di Ilaria Myr
Come da tradizione, anche quest’anno si è tenuta la cerimonia organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio con la Comunità ebraica di Milano in memoria dei deportati da Milano (questa volta però il 6 febbraio e non come sempre il 30 gennaio).
Al Memoriale della Shoah erano presenti solo le istituzioni cittadine e comunitarie, la Comunità di Sant’Egidio e rappresentanti dell’arcidiocesi, il Rabbino Capo di Milano Rav Alfonso Arbib, la Senatrice Liliana Segre, deportata dal Binario 21 il 30 gennaio 1944 ad Auschwitz, e la coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Milena Santerini. L’evento, trasmesso online sul canale Facebook e Youtube della Comunità di Sant’Egidio, è stato seguito dall’auditorium del memoriale anche da alcuni studenti, mentre alla cerimonia ha partecipato il coro del Liceo Carducci di Milano.
“In questi 25 anni qualcosa è cambiato – ha esordito Roberto Jarach, presidente del memoriale della Shoah -. Abbiamo visto questo spazio cambiare e progredire, e a fine mese i cantieri chiuderanno e a fine marzo avremo l’inaugurazione della nuova biblioteca. Il memoriale ha una fondamentale funzione educativa e di formazione e siamo felici di avere registrato un nuovo incremento di visite quest’anno. Purtroppo però mancano le scuole, attendiamo con ansia che possano tornare. Quella è la nostra missione per cui lavoriamo tutto l’anno, con la speranza di raggiungere una società migliore”.
Rav Alfonso Arbib ha poi posto la domanda di come si può fare perché quello che è accaduto non accada di nuovo. “Diciamo mai più, ma il problema è come si riesce ad arrivarci. Ci si deve ricordare che: il nazismo non sorge dal nulla, la persecuzione antiebraica neanche e soprattutto trova terreno fertile in Europa, fra indifferenza e molte complicità”.
Il Ministro Bianchi: “La memoria è un fatto collettivo”
In collegamento video è anche intervenuto il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che è tornato su alcuni dei concetti espressi durante la cerimonia al Miur il 27 gennaio. “La memoria è un fatto collettivo – ha spiegato – e la memoria della Shoah impegna tutta la comunità”. Ha poi ribadito l’importanza delle parole, e il ruolo della scuola nell’insegnare ai giovani il loro uso corretto, e ha ricordato come quest’anno per la prima volta il viaggio della Memoria organizzato dal Miur abbia interessato i luoghi italiani della memoria – Fossoli, il Memoriale di Milano, il Museo di Roma e la Risiera di San Sabba – “perché la Shoah non riguarda gli altri, ma anche vittime e aguzzini italiani”.
La direttrice di Rai 1 Monica Maggioni ha sottolineato l’importanza di un luogo come il memoriale della Shoah di Milano, rimasto nascosto per decenni, sconosciuto alle centinaia di persone che tutti i giorni transitano nella stazione, e che oggi dovrebbe essere più conosciuto di quanto già non sia.
Santerini: “Questo luogo fa capire la storia”
Milena Santerini coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo ha posto l’accento sulle nuove sfide che la memoria della Shoah si trova oggi ad affrontare. “Negli anni 90 i testimoni cominciavano a raccontare: eravamo di fronte a qualcosa di inusitato, i negazionisti, ma non eravamo alla deformazione e distorsione della memoria della Shoah a cui assistiamo oggi: una minimizzazione, la derisione da parte dei no vax con la stella gialla e le casacche dei deportati, una confusione ignobile fra le norme di salute che devono tutelare i cittadini e norme e leggi che escludevano e volevano l’eliminazione. Non eravamo preparati a questo”. In questo quadro, però, diventa ancora più importante il ruolo di un luogo come il memoriale. “Questo luogo fa capire la storia. Sono fiduciosa che anche grazie a questo luogo abbiamo affidato il messaggio dei testimoni ai giovani, che continueranno a divulgarlo”.
Liliana Segre: “Vengo continuamente minacciata. Ma la speranza sono i giovani”
La parola è poi passata a Liliana Segre, che da lì partì a 13 anni. La senatrice ha ricordato la sua partenza e il viaggio e l’arrivo ad Auschwitz.
“Chi partiva quel 30 gennaio erano persone che già da tempo erano discriminate, avevano lasciato i propri luoghi, vivevano nel terrore di essere arrestati”, ha ricordato, descrivendo l’uscita dal carcere, l’arrivo nella stazione, al Binario 21. “Eravamo una massa di 605 persone spinta da tedeschi ma anche da fascisti. Eravamo cittadini che eravamo partiti sempre da sopra, mai avremmo pensato che saremmo partiti per ignota destinazione da un sotterraneo”.
Ha poi raccontato l’arrivo ad Auschwitz – “gli uomini con i pigiami a righe non erano no vax, avrebbero tanto voluto avere un vaccino che non avevano” – come una sorta di Inferno dantesco. “Non sapevamo dove eravamo, se lo avessimo saputo la reazione sarebbe stata diversa: ci calmavano e noi ci credevamo”.
“La prima sera di quel 6 febbraio, quando avevo già subito il tatuaggio e la privazione di tutto quello che avevo della mia vita precedente, fummo mandati nella baracca della quarantena, in cui all’altezza del letto a castello c’era una finestrina piccola da cui si vedeva nevicare. Sotto quella neve implacabile sono morte milioni di persone per la colpa di essere nate. Io che ho sentito l’odore della carne bruciata, gli urli, concludo che dopo avere visto quello ed essere riuscita a essere tornata alla vita, a godere della felicità di diventare mamma e nonna, oggi già da due anni e mezzo ho la scorta perché sono minacciata, ricevo delle parole orribili. Un signore di Tolmezzo che si è firmato e che ho denunciato ha scritto: “Lei è una maiala e ha una cotenna talmente spessa che neanche Hitler è riuscito a toglierla. Speriamo che gliela tolga il Covid”, a seguito del mio vaccino pubblico. Dovrei essere priva di speranza dopo questo fatto. Invece la speranza è qui, c’è stasera: sono i ragazzi che hanno suonato cantando, sono loro la speranza”. E ha abbracciato affettuosamente i ragazzi del coro del Liceo Carducci.