Sefarad e l’odissea degli ebrei sefarditi sradicati

di Roberto Zadik

Cinquecentotrent’anni fa la “cacciata dalla Spagna” e l’inizio dell’odissea degli ebrei sefarditi sradicati in mezzo mondo, dal Nord Africa, alla Grecia, alla Turchia, a città italiane come Venezia, Ancona e Livorno

Il 1492 non fu solamente l’anno della scoperta dell’America, ma anche una data atroce che segnò l’apice della lunga spirale di sofferenze e soprusi subiti in Spagna e successivamente in Portogallo dai cosiddetti ebrei sefarditi.   Nell’estate di quell’anno, il 30 luglio in corrispondenza del luttuoso digiuno di Tishà BeAv, infatti avvenne la  “Cacciata degli ebrei spagnoli” detto anche in ebraico gherush sfarad che  fu il culmine della catastrofe.

Dopo un secolo di persecuzioni, torture indicibili, processi e conversioni forzate, gli ebrei spagnoli vennero brutalmente espulsi sotto la pesante minaccia dell’uccisione e dell’esilio se non si fossero convertiti all’”unica vera fede” ma poco si sa di come avvenne quell’espulsione, delle sofferenze che essa provocò e di quanti ebrei furono effettivamente costretti ad andarsene, sicuramente migliaia, ma il numero oscilla fra i quarantamila e le centinaia di migliaia.

In soli quattro mesi quell’infame espulsione venne  decretata e messa in atto da due spietati regnanti come Ferdinando D’Aragona e Isabella “la Cattolica” descritta come fanatica e dittatoriale nell’editto della Alhambra, in quel 31 marzo 1492. Quel provvedimento, 530 anni fa decretò la fine di secoli di ebraismo iberico, lo sradicamento permanente di una presenza estremamente vitale e produttiva per il Paese e la cultura non solo ebraica ma internazionale e un “Nuovo Medio Evo” in cui la Penisola iberica sprofondò proprio mentre altri Paesi come l’Italia venivano risvegliati dai fasti del Rinascimento.

Sia sotto la dominazione islamica dell’Andalusia sia nei Regni cristiani, la presenza ebraica spagnola fu una realtà prestigiosa che nonostante tutte le difficoltà, diede la luce a alcuni dei maestri più importanti della tradizione ebraica mondiale. Giganti del pensiero ebraico come Maimonide e Bahya Ibn Paquda, i catalani Nachmanide e  Hasdai Crescas, l’autore del Kuzari Rabbi Yehuda Ha Levi, il codificatore della Legge ebraica Rabbi Yossef Caro autore dello Shulchan Aruch e il commentatore Don Isaac Abravanel,  nato a Lisbona da famiglia ebraica spagnola e sommo studioso biblico, erudito e intellettuale, giusto per citare solo alcuni maestri.

Ma cosa successe esattamente e quali sono state le conseguenze di questa tragedia?  Sicuramente fu la fine dell’ebraismo spagnolo neutralizzato in nome di ideali estremamente razzisti come la limpieza de sangre (pulizia del sangue) che ricordano il nazismo, propugnati dall’editto e da crudeli inquisitori come Tomaso De Torquemada, protagonista dell’Inquisizione e organizzatore dei Tribunali e di molti processi antiebraici, nato da una famiglia di ebrei convertiti.

Questa tragedia immensa però decretò  la nascita di un mondo ebraico sefardita diasporico e sradicato estremamente vitale ed eterogeneo che miracolosamente si trasferì in vari punti del mondo. Fra questi primo fra tutti il Nord Africa e vari Paesi arabi, Algeria, Marocco, Libia e Tunisia e l’Egitto, ma anche  Grecia, Turchia, Bosnia e Bulgaria, in cui nacque un eccezionale scrittore come Elias Canetti, per arrivare a alcune città italiane, ad esempio Venezia, Genova, Ancona, Livorno nota per illustri sefarditi come il brillante Rabbino e intellettuale di famiglia marocchina Rav Elia Benamozegh e l’irrequieto pittore Modigliani estendendosi anche a comunità sefardite ben presenti in Olanda, patria del controverso filosofo di origini portoghesi Baruch Spinoza, ma anche Gran Bretagna e Messico e naturalmente a Israele.

Insomma l’esilio spagnolo fu una diaspora estremamente dolorosa e in continua trasformazione iniziata con due date, il 1492 per gli ebrei spagnoli e il 1496 per i loro correligionari portoghesi e il massacro di Lisbona del 1506. Molto efficace per ricostruire, almeno in parte, quanto accadde in Spagna, un interessante articolo del sito Le Monde, pubblicato nel 2007 dal giornalista Henri Tincq. Nel testo egli descrive dettagliatamente quanto accaduto svelando particolari inediti e decisamente tragici della vicenda. La rievocazione dei fatti,  inizia citando il libro dello storico ebreo francese  Joseph Ha Cohen La Valle dei Pianti, del 1560  quando racconta che “gli ebrei andarono ovunque il vento li portasse, in Africa, Asia, Grecia e Turchia, afflitti da enormi sofferenze e da dolori acuti. Alcuni morirono di disperazione durante il loro viaggio, altri vennero sventrati per estrarre l’oro che avevano ingoiato per nasconderlo, altri ancora vennero consumati dalla peste e dalla fame o venduti come schiavi nel porto di Genova o imbarcati nudi a bordo di battelli diretti verso isole deserte”.

Scrittore e storico efficace, Cohen, nato ad Avignone nel 1496 da genitori “sfollati” da quell’esilio  in queste pagine preziose con un realismo senza precedenti né successori evidenzia  la crudeltà dei persecutori e il dolore delle vittime. Il testo di Le Monde ricostruisce gli eventi di quel periodo, il trionfo del cristianesimo spagnolo e la Reconquista dopo secoli di Islam, l’esilio di almeno centoventimila ebrei con quel decreto che intende liberarla dalla sua “cancrena ebraica”.

L’espulsione degli ebrei iberici e la scoperta dell’America coincisero perfettamente, tanto che come riporta un interessante articolo del Los Angeles Times del novembre 1991, in occasione dell’ imminente cinquecentesimo anniversario dalla “cacciata” “Colombo dovette partire dal porto di Palos perché gli ebrei affollavano gli altri porti spagnoli che erano stati chiusi”.

Ma quali sono state le motivazioni della “cacciata” e da quando cominciò tutto questo? Sia il razzismo e il fanatismo religioso profondo dell’Inquisizione sia l’antisemitismo di storici della Corona spagnola come Andres Bernaldes che racconta con malcelata invidia di come “gli ebrei avessero raggiunto posizioni di prestigio e siano diventati medici, esattori delle tasse, commercianti, gioiellieri, mercanti di seta, nobili” e di come “il regno si sia purificato, anche se con una grande perdita e un considerevole spreco intellettuale”.

Ma il 1492 è stato “il colpo di grazia” di un secolo da incubo. Nel 1391 “un bagno di sangue aveva attraversato la Castiglia, l’Aragona e la Catalogna” attraverso una serie di massacri avvenuti nei quartieri ebraici, detti aljamas. Varie comunità ebraiche, come Barcellona, un tempo molto fiorente, vennero annientate  e “oltre quattromila persone vennero massacrate a Siviglia su decisione di un monaco fanatico Martinez de Ecjia”. “Gli assalitori saccheggiarono e vennero salvati solo coloro che imploravano il battesimo e comparvero nel linguaggio comune nuovi termini come Marrano”, fino ad arrivare al 1412 quando un ordinanza regale decideva l’isolamento nei Ghetti di ebrei castigliani che fino ad allora vivevano nella società. Da quel momento vennero imposte varie restrizioni, dal divieto di occupare cariche pubbliche, alla vendita di carne, fino al taglio della barba e dei capelli e all’obbligo di indossare pesanti mantelli neri come abbigliamento distintivo di appartenenza. Oltre a questo nel 1474 gli ebrei castigliani cercarono di opporsi a quelle segregazioni disposti a pagare ingenti somme, ma il testo sottolinea che “l’Inquisitore Torquemada fu inflessibile e il 20 marzo di quell’anno decise di procedere all’applicazione dei provvedimenti, davanti alla Corte riunita, ricordò il tradimento di Giuda impugnando un crocifisso”.

La durezza, il razzismo e la crudeltà dei tre protagonisti dell’Inquisizione, i due regnanti Ferdinando e Isabella e lo spietato Inquisitore Torquemada scatenarono un serrato susseguirsi di eventi che segnarono l’irreversibile decreto di espulsione. Da quel momento gli ebrei ebbero un mese per lasciare la terra dei loro antenati e un altro mese per vendere i loro beni e possedimenti. Dopo la bolla di Papa Sisto IV del 1478, i tribunali dell’Inquisizione in soli quattordici anni massacrarono migliaia di ebrei, mori e “infedeli” – sotto la guida di Torquemada nominato dai regnanti Inquisitore d’Aragona e Catalogna – accusati di “danneggiare l’integrità della società cristiana” e dopo il 1492 “non esisteva più nemmeno un ebreo sul territorio”. La Spagna fu l’ultimo Paese europeo ad espellere gli ebrei, in Francia questo avvenne nel 1306 e in Inghilterra ancora prima. “Ma la Spagna si distinse per antisemitismo razziale e le conversioni forzate prima o dopo i massacri del 1391. Esse permisero di raggiungere alti ruoli nella medicina, nell’esercito o nella magistratura altrimenti inaccessibili agli ebrei. Ma successivamente l’odio si scatenò anche contro i Nuovi cristiani con editti che inneggiavano alla “purezza del sangue”. Da quel momento tutto sembrava perduto e attualmente in Spagna gli ebrei sono meno del 2 percento della popolazione. Passi avanti sono stati fatti solo di recente,  come le relazioni diplomatiche fra Spagna e Israele che esistono solo dal 1986 e la possibilità di una “Legge del ritorno” per i discendenti di quei sefarditi così brutalmente espulsi.