Memoriale della Shoah di Berlino

70 anni dalla firma dell’”Accordo di Lussemburgo”: il risarcimento

Israele

di Luciano Assin
Guida turistica in Israele (dal blog: L’altraisraele)

Quest’anno ricorreranno 70 anni dalla firma dell’”Accordo di Lussemburgo” meglio conosciuto come l’accordo di riparazione tra Israele e la Repubblica federale di Germania firmato il 10 settembre 1952.

Un accordo del genere, firmato solo 7 anni dopo la fine della II guerra mondiale e appena 4 dopo la fondazione dello Stato d’Israele, provocò un enorme ed infuocato dibattito sulla necessità e sulla moralità etica di un tale patto. Le manifestazioni, i disordini, un tentato assalto al Parlamento israeliano, resero l’atmosfera così infuocata che il paese si trovò sull’orlo di una guerra civile. Nonostante chi condusse in prima persona l’opposizione all’accordo sulle riparazioni fu Menahem Beghin indiscusso leader delle destre e acerrimo avversario dell’allora Premier Ben Gurion, le proteste assunsero una dimensione trasversale coinvolgendo anche una parte della sinistra israeliana.

È giusto perdonare così presto? È umanamente possibile quantificare in denaro il prezzo di un crimine senza precedenti come la Shoah? Dietro le riparazioni c’è una reale volontà da parte del popolo tedesco di espiare ed ammettere le proprie colpe? Questi furono solo alcuni dei numerosi interrogativi che vennero sollevati in seguito alla decisione del governo israeliano di intavolare una trattativa su un argomento così spinoso e delicato.

Alla fine si arrivo ad una somma di 3 miliardi di marchi tedeschi. La cifra avrebbe dovuto essere liquidata fra il 1953 ed il 1965. Le giustificazioni di Ben Gurion e del suo governo furono sia morali che materiali. Dal punto di vista morale era più che giustificato che i carnefici pagassero un prezzo per le loro colpe, al di là del pentimento, più o meno sincero, a cui erano dovuti. Dal punto di vista pratico, una cifra del genere avrebbe aiutato enormemente le magre casse dello Stato, povere soprattutto di valuta estera. Proprio in quegli anni Israele era nel mezzo di assorbire più di 800mila profughi provenienti dai paesi arabi. In un sondaggio svolto in Germania durante le trattative il 44% dei tedeschi si dichiarò contrario ad un accordo del genere.

Paradossalmente una parte della somma servì a risarcire i Templari tedeschi, arrivati in Israele durante il 19simo secolo e deportati in Australia dagli inglesi durante il secondo conflitto mondiale. Per chi conosce Tel Aviv tutto il prestigioso quartiere di Sarona si trova proprio all’interno di quella che era in origine una colonia agricola templare. L’accordo fu siglato fra Israele e la Germania ovest, la Germania est, allora sotto l’egida sovietica ne fu esclusa.

Una volta firmato l’accordo, la Germania ebbe praticamente la via spianata per essere riammessa nel consesso delle nazioni e nel 1965 si instaurarono i rapporti diplomatici fra Gerusalemme e Bonn. Un accordo del genere non fu mai siglato fra Israele e l’Italia, il maggiore alleato di Hitler prima e durante la guerra.

Le discussioni e l’atmosfera infuocata di quei giorni sembrano lontani anni luce dalla situazione attuale, Berlino è una delle mete preferite dagli israeliani e i rapporti con il governo tedesco sono fra i migliori e più forti che Israele abbia. Col senno di poi si può affermare che la decisione di Ben Gurion e Adenauer fu una mossa azzeccata e sotto certi aspetti inevitabile.

La Shoah è un trauma dal quale il popolo ebraico non potrà mai liberarsi e lo accompagnerà per l’eternità. Ma così come è giusto non smettere mai di ricordare, prima o poi arriva anche il momento del perdono.