di Roberto Zadik
Ritmi coinvolgenti e brani intimisti o festosi sospesi fra folklore Est Europeo e balcanico e riferimenti religiosi e anche mistici sono da sempre l’essenza del genere Klezmer, parola Yiddish che significa “uno strumento per fare musica”. Ebbene proprio queste canzoni e la loro trascinante energia, appartenenti al mondo ashkenazita fra Romania, Moldavia e Ucraina e divenute “emblema” della musica ebraica nel mondo, sono state la colonna sonora dell’ultimo evento Klezparade di questa edizione della Gece, Giornata europea della Cultura ebraica, orchestrata con energia e talento dal chitarrista e compositore Manuel Buda, conduttore e direttore artistico dell’evento.
Una serata fra applausi, canti e gioia organizzata dall’Assesorato ai Giovani e preceduto dall’introduzione dell’Assessore Olympia Foà che ha sottolineato come “Il Klezmer sia il genere musicale dei momenti di festa e di condivisione e che perfettamente si inserisce a conclusione di questa giornata”. E così sono entranti in fila e con passo solenne dalla passerella vicino alle piscine dei Bagni misteriosi Manuel Buda e il contrabbassista Davide Tedesco a cui si sono uniti per l’occasione altri musicisti di alto livello artistico: Angelo Baselli, Rouben Vitali e Arturo Garra (clarinetto), Martino Pellegrini (violino), Luca Rampinini (sax), Massimo Marcer (tromba), Fabio Marconi (bombardino), Davide Bonetti e Luca Pedeferri (fisarmoniche), Enrico Allorto (basso tuba), Ashti Abdo e Lucio Sagone (percussioni).
Una serata dal sapore ahskenazita e Yiddish come ha sottolineato Buda piuttosto insolita per la band “ perché solitamente suoniamo ritmi orientali e Mediterranei”. Brani d’effetto come Odessa Bulgarisch una musica “per matrimoni, quei matrimoni ebraici infiniti e pieni di gente balla mentre lo sposo accompagna la sposa” come ha ricordato Buda che ha introdotto brevemente ogni traccia eseguita da lui assieme ai musicisti. Estremamente espressiva anche Sherele (la danza del sarto) così come molto emozionanti anche i vari “nigunim” eseguiti dai Nefesh durante la performance.
Ma cos’è un nigun? E’ un antico canto tradizionale ebraico senza parole, appartenente originariamente al mondo ortodosso ashkenazita specialmente dell’ex Urss e molto praticato nel mondo chassidico, favolosi i nigunim intonati dai seguaci dell’Alte Rebbe e di Rabbi Nachman di Breslov e che Buda ha definito dei “mantra ebraici”. “Capaci di avvicinare l’anima verso alti livelli e di esprimere quello che le parole non riescono a dire come d’altronde fa la musica” ha affermato Buda, nella serata non solo nigunim e Klezmer ma anche vibrazioni dal mondo ebraico orientale come Zemer Atik. Letteralmente traducibile come “Canto antico” e suonato in conclusione del concerto questo brano si collega ai ritmi iracheni del Maqam “che ci portano indietro nella notte dei tempi” rievocando mondi remoti. Fra le varie canzoni, suddivise fra Klezmer e ritmi orientali i Nefesh hanno eseguito il brano di origini yemenite come Mocher Prachim (venditore di fiori), l’ebraismo dello Yemen ha contribuito notevolmente alla musica israeliana “orientale” (Mizrahi) con vari artisti di famiglia yemenita come Noa o Ofra Haza. Un brano che come ha sottolineato Buda “è assai conosciuto in Israele nell’ambiente dei Kibbutz e che fino a questa pandemia si ballava tutti assieme. Adesso è difficile immaginarselo”. In conclusione egli ha presentato tutti i musicisti, dai clarinettisti, ai violinisti, ai percussionisti, uniti tutti insieme in una unica “orchestra ebraica”. Una serata di grande successo che ha rappresentato una sfida importante al blocco da Covid 19 come univo evento dal vivo dopo mesi.