di Nathan Greppi
Nella sua storia a fumetti Corte Sconta detta Arcana, pubblicata dal 1974 al 1977 sulla rivista Linus e facente parte della serie su Corto Maltese, l’autore Hugo Pratt (1927 – 1995) inserì un riferimento al poeta dialettale Eugenio Genero (1875 – 1947), suo nonno materno. Genero era nato a Venezia da una relazione extraconiugale tra un cuoco di bordo e una nobildonna di origini marrane, i cui antenati erano ebrei sefarditi fuggiti da Toledo secoli prima e che, una volta giunti nella Serenissima, si erano convertiti per ottenere titoli nobiliari. Per non creare scandalo, il bambino venne adottato dai Genero, una famiglia di ebrei anch’essi convertitisi al cristianesimo, che gli diedero il loro cognome.
Questa storia sulle origini famigliari di Pratt, tra gli autori di maggior successo nella storia del fumetto italiano, per quanto peculiare serve a rimarcare una differenza rispetto ad altri paesi: mentre ad esempio negli Stati Uniti e in Francia si trovano numerosi autori ebrei che hanno lasciato il segno nelle arti figurative, quali il fumetto e l’animazione (basti pensare a Stan Lee, creatore dei supereroi Marvel, o all’autore di Asterix René Goscinny), in Italia essi sono molto meno presenti e più difficili da trovare. Nonostante ciò, anche da noi non mancano coloro che si sono distinti in questi campi, ognuno con il proprio stile personale.
Emanuele Luzzati, i colori dell’identità ebraica
Non si può non parlare del contesto italiano senza citare il genovese Emanuele “Lele” Luzzati (1921 – 2007), che in oltre sessant’anni di carriera ha realizzato le scenografie per centinaia di spettacoli teatrali e diretto oltre due dozzine di film e cortometraggi animati. Per due di questi, La gazza ladra del 1964 e Pulcinella del 1973, è stato candidato al Premio Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione. Nel corso della sua carriera, ha mantenuto un forte legame con le sue radici ebraiche: egli, infatti, realizzò le vetrate colorate della Sinagoga Grande di Genova, raffiguranti i simboli delle dodici tribù d’Israele. Sue illustrazioni sulle feste ebraiche sono raccolte nel volume postumo I colori del tempo (Marietti, 2021), e tra gli autori di cui ha illustrato i libri spicca Isaac Bashevis Singer, nonché scrittori israeliani come Meir Shalev e Uri Orlev.
La satira: Disegni & Caviglia
Parlando invece della vignettistica satirica, negli ultimi decenni del secolo scorso ha avuto una notevole importanza il sodalizio artistico tra il disegnatore Stefano Disegni e il giornalista e sceneggiatore Massimo Caviglia, che dal 1985 al 1997 hanno costituito il duo di fumettisti satirici Disegni & Caviglia. Nati rispettivamente nel 1953 e nel 1958, entrambi romani, insieme hanno pubblicato numerose opere sui più importanti quotidiani nazionali, quali il Corriere della Sera, La Repubblica e L’Unità, oltreché su varie riviste e in volumi editi da Mondadori e Feltrinelli. Inoltre, Massimo Caviglia è stato dal 1998 al 2003 direttore di Shalom, rivista ufficiale della Comunità Ebraica di Roma. Oggi è corrispondente dal Medio Oriente per l’emittente RTV San Marino, mentre Disegni pubblica ancora le sue strisce satiriche su Il Fatto Quotidiano e il supplemento Sette del Corriere della Sera.
Tra l’altro, il loro nome è legato anche ad una polemica che oltrepassa i confini italiani, per arrivare a Hollywood: nel 1992 pubblicarono un fumetto intitolato Razzi Amari, che parla di un futuro distopico in cui l’umanità è stata soggiogata da macchine intelligenti che tramite microchip impiantati nel cervello li fanno vivere in un mondo virtuale, e di un eroe che si unisce agli umani ribelli per combattere le macchine. Quando, nel 1999, uscì nelle sale il film Matrix, le analogie con la trama di Razzi Amari non passarono inosservate, al punto che Disegni e Caviglia meditarono di querelare per plagio i registi del film, i Fratelli Wachowski. Tuttavia, come ha spiegato lo stesso Disegni nel 2011 sulla rivista Ciak, i costi per le spese legali erano troppo alti: “Un grosso studio legale ci disse che c’erano gli estremi, i Wachowski collezionavano fumetti da tutto il mondo, ma ci volevano tanti soldi…”
Fumetto mainstream e indipendente
Maurizio Rosenzweig, milanese classe 1970, dal 2000 realizza la serie Davide Golia per le Edizioni BD, con le quali nel 2010 ha pubblicato anche la graphic novel Zigo Stella, e dal 2013 lavora come disegnatore alla serie dell’orrore Dampyr, pubblicata dalla Bonelli. Negli anni ha lavorato anche per altri editori importanti quali Mondadori, Rizzoli, DeAgostini e Star Comics, oltre ad essere docente presso la Scuola del Fumetto di Milano. Intervistato nel 2014 dal sito Letteraltitudine, ha spiegato che la sua famiglia è di origini ebraiche, e che sua sorella, Claudia Rosenzweig, è docente di lingua yiddish all’Università Bar-Ilan in Israele.
