Mozart e gli ebrei, a 230 anni dalla morte. Fondamentali i suoi legami con i coniugi Von Arenstein e con il librettista Lorenzo Da Ponte con cui scrisse capolavori come il Don Giovanni
di Roberto Zadik
Famoso per la sua versatile genialità, le sue eccentricità – più romanzate che reali – raccontate dal bellissimo film Amadeus, diretto nel 1984 dal regista cecoslovacco Milos Forman, e l’estrema prolificità (scrisse oltre 600 opere in 35 anni di vita), il genio immortale di Wolfgang Amadeus Mozart si spegneva misteriosamente il 5 dicembre 1791. Non tutti sanno che alcuni personaggi di religione ebraica, anche se fortemente assimilati, furono artefici, almeno in parte, della sua fama e del suo successo.
Dagli archivi del Jerusalem Post emerge oggi un articolo, pubblicato in occasione del 250esimo anniversario dalla nascita del musicista e firmato da George Weisz, che sottolinea il forte legame di Mozart col mondo ebraico. Era un’epoca difficile per gli ebrei, prima dell’emancipazione dai Ghetti, ma come sottolinea l’articolo, nonostante questo, Mozart strinse amicizia con vari ebrei presenti nei circoli culturali della Vienna imperiale e berlinesi ai tempi dell’imperatore “illuminato” e liberale Giuseppe II che regnò nel Periodo D’Oro dal 1780 al 1790, l’anno prima della morte del compositore.
A quell’epoca Amadeus conobbe una certa Franzeska Itzig, figlia del noto finanziere e banchiere ebreo tedesco Daniel Itzig che divenne, in seguito alla sua scalata sociale e all’inarrestabile percorso di assimilazione vissuto dalla maggioranza degli ebrei tedeschi fra ‘700 e ‘800, Fanny von Arenstein, frequentatrice del salotto di casa Mendelssohn. Sposatasi con il raffinato ebreo viennese Nathan von Arenstein, si rivelò una giovane estremamente brillante e salottiera, imbevuta di cultura e della filosofia di Moses Mendelssohn, e conobbe Mozart probabilmente nel 1780 dopo aver suonato assieme alla sorella della futura moglie del compositore Costanze Weber, in una casa lussuosa nel centro di Vienna. Immediatamente i due simpatizzarono e i coniugi Arenstein invitarono l’allora venticinquenne Mozart a cena a casa loro.
Ispirato da questo legame egli compose la celebre opera Il ratto del Serraglio, una delle sue prime opere liriche dopo una carriera di rara versatilità ed estro che alternò all’opera capolavori pianistici e sinfonici, indimenticabili le sinfonie 40 e 41. Altra frequentazione ebraica decisiva per la sua carriera furono altri due ebrei successivamente convertitisi al cattolicesimo come il barone Raimund Wetzlar von Plankenstern figlio di un facoltoso ebreo tedesco specializzato nel settore delle proprietà immobiliari e il suo collaboratore più famoso, il librettista Lorenzo Da Ponte che visse una vita estremamente turbolenta, passando alla storia per aver scritto per Mozart i libretti di capolavori immortali come Il Don Giovanni e Così fan tutte.
Nato da famiglia ebraica veneta con il nome di Emanuele Conegliano, venne convertito al cristianesimo da suo padre, divenne sacerdote ma poi, a causa del suo stile di vita lussurioso, venne cacciato per quindici anni dalla Repubblica Veneziana. Poeta estremamente dotato, intellettuale raffinato, Da Ponte aveva una personalità ribelle e irrequieta e collaborò con vari musicisti come Antonio Salieri che, stando alle leggende popolari, pare fosse rivale di Mozart e molto invidioso della sua celebrità, ma con la caduta dell’Impero di Giuseppe II fu costretto a vivere da esule, andando fino a New York dove morì nel 1838.
Il Barone von Plankenstern, invece, aiutò economicamente Mozart che, noto per la propria eccessiva prodigalità, la passione per i vestiti costosi e l’incapacità di gestire i soldi, era perennemente squattrinato. Il Barone ospitò nella sua sfarzosa dimora il compositore per tre mesi facendogli conoscere altri importanti membri dell’aristocrazia, da ebrei convertiti come lui come i Sonnenfeld e il Barone Guderen a personalità della società circostante. Proprio a casa sua Mozart conobbe l’abate Da Ponte con cui iniziò una stimolante collaborazione artistica e il Barone Wetzlar divenne padrino di uno dei suoi sei figli. Ringraziandolo per il suo generoso aiuto, Mozart che aveva un forte senso dell’amicizia e di riconoscenza scrisse a suo padre Leopold, in una lettera del 18 giugno 1783, “il Barone, un ebreo facoltoso è un mio vero e grande amico”.
Lorenzo Da Ponte prese il suo pseudonimo dal vescovo che proteggeva la sua famiglia, quando suo padre, rimasto vedovo, decise di sposare in seconde nozze una ragazza cattolica convertendo tutta la famiglia e cambiando il cognome Conegliano. Nonostante la carriera ecclesiastica, che il librettista decise di avviare soprattutto per finalità opportunistiche, dichiarò di essere più interessato alla letteratura che alla religione (“opposta alle mie reali inclinazioni” come disse in una lettera) diventando responsabile della libreria del seminario. Insofferente alla vita religiosa, detestato dai suoi nemici che gli gridavano “torna nel tuo ghetto!”, Da Ponte trovò prima in Salieri e poi in Mozart due temporanei momenti di gloria. Ma dopo il breve successo artistico e la morte dell’amico Mozart, egli si trovò nuovamente a vagabondare in cerca di fortuna da un Paese all’altro.