Pace Israele-palestinesi: perché non imitare la Confederazione elvetica aprendo a un accordo con la Giordania?

Opinioni

di Angelo Pezzana

[La domanda scomoda]

Gli Accordi di Abramo non hanno ottenuto soltanto straordinari risultati sul piano diplomatico, quali il trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme e l’apertura dei rapporti con i vicini Stati arabi sunniti.

Ma hanno aperto una reale strada per raggiungere una possibile soluzione del conflitto israelo-palestinese che fino allora consisteva nello slogan “due Stati per due popoli”, una frase accattivante ma che di fatto andava letta, nella interpretazione palestinese, non “accanto” ma “al posto” di Israele. Gli Accordi di Abramo sono riusciti persino a mettere in crisi l’influenza dell’Iran, generoso finanziatore dei movimenti terroristi nella regione.

Che una popolazione decida di modificare il proprio status in Stato è legittimo; non lo è più se questo comporta la distruzione di un altro Stato sovrano, in questo caso di Israele. Perché non imitare invece la Confederazione elvetica rivolgendosi alla confinante Giordania? Oltre a tutto, i suoi cittadini sono al 70% di origine palestinese. In passato i motivi erano evidenti: Arafat avrebbe avuto dalla sua parte gli Stati arabi se il suo nemico fosse stato Israele.

Abu Mazen, seguendo l’esempio della politica di Arafat, aiutato purtroppo dalle continue crisi dei vari governi israeliani in questi ultimi anni, è riuscito a diffamare a livello internazionale l’immagine di Israele quale “Stato di apartheid”, come è avvenuto qualche mese fa all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con l’accusa di essere responsabile del fallimento della “giusta soluzione dei due Stati”. In poche parole, di non volere la pace «da sempre, fin dalla creazione di Israele nel 1948 – ha affermato Abu Mazen – con l’espulsione di 700.000 arabi, la distruzione di 529 villaggi, i lanci di missili su Gaza con l’uccisione di bambini. Siamo noi palestinesi a essere l’unico popolo a vivere sotto occupazione, Israele ha sempre violato gli Accordi di Oslo, fino a oggi – ha continuato dal suo pulpito – ha sempre dimostrato di essere colonialista, ha distrutto i nostri luoghi sacri, la sua legislazione è razzista…». Insomma una menzogna dopo l’altra.

Con un giorno di distanza, Yair Lapid, Primo Ministro