Anche al di fuori delle pubblicazioni cosiddette “mainstream” si possono trovare autori di talento: è il caso di Mario Camerini, nato in Brasile nel 1953 e cresciuto a Milano, dove ha frequentato la Scuola Ebraica. È il fratello minore del cantautore rock Alberto Camerini, del quale è stato tecnico del suono. Negli anni ’70 ha lavorato per la rivista Re Nudo, incentrata sulla cultura underground milanese dell’epoca, e per un certo periodo è tornato in Brasile, dove ha lavorato sia per la televisione come grafico sia per l’editoria libraria come illustratore di copertine. Tornato in Italia nell’83, ha lavorato nella pubblicità per poi trasferirsi a Rodi, dove ha ricominciato a fare l’illustratore in particolare di mappe. Oggi vive di nuovo in Italia, e su internet ha pubblicato storie a fumetti tratte dal Tanakh o sull’attualità politica israeliana. Nel 2015 ha pubblicato la graphic novel Judei de urbe (Giuntina), che racconta la storia della presenza ebraica a Roma dal II secolo a. e. v. al primo incontro tra Papa Francesco e Rav Riccardo Di Segni, che ne ha scritto l’introduzione.
Spostandoci verso il mondo delle autoproduzioni, un’altra illustratrice che, come Camerini, ha lavorato nella pubblicità è Lorenza Luzzati: milanese, lavora nella comunicazione social e per agenzie pubblicitarie, ma ha anche fatto parte di collettivi artistici che pubblicano fumetti autoprodotti. Suoi sono i disegni della raccolta di racconti Chiamami quando diventa verde, scritta da Alessio Sala (LDC editrice, 2014), ed è tra gli autori dell’opera collettiva Agnese non partire (Cargo, 2017), realizzata dal collettivo “Malmessi”.
Altri nomi
Nel panorama italiano c’è anche chi, pur non essendo ebreo, dopo averne sposata una ha dimostrato nel corso della sua carriera un grande amore per la storia e la cultura ebraica: Vittorio Giardino, fumettista bolognese classe 1946, che ha creato due celebri personaggi del fumetto italiano: Max Fridman, agente dei servizi segreti francesi nel 1938, e Jonas Fink, un ebreo di Praga che negli anni del comunismo assiste alle purghe contro la borghesia ebraica. Giardino è, assieme a Hugo Pratt, l’unico autore italiano che dal 2008 compare nella mostra itinerante De Superman au Chat du Rabbin, dedicata al legame tra ebraismo e fumetti. Come raccontava Moked nell’agosto 2018, il suo interesse deriva dal fatto che la moglie fa parte dei Formiggini, un’importante famiglia ebraica della provincia di Modena, e conoscendone la famiglia Giardino ha iniziato a interessarsi alle loro storie: “Ho scoperto le vicende di tanti ebrei italiani. Cittadini del mondo, viaggiatori, imprenditori, sperimentatori. Eppure, sempre legati all’identità originaria. Da Leopoli a Trieste, da Gerusalemme a Bologna. Legami forti, ma che non portano mai al provincialismo, al familismo.”
Ci sono stati anche casi di fumettisti ebrei stranieri che però hanno lavorato nell’editoria italiana: questo è il caso dell’israeliano Asaf Hanuka, che ha disegnato la graphic novel autobiografica Sono ancora vivo (Bao Publishing) scritta da Roberto Saviano, anch’egli di origini ebraiche da parte di madre. Di contro, ci sono anche autori italiani che hanno lavorato all’estero o per editori stranieri: oltre al già citato Rosenzweig, che per la casa editrice americana Dark Horse Comics ha disegnato le serie Clown fatale e Resurrectionists, merita di essere citato Thomas Lay; nato a Cagliari e oggi residente a Milano, ha vissuto per un decennio a Tokyo, dove è stato l’unico allievo occidentale di Yumiko Igarashi, autrice di manga di successo come Candy Candy. Tornato in Italia, parallelamente al lavoro di traduttore dal giapponese ha realizzato diverse illustrazioni manga con temi ebraici, che nel 2019 ha esposto in una mostra al Museo Ebraico di Venezia.
In conclusione, pur presentando numeri neanche lontanamente paragonabili a quelli americani o francesi, anche l’Italia ha dato i natali ad autori ebrei di un certo peso nel campo del fumetto, dell’illustrazione e dell’animazione. Ed è probabile che continueranno a venirne fuori di nuovi, in futuro.