di David Zebuloni
La vincitrice del Premio Israele 2018, Miriam Peretz, ha pubblicato un video sui social prima di Rosh HaShana nel quale ha citato due pandemie correnti in Israele: una causata dal Covid e l’altra causata dall’odio e della rabbia dei cittadini israeliani. La seconda, a detta di Miriam, è ancor più preoccupante e pericolosa della prima, in quanto non colpisce solamente il benessere fisico dell’uomo, bensì anche quello mentale e spirituale. “Gli scienziati stanno cercando un vaccino al virus, noi invece cerchiamo di trovare un vaccino a tutto questo odio”, ha chiesto poi ai suoi follower.
Per capire l’atmosfera astiosa di cui parla Miriam Peretz, bisogna prima capire ciò che ha afflitto l’animo degli israeliani negli ultimi mesi. A partire dal 4 di maggio, quando Netanyahu ha annunciato il ritorno alla normalità dopo due mesi di lockdown, fino ad arrivare al 18 di settembre, quando Netanyahu ha riannunciato il lockdown dopo essere arrivati ad un record di seimila contagi giornalieri. Ecco, la frustrazione è stata associata alla grande precarietà del periodo e alla crisi economica generata da essa.
Nonostante gli importanti traguardi diplomatici raggiunti nelle ultime settimane, nonostante la firma storica alla Casa Bianca e la pace con gli Emirati Arabi, il governo Netanyahu non riesce a riconquistare la fiducia degli elettori delusi dalla gestione della pandemia. Un fallimento reciproco che ricorda vagamente l’immagine del cane che si morde la coda. I cittadini israeliani non rispettano le norme anticovid, il governo israeliano non riesce ad arginare i danni, i contagi aumentano, il governo aumenta le restrizioni senza fornire sussidi, le piccole e grandi imprese falliscono e i cittadini israeliani scendono in piazza a manifestare, infrangendo nuovamente le norme anticovid. Una catena infinita di sbagli che non permette a chi scrive e a chi legge di poter puntare il dito su una delle due fazioni ed affermare con certezza chi ha torto e chi ragione: i cittadini o il governo?
Di nuovo in lockdown
Dopo una prima fase riuscita egregiamente e dopo aver insegnato agli altri Stati come vincere la battaglia contro il virus, Israele stato è il primo paese a tornare al lockdown per la seconda volta in meno di un anno. Lockdown particolarmente sofferto peraltro per via della sua tempistica, in quanto coincide con il periodo di festività ebraiche. Nonostante il lockdown, nell’ultima settimana si è registrato un aumento nel numero di contagi che ha preoccupato gli esperti. Il governo ha evocato dunque una seduta straordinaria per valutare alcune nuove restrizioni, decidendo poi di limitare ulteriormente il raggio di distanziamento da casa e rafforzare ancor di più le già esistenti norme relative al lockdown. Tutto ciò, a partire da venerdì 25 settembre. Intanto, come già citato, le piazze continuano a riempirsi di manifestanti. Alcuni manifestano affinché i templi riaprano al grande pubblico in vista del giorno dello Kippur, altri invece manifestano di fronte alla casa di Netanyahu pretendendo aiuto e sussidio.
I cittadini israeliani hanno sempre dimostrato nell’arco della storia, di sapersi unire nel momento del bisogno. Destra e sinistra, religiosi e laici: non c’è stata battaglia che essi non siano riusciti a vincere unendo le forze. Nell’era del Covid, tuttavia, questi sembrano non riuscire proprio a trovare un punto di incontro. Sembrano non volere fare lo sforzo di trovare un linguaggio comune che possa mettere d’accordo tutti, o quasi tutti. Il povero cane continua dunque a mordersi la coda e il vaccino “anti-odio” di Miriam Peretz pare essere ancora lontano.