di Ilaria Ester Ramazzotti
«Ora chi racchiuderà per noi l’essenza del dolore? Chi impasterà la lingua ebraica con una mano così originale e precisa? Chi ci descriverà la vita che potremmo ancora condurre? Riposa in pace, caro Natan, poeta della vita quotidiana, poeta del presente». Così il presidente Reuven Rivlin ha commemorato Natan Zach, uno dei simboli più importanti della letteratura israeliana, mancato il 6 novembre nella sua casa di Ramat Gan. Scriveva rigorosamente solo in ebraico, per sua scelta ideale. Era nato a Berlino nel 1930 e approdò a Haifa da bambino, nel 1936, figlio di un ebreo tedesco e di una cattolica italiana in fuga dalla Germania nazista. Vide nascere lo Stato d’Israele, sposò fin da subito la causa sionista combattendo nella guerra d’Indipendenza del 1948.
Protagonista di primo piano della scena letteraria israeliana, Natan Zach, poeta, critico, redattore e traduttore, ci lascia la sua immensa poesia ricca di ironia e di amore profondo per la terra d’Israele, scritta col suo linguaggio colloquiale e quotidiano, vicino alla gente. In Israele svolgeva anche l’attività di insegnante. Dal 1960 al 1967 insegnò nelle scuole superiori di Tel Aviv e Haifa. Dal 1968 al 1979 si trasferì in Inghilterra dove ottenne il dottorato di ricerca all’Università dell’Essex. Quando tornò in Israele prese ad insegnare all’Università di Tel Aviv e venne nominato professore all’Università di Haifa.
Per conoscerlo meglio come poeta, abbiamo incontrato la poetessa Giovanna Rosadini, che offre ai lettori di Bet Magazine/Mosaico un ritratto della sua figura e della sua opera letteraria. «Natan Zach e Yehuda Amichai sono le due più importanti figure nel secondo Novecento della poesia ebraica – spiega -. Una volta morto Yehuda Amichai nel 2000, Natan Zach rimane l’ultimo grandissimo poeta della letteratura ebraico-israeliana». Entrambi iniziano a scrivere agli inizi degli anni Cinquanta e fanno parte del gruppo di poeti d’avanguardia Likrat (Avanti verso), in direzione di «rottura rispetto alla poesia dei grandi padri fondatori della poesia israeliana come Nathan Alterman e Haim Nachman Bialik». Una rottura che Natan Zach evidenzia nel suo saggio Pensieri sulla poetica di Alterman, pubblicato nella rivista Achshav (Adesso) nel 1959, in cui propone e stabilisce nuove regole di rima e metrica.
«Zach e Amichai si muovono da una posizione di rottura su tutti i fronti – sottolinea Rosadini -, a partire da quello stilistico. Sia Alterman che Bialik erano fautori di una poesia in forme chiuse, con un linguaggio aulico. Nella loro generazione il ruolo del poeta e della poesia coincide con il sentimento collettivo del popolo ebraico e con il destino di una nazione che si sta formando. Operando un capovolgimento, Zach e Amichai riportano invece l’accento sul destino individuale. Ciò si vede bene in un pezzo cardinale della poetica di Zach, intitolato Un momento. La loro è quindi una poesia d’introspezione, di riflessione sul destino umano, che riporta la poesia vicino al popolo, alla gente».
Ciò avviene anche «attraverso un rinnovamento e un ‘abbassamento’ del linguaggio poetico, che diventa quotidiano, colloquiale, persino gergo giovanile e militare». Il loro modo di fare poesia è così molto differente da quello di Alterman e Bialik, che come da un piedistallo elargivano una poesia con funzione politico-sociale e di adesione ai grandi eventi storici. «Per quanto riguarda la sua cifra stilistica, ciò che caratterizza Natan Zach è l’ironia – evidenzia la poetessa -. Lui è stato, soprattutto negli ultimi tempi, una figura molto più radicale e di rottura rispetto a Yehuda Amichai, che elaborava comunque una poesia più ricercata e accondiscendente ai temi sociali. Se nella prima fase della sua poesia Zach propone una produzione intimista, introspettiva, dal sapore esistenzialista, di estraniamento esistenziale rispetto ai destini e alle finalità dell’uomo, passando da un momento di sospensione mentre va a completare un ciclo di studi in Inghilterra (in cui comunque continua a scrivere), al suo rientro in Israele entra in una seconda fase: da poeta anziano, universalmente riconosciuto come grande ‘voce’ della nazione israeliana, approfondisce il discorso politico, avanzando anche polemiche e rotture nei confronti della destra che governa fino agli anni Ottanta».
Le sue posizioni politiche contro l’occupazione dei territori palestinesi, pubblicate sul quotidiano Haaretz, suscitano aspre discussioni che però non hanno impedito a Natan Zach di ricevere il Premio Bialik per la letteratura (1982) e il Premio Israele, la più prestigiosa onorificenza letteraria nazionale, nel 1995. Nel 2012, il ministero dell’Educazione israeliano propone addirittura di togliere le sue poesie dai libri scolastici, ma senza successo. «Cosa doppiamente legata al discorso politico, in questa fase della sua poesia avvia un filone che ha per tema gli ideali traditi del sionismo, perché la sua polemica politica si nutre proprio dei suoi ideali traditi – prosegue Rosadini -. A questo si aggiunge un filone memorialistico molto folto, autobiografico, in cui affiorano cose personali che prima tendeva a non esprimere. Con la pubblicazione della sua opera omnia vengono bene alla luce tematiche come la Haifa della sua infanzia o anche Berlino. L’aver imparato l’ebraico da giovane in Israele lo accumuna a tanti altri grandi protagonisti della letteratura israeliana. È il tipico ebreo cosmopolita con altre patrie virtuali, come la Germania e l’Italia, immigrato in Israele negli anni Trenta», conclude Giovanna Rosadini.
Natan Zach, cittadino e poeta d’Israele, contribuisce così alla nascita e alla definizione dell’ebraico moderno, accogliendo nella sua poesia lo slang, la lingua colloquiale e l’ebraico più contemporaneo con cui narra la sua vita di israeliano e la sua terra, a cui resta sempre legato da un profondo radicamento identitario e culturale. La sua opera poetica è oggi tradotta in ventitré lingue.
Ora navigherò in sogno,
forse è l’ultima traversata
nella stanza-loculo dell’albergo straniero
prima che venga il cameriere
ad annunciare che la ghigliottina
è pronta.
Poesia tratta da Sento cadere qualcosa. Poesie scelte 1960-2008
Le opere di Natan Zach in italiano:
Sfavorevole agli addii, traduzione di Ariel Rathaus, Donzelli.
L’omino nel pane e altre storie, traduzione di Elena Loewenthal, Donzelli.
Sento cadere qualcosa. Poesie scelte 1960-2008, traduzione di A. Rathaus, Einaudi.
Antologie italiane:
Adonis, Natan Zach. Poesie, Quasar.
Sara Ferrari, Cesare Segre, Forte come la morte è l’amore. Tremila anni di poesia d’amore ebraica, a cura di S. Guastalla, Salomone Belforte Editore.
Ariel Rathaus (a cura di), Poeti israeliani, Einaudi.