progetto dell’Archivio della Memoria del CDEC (Fondazione Centro Di Documentazione Ebraica Contemporanea), e gli altri lo scorso aprile. È il 16 ottobre 1943, quando le forze naziste arrestano a Roma oltre 1.250 ebrei. Le vittime devono preparare le valigie e abbandonare le loro case in pochi minuti. Il 18 ottobre sono condotte alla stazione Tiburtina, ammassate in 28 carri bestiame e deportate nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Solo 16 di loro faranno ritorno.
Il film è prodotto dalla Fondazione Museo della Shoah e da Forma International, in collaborazione con Rai Cinema.
Al MEIS un raro manoscritto del periodo rinascimentale
Il MEIS ha acquisito in questi giorni, grazie a una donazione privata, un raro manoscritto del periodo rinascimentale, noto agli esperti come la “Bibbia di Mosè da Castellazzo“. Il donatore è l’Ambasciatore Giulio Prigioni, che ha voluto contribuire sia alla collezione del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah che alla preparazione della mostra “Il Rinascimento parla ebraico”, in allestimento per il 2019.
La Bibbia di Mosheh da Castellazzo è un codice illustrato, eseguito probabilmente a Venezia negli anni Venti del Cinquecento. Il manoscritto, ritrovato alla fine della Seconda guerra mondiale negli scantinati del comando della Gestapo di Varsavia e poi conservato presso l’Istituto di Storia ebraica della capitale polacca, fu inviato nel 1980 a uno studio fotografico per essere riprodotto. Ma non tornò più alla biblioteca e ad oggi risulta smarrito o rubato. La riproduzione donata al Museo è stata curata da Kurt e Ursula Schubert e pubblicata in pochissimi esemplari.
Mosheh da Castellazzo (1466-1526) fu un pittore e un disegnatore piuttosto noto, come lui stesso afferma nella richiesta di privilegio di stampa che rivolse al Senato veneziano nel 1521. In quel documento, Mosheh dichiara di aver disegnato un ciclo d’illustrazioni bibliche, di cui intende far approntare dalle proprie figlie (“mie fiole”) le incisioni su legno. Il privilegio fu accordato, ma di quel ciclo sembrano essere rimaste solo due incisioni. Il manoscritto è una copia delle incisioni complete.
La Bibbia di Mosheh da Castellazzo è un documento molto importante della cultura artistica ebraica nell’Italia del primo Cinquecento, con illustrazioni che ampliano il dettato biblico attraverso aggiunte tratte dai “midrashim”, ovvero dai commenti dei maestri ebraici agli scritti biblici.
L’Ambasciatore Prigioni ha raccontato come, grazie all’aiuto dell’ebraista Giulio Busi, curatore della mostra sul Rinascimento in programma al MEIS, sia riuscito a trovare la rara riproduzione in un paesino sperduto della Svizzera.
“Le donazioni che stanno arrivando al MEIS – ha detto il Direttore Simonetta Della Seta durante la cerimonia di acquisizione dell’opera – confermano il riconoscimento del ruolo del Museo in Italia, in Europa e nel mondo. La mostra sul Rinascimento, intorno alla quale c’è molta attesa, tratterà un periodo aureo del dialogo tra cristianesimo ed ebraismo nel Paese. Un fenomeno sul quale desideriamo mettere un particolare accento, avendo il MEIS la missione di far comprendere come la lunga vicenda degli ebrei d’Italia possa servire da parabola, da esempio di dialogo tra culture. Siamo convinti che questa ambizione sia assolutamente attuale”.
“Non a caso anche il Ministero dei Beni Culturali – ha concluso Della Seta – sta valorizzando il MEIS come progetto culturale nazionale che promuove il valore del dialogo e della convivenza tra i popoli e le etnie nel nostro Paese e in Europa. La storia della nostra penisola ha le proprie radici nel dialogo, grazie anche al rapporto con l’ebraismo, e da Ferrara vogliamo raccontarlo al resto del mondo”.
foto © Marco Caselli Nirmal.