di Roberto Zadik
Passato alla storia del cinema per la sua straordinaria verve, il trasformismo brillante e la vena comica corrosiva, l’attore e imitatore ebreo londinese Peter Sellers è stato una figura tanto luminosa nello spettacolo quanto misterioso e tormentato nella vita. Spentosi improvvisamente, per l’ultimo dei suoi tanti infarti, dopo le riprese di uno stravagante film come Il diabolico complotto del dottor Fu Manchu che, ironia della sorte, parlava di vita eterna e giovinezza per sempre, a soli 54 anni il 24 luglio del 1980 pochi lo conobbero davvero in profondità ed egli non parlò mai pubblicamente delle sue radici ebraiche. La star della fortunata saga de La Pantera Rosa e de Il dottor Stranamore, divenne famoso sia per talento recitativo sia per quel misto di euforia e sofferenza che caratterizza diversi comici e umoristi.
Ma chi era davvero Richard Henry Sellers (questo il suo vero nome, anche se in famiglia tutti lo chiamavano Peter) e cosa caratterizzava la sua complicata identità ebraica? Ben pochi l’hanno davvero saputo ma, incrociando varie biografie, sembra che avesse un carattere estremamente difficile, instabile e irrequieto, segnato da vari vizi, come alcol e droghe.
Fra i tanti misteri di questo “enigmatico camaleonte”, il suo rapporto con l’ebraismo; un laico pieno di interrogativi, interessato alla ricerca spirituale e alle origini sefardite e ashkenazite della sua tirannica madre, Peggy Marks che giocò un ruolo fondamentale nella sua infanzia. Su questo, sono stati pubblicati sui media israeliani vari articoli, sul Times of Israel e l’omaggio su Haaretz ricco di particolari sul contrasto fra umorismo e malinconia che lo caratterizzò così profondamente, come si vede nel bel film Tu chiamami Peter con l’attore Geoffrey Rush.
Nato a Portsmouth in Inghilterra l’8 settembre 1925 in una famiglia decisamente artistica, padre protestante pianista e madre attrice teatrale di vaudeville imparentata col pugile ebreo sefardita Daniel Mendoza, il futuro comico e istrione prima radiofonico e poi cinematografico e televisivo, pare fosse un bambino insicuro e timido oppresso dalla rigidità materna e alunno modello nella costosa scuola cattolica a cui la madre aveva voluto iscriverlo.
Cresciuto con una identità ebraica molto confusa anche se consapevole, non frequentò sinagoghe e ambienti ebraici, non affrontò mai apertamente l’argomento religioso, come il suo amico e correligionario Kubrick che lo diresse in due film come il già citato Stranamore e Lolita, ma cercò sempre una sua verità, come sottolineano il Times e Haaretz, avvicinandosi a varie religioni, compreso il buddismo. Eppure anche la sua comicità in fondo dolente e fortemente sarcastica, l’attitudine ai giochi di parole e all’autoironia ha un suo gusto tipicamente ebraico e ricorda vari intrattenitori ebrei del passato e del presente.
Dai Fratelli Marx, a Sascha Baron Cohen con il suo Borat, a Ben Stiller, al primo Woody Allen a cui somiglia molto anche in diverse nevrosi caratteriali, compreso il difficile rapporto con le donne (quattro matrimoni finiti decisamente male, uno di essi con l’attrice svedese Britt Ekland), alla comicità demenziale di Mel Brooks che si ritrova ampiamente nelle esilaranti gag dell’Ispettore Clouseau, che fecero da modello anche ai Fratelli Zucker per Una pallottola spuntata. Sellers non fu semplicemente un comico, ma un interprete espressivo e versatile, capace di ruoli anche seri e fortemente drammatici e un grande intrattenitore fin dai suoi esordi radiofonici nell’esercito inglese (alcune biografie dicono si sia arruolato per sfuggire alla ingombrante figura materna) e alla BBC. Molto tenace e perfezionista e spesso difficile da dirigere sul set, anche se straordinario quando si impegnava, passava da vari umori, dall’euforia alla malinconia molto rapidamente, e viene descritto come “capriccioso e geniale” da vari registi e collaboratori, secondo il sito dga.org.
Personaggio intenso e problematico, padre assente di tre figli, dei quali la più “tormentata” è Victoria, sempre sulla scena per i tanti film che ha girato al massimo della sua carriera, dagli anni Sessanta alla fine degli anni Settanta, oltre a La Pantera Rosa, fra gli episodi più divertenti, Uno sparo nel buio e Il ritorno della Pantera Rosa, egli ha interpretato una lunga serie di ruoli. Dalle parti estremamente comiche in Ciao Pussycat o l’esilarante Hollywood Party, passando da vertici di ispirazione comica a colossali fiaschi, fino a pellicole esistenziali e inquietanti dell’ultimo periodo che ne prefiguravano la fine.
E’ il caso di Oltre il giardino del 1979, che ebbe grande successo di critica per la sua profondità. E poi il ritorno al genere comico con il suo Il diabolico complotto del Dr. Fu Manchu, sullo spietato scienziato cinese che rimaneva eternamente giovane grazie a un potente elisir di vita eterna, girato pochi mesi prima di morire. Accolto negativamente, la pellicola è il testamento creativo di Sellers che, in vari momenti, mostrò la sua ormai progressiva stanchezza psicofisica, prima di spegnersi definitivamente in quel 1980 in cui morirono altri due grandi talenti come il regista Alfred Hitckock e il cantautore John Lennon. Sellers aveva incrociato la vita di Lennon e dei Beatles, quando aveva consegnato alla band un Grammy Awards per il loro film musicale A Hard Days Night nel 1965.