di Paolo Castellano
Nei territori palestinesi sono frequenti e feroci le discriminazioni nei confronti delle persone LGBTQ. Per questa ragione il 20 giugno, alla Knesset, si è discusso di creare dei visti di lavoro speciali per i palestinesi LGBT che sono stati perseguitati nei territori dell’Autorità Palestinese (AP). L’argomento è stato al centro di un’audizione al parlamento israeliano organizzata dal Comitato per i lavoratori stranieri presieduto dalla parlamentare Ibtisam Mara’ana.
L’udienza è avvenuta dopo che lo Stato ha informato l’Alta Corte che i palestinesi discriminati per il loro genere possono ottenere un alloggio nello Stato ebraico per “bisogni di assistenza sociale” sulla base di denunce riguardanti omofobia e violenze. Inoltre, è previsto un permesso speciale di lavoro.
La deputata Mara’ana ha accolto con soddisfazione la decisione del governo di fornire protezione ai palestinesi discriminati per la loro identità nei territori dell’AP.
Inoltre, durante l’audizione sono state ascoltate le testimonianze di diversi palestinesi della comunità LGBT. Il Jerusalem Post ne ha riportate alcune in forma anonima.
C’è S., palestinese scappato dai territori dopo essere stato diffamato e malmenato: «Sono stato fotografato in una situazione intima e le immagini sono state inviate alla mia famiglia, che mi ha picchiato e trattato violentemente. Per le lesioni subite sono stato ricoverato per tre mesi in ospedale. Sono entrato in depressione e ho iniziato a bere. Non sono in grado di lavorare perché non ho una busta paga o condizioni di lavoro adeguate».
Invece P. ha rischiato di essere ucciso a causa della sua omosessualità: «La mia famiglia ha cercato di assassinarmi. Quando sono arrivato a Tel Aviv ho vissuto per strada per diversi giorni finché non ho raggiunto l’associazione “Il tetto rosa”. Voglio vivere una vita normale, ma è impossibile senza assicurazione sanitaria, senza conto in banca e senza un certificato ufficiale. Per rinnovare il permesso devo recarmi fino a Ephraim Gate. Perché devo andare così lontano?».
Ofir Shama, direttore dell’Unità assistenziale dell’amministrazione civile all’interno del Ministero della Difesa, ha dichiarato che “consentire a una persona di svolgere un lavoro adeguato e di assumersi la responsabilità del proprio reddito è una cosa significativa”.
«Previa approvazione da parte degli agenti di sicurezza, i permessi possono essere rilasciati fino a sei mesi e, se necessario, sono prorogati. Vogliamo che raggiungano uno stato d’indipendenza nella gestione delle loro vite. Il visto li fa stare in un posto migliore rispetto a prima», ha sottolineato Shama.
Il presidente della commissione ha concluso l’audizione invitando i ministeri del Welfare e delle Finanze a creare un programma di formazione professionale.
Simpatizzanti di Hamas fanno annullare un concerto LGBT a Ramallah
Come riporta ANSAMed, il 17 giugno si sarebbe dovuto tenere un concerto della comunità LGBT palestinese in un circolo culturale di Ramallah in Cisgiordania ma non ha potuto svolgersi a causa delle rimostranze di un gruppo di seguaci di Hamas.
L’evento musicale è stato annullato all’ultimo momento. Le proteste sono state capeggiate da un esponente di Hamas: il figlio di un dirigente del gruppo terroristico palestinese che ha esortato a non andare a un concerto che viola i dettami dell’Islam.
La motivazione riguarderebbe la presenza di Bashar Murad, artista di Gerusalemme Est e attivista politico. Gli islamisti palestinesi hanno contestato il poster del musicista accusato di indossare abiti femminili e di aver posato con un mazzo di fiori.
Per di più, secondo i contestatori, lo spettacolo doveva essere annullato anche “in segno di rispetto verso il sangue di tre martiri”, ovvero di tre terroristi neutralizzati poco prima dalle forze israeliane nella città di Jenin.