di Francesco Paolo La Bionda
Israele ha aumentato la produzione di gas naturale del 22% nella prima metà del 2022, portandola a 10,85 miliardi di metri cubi. Lo ha reso noto il ministro dell’Energia Karine Elharrar, che ha aggiunto che la crescita continuerà per incrementare le esportazioni verso l’Europa colpita dal taglio delle forniture russe.
A giugno scorso, lo Stato ebraico, l’Egitto e l’Unione Europea hanno siglato infatti un accordo trilaterale per aumentare le forniture di gas naturale da Israele al continente, tramite gli impianti di rigassificazione del paese arabo.
Elharrar ha inoltre segnalato che nei primi sei mesi dell’anno le esportazioni del combustibile sono aumentate del 35%, raggiungendo i 4,59 miliardi di metri cubi, mentre gli introiti per lo Stato del settore estrattivo, quasi tutti relativi al gas, sono cresciuti del 50%, toccando l’equivalente di 253 milioni di dollari.
Le tensioni con Libano sui nuovi giacimenti
Proprio l’estrazione di gas è al centro di nuove tensioni tra Israele e Libano, che dissentono sulla demarcazione dei confini marittimi e dunque sui diritti di sfruttamento di alcuni giacimenti offshore situati nell’area.
La questione è diventata pressante poiché Gerusalemme intende cominciare le attività di estrazione nel giacimento di Karish a settembre, e le due parti stanno svolgendo negoziazioni indirette per trovare un compromesso ed evitare il rischio di scontri armati, minacciati già nei mesi scorsi da Hezbollah.
L’inviato statunitense Amos Hochstein è arrivato a Beirut domenica 21 agosto per facilitare la mediazione, con una proposta che demarcherebbe i confini in modo da lasciare a Israele tutto il giacimento di Karish e al Libano tutto quello di Qana.
(Foto: NEWMED Energy)