di Paolo Castellano
Il 3 marzo si terrà un grande evento dove sono attese 500 persone per festeggiare il centenario del Keren Hayesod e per raccogliere fondi. Tra i progetti di cui Jarach è più orgoglioso c’è Net@, il percorso formativo in ambito informatico
Editore, giornalista ed esperto di marketing, Andrea Jarach termina nel 2020 il suo mandato da presidente del Keren Hayesod. A livello globale, nell’ultimo decennio l’associazione ebraica di raccolta fondi ha aiutato 250.000 persone a trasferirsi in Israele. Russia, Ucraina e Francia sono infatti le principali nazioni che hanno usufruito dei programmi del Keren Hayesod. Anche in Italia si è fatto molto. Bet Magazine ha dunque intervistato il presidente Jarach per tracciare un bilancio, raccontando ai lettori cosa significhi aiutare – concretamente – lo Stato ebraico e quali siano i principali risultati ottenuti in Italia in questi ultimi anni.
Tra poco scadranno i suoi 5 anni di presidenza al Keren Hayesod: cosa ha rappresentato per lei questa esperienza?
Di natura sono ottimista e per nulla pessimista, tuttavia chiunque si trovi a gestire un’associazione in campo ebraico deve affrontare i problemi delle comunità della Diaspora, a distanza di 70 anni dalla nascita di Israele. Fin da quando è nata nel 1920, l’associazione Keren Hayesod ha avuto come scopo istituzionale favorire la nascita dello Stato di Israele e dare supporto alla società israeliana. Oggi Israele appare forte e noi comunità della Diaspora sembriamo in declino. Attualmente è dunque complicato raccogliere fondi per vari motivi: partenze, difficoltà economiche e altro. Ciononostante il sionismo ha ancora bisogno dell’aiuto della Diaspora e questo può avvenire tramite il volontariato, le donazioni e i lasciti immobiliari. Grazie ai contatti molto stretti con l’Agenzia Ebraica, buona parte dei fondi che vengono raccolti dalle comunità ebraiche di tutto il mondo servono a finanziare i progetti israeliani che possono poi essere esportati altrove. Ad esempio, il progetto dedicato alla sicurezza delle comunità ebraiche che comprende un fondo specifico che ci aiuta tutti i giorni ad avere adeguati sistemi di sicurezza. Inoltre nel 2019 il Keren Hayesod ha permesso a 34.000 ebrei, provenienti da tutto il mondo, di fare l’Aliyah. Il denaro dei donatori serve inoltre a gestire le emergenze nel territorio israeliano: incendi, attacchi militari e quant’altro. Ritengo che questo mio impegno abbia anche a che fare con l’Hasbarà, l’informazione controcorrente e veritiera, poiché condividiamo con il mondo le iniziative dello Stato di Israele, contribuendo così ad arginare gli atteggiamenti antisionisti.
Cosa lascia in eredità al suo successore?
Al mio arrivo ho trovato un’organizzazione con diverse lacune. Insieme agli altri membri del Keren Hayesod siamo riusciti a migliorare il meccanismo gestionale, anche se oggi gli aspetti delle organizzazioni no profit sono difficili da amministrare a causa di una legislazione italiana che potrei definire ibrida. Tuttavia la nostra organizzazione si è adeguata pienamente alle leggi italiane e voglio ringraziare soprattutto la passata presidenza della Comunità ebraica, il tesoriere Steven Sassoon, le coordinatrici del progetto Net@ Ruth Keret, Abi Zuk e tutto il resto della squadra per il prezioso lavoro. Oggi i servizi informatici, le liste, gli eventi e i viaggi funzionano molto meglio. Questo ci ha consentito di concentrarci sui progetti presenti e futuri. Il 3 marzo ci sarà infine un grande evento all’Alcatraz di Milano. Sono attese 500 persone per festeggiare il centenario del Keren Hayesod e per raccogliere fondi. Durante la serata verranno presentate diverse iniziative e ci saranno importanti ospiti, sia provenienti dal mondo istituzionale ebraico sia dal settore dello spettacolo. La serata sarà condotta dal giornalista e conduttore televisivo Nicola Porro.
Qual è il progetto a cui tiene di più e a cui ha dedicato più energie?
Sicuramente il progetto Net@ che abbiamo avviato nell’ottobre del 2018. Per realizzarlo è stata fondamentale l’Agenzia Ebraica che ci ha fornito i volontari israeliani per attivare l’iniziativa. Di che si tratta? 50 ragazzi, tra i 15 e i 18 anni, delle scuole ebraiche di Milano e Torino hanno potuto partecipare a questo percorso formativo in ambito tecnologico e informatico, offrendo anche un servizio di riparazione hardware alle comunità. In Piemonte siamo approdati grazie al prezioso supporto della Fondazione Camis de Fonseca. Insomma, in questi anni ho visto i nostri giovani maturare e prendere coscienza di sé, sia in campo lavorativo sia umano, e questa è una grandissima soddisfazione. Ho voluto avviare Net@ dopo aver osservato personalmente i risultati ottenuti in Israele con i ragazzi più svantaggiati, che grazie al programma avevano ripreso a sperare, costruendosi un futuro. I ragazzi israeliani possono frequentare già dalle scuole superiori i corsi-extra scolastici Net@ e dopo 4 anni conseguono un diploma spendibile in società legate al mondo della ricerca e dello sviluppo. Ho quindi voluto replicare la formula in Italia. I risultati sono stati eccellenti tanto che il Keren Hayesod è in contatto con altri paesi come la Germania, l’Ungheria e l’Azerbaigian, che hanno apprezzato il nostro lavoro e vogliono importare Net@ nelle loro scuole. Rimanendo in Italia, nasceranno altre iniziative come Net@ Junior e Net@ Senior, due progetti condotti dai nostri ragazzi e dai volontari israeliani per condividere conoscenze tecnologiche con i più piccoli e i più grandi.
C’è un dialogo con le altre associazioni ebraiche che raccolgono fondi?
Con tutta sincerità non c’è molta cooperazione con le altre associazioni ebraiche di raccolta fondi. Ovviamente ci parliamo e ci conosciamo, ma non esiste tutt’oggi una strategia comune. Ciò detto, credo molto nel gioco di squadra e l’ho dimostrato quando sono stato presidente della Federazione delle associazioni Italia-Israele, coinvolgendo tutte le realtà italiane pro-Israele e raccogliendo 250 partecipanti per un viaggio in Eretz Israel.