di Francesco Paolo La Bionda
A due anni dagli Accordi di Abramo, Israele continua a ridefinire i rapporti col mondo arabo, per rafforzare e sviluppare la cooperazione con le due monarchie del Golfo ed estendere il dialogo ad altri paesi musulmani
Altri paesi potrebbero unirsi agli Accordi di Abramo entro i prossimi due anni. Lo ha svelato il Ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid parlando alla radio di Tsahal lo scorso gennaio. Lapid non ha specificato di quali Stati si tratti ma li ha definiti “minori” rispetto a Indonesia e Arabia Saudita, indicate come le due principali nazioni musulmane con cui lo Stato ebraico vorrebbe stabilire rapporti formali. Obiettivo che il ministro ritiene però non realizzabile in un breve periodo. I trattati con cui Israele ha normalizzato le relazioni con Emirati Arabi Uniti e Bahrein, annunciati più di due anni fa e siglati poi a settembre 2020, hanno introdotto un paradigma rivoluzionario per le relazioni tra Israele e il mondo arabo, ben lontano dalla pace “fredda” siglata nel secolo scorso con Egitto e Giordania. Hanno infatti aperto la porta a una vasta gamma di opportunità economiche e di cooperazione per la sicurezza regionale. Lo scorso anno l’interscambio commerciale tra Israele e gli Emirati Arabi ha raggiunto il valore di 700 milioni di dollari, che ci si aspetta aumentino a un miliardo entro tre anni. I due paesi assieme al Bahrein hanno anche condotto un’esercitazione navale congiunta nel Mar Rosso lo scorso novembre, lanciando un segnale di unità nel fronteggiare sia il nemico iraniano sia i rivali turchi e qatariani. Continua anche in questi primi mesi del 2022 il lavoro diplomatico di Gerusalemme per rafforzare e sviluppare la cooperazione con le due monarchie del Golfo ed estendere il dialogo ad altri paesi musulmani. Come è avvenuto gli scorsi anni con Marocco e Sudan, che hanno siglato anch’essi accordi con Israele, sebbene dietro la spinta di contraccambi negoziali da parte degli Stati Uniti. Il Presidente israeliano vola negli Emirati Lo scorso 30 gennaio il presidente israeliano Isaac Herzog è atterrato ad Abu Dhabi per una visita di due giorni negli Emirati Arabi Uniti, su invito di Mohammed bin Zayed, principe ereditario e de facto già leader del paese del Golfo. Durante i colloqui col suo ospite, il principe bin Zayed ha reiterato la promessa di sbloccare investimenti emiratini in Israele per 10 miliardi di dollari, annunciati al momento della stipula dei trattati ma non ancora realizzati, salvo per un più contenuto fondo dedicato a progetti di ricerca e sviluppo. Nel corso del suo soggiorno il capo dello Stato ebraico ha inoltre inaugurato la Giornata nazionale israeliana all’Expo 2020 a Dubai e ha anche incontrato i rappresentanti della comunità ebraica locale, tra cui rav Elie Abadie. Durante quest’ultimo evento, Herzog ha rivelato di stare lavorando col Presidente americano Biden a un ulteriore ampliamento degli Accordi verso altri paesi musulmani moderati. Herzog ha portato con sé per la visita anche una delegazione parlamentare israeliana, che includeva deputati sia della coalizione di governo sia dell’opposizione, tutti membri del “Gruppo di amici degli Emirati”. Cortesia poi ricambiata una settimana dopo, con la visita della controparte emiratina alla Knesset sotto la guida di Ali Rashid Al Nuaimi, noto per le sue posizioni moderate e per la vicinanza a Israele. Gantz in Bahrein per rafforzare la cooperazione sulla sicurezza Il 3 febbraio è stato invece il Ministro della Difesa israeliano Benny Gantz a recarsi all’estero, volando a Manama, capitale del Bahrein, per siglare un Memorandum of Understanding volto a stabilire legami ufficiali in ambito di sicurezza. Durante la cerimonia della firma, Gantz ha commentato, facendo riferimento alla situazione regionale e in particolare alla minaccia iraniana, che “bisogna rafforzare lo schieramento moderato, che già esiste”. Il Ministro ha poi spiegato che l’intesa, che segue un accordo analogo con gli Emirati, “servirà a coordinare l’intelligence a programmare esercitazioni congiunte e a migliorare in generale la cooperazione su questo aspetto”. La relazione ufficiosa con l’Arabia Saudita è sempre più ufficiale Da quando le redini del potere in Arabia Saudita sono passate nel 2017 nelle mani del controverso principe ereditario Mohammad bin Salmān, è noto che sussista una relazione informale tra il paese e Israele, la cui ufficializzazione è frenata dai timori e dai pregiudizi della vecchia classe dirigente saudita. Questo non impedisce avvicinamenti alla luce del sole tra i due paesi. Tra i più recenti e significativi, lo scorso 2 febbraio navi della marina militare israeliana hanno preso parte a un’esercitazione navale assieme a vascelli sauditi e dell’Oman, altro stato del Golfo che non intrattiene relazioni formali con Gerusalemme. Si è trattato dell’International Maritime Exercise 2022, guidato dalla 5° Flotta statunitense, a cui hanno preso parte in tutto circa sessanta paesi. Persino Qatar e Libano parlano con Israele, anche se non lo dicono Ancora a febbraio scorso il Ministro degli Esteri del Qatar, al-Thani, ha dichiarato che il suo paese continuerà a mantenere relazioni operative con Israele per far arrivare i finanziamenti mensili a Gaza, necessari per evitarne il collasso socioeconomico, ma che esclude la possibilità di normalizzare i rapporti con lo Stato ebraico finché questo non mostrerà maggiore “impegno” per la soluzione della questione palestinese. Eppure, secondo uno scoop del canale televisivo israeliano Kan 11, in quegli stessi giorni un jet privato che apparterrebbe al Mossad sarebbe atterrato nella capitale qatariana Doha. I giornalisti non hanno fornito dettagli dell’ipotetica missione, ma hanno ricordato come un jet dello stesso tipo sia stato usato per trasportare una delegazione militare israeliana in Sudan a gennaio. È diventato invece pubblico il tentativo dello Stato ebraico di riavvicinarsi al Libano, formalmente ancora un nemico in guerra. Il Ministro Gantz ha svelato come nel corso del 2021 abbia offerto per ben quattro volte assistenza logistica alla sua controparte: il paese è infatti sull’orlo del collasso economico e migliaia di soldati libanesi hanno già disertato dalle caserme rimaste prive di tutto. L’ultimo tentativo, ha specificato Gantz, è stato fatto alla fine di gennaio, come sempre tramite il comando della missione UNIFIL che funge da intermediario tra le due nazioni. Israele e Libano sono inoltre impegnati in una trattativa per definire i propri confini marittimi e poter così sfruttare i giacimenti sottomarini di gas presenti nell’area. Una prospettiva economica evidentemente troppo allettante per Beirut per lasciarsela sfuggire in nome dell’odio ideologico: persino Nasrallah, leader di Hezbollah, ha dichiarato durante un’intervista negli scorsi mesi che il suo movimento non si opporrà se il governo libanese dovesse trovare un accordo con Gerusalemme su questo punto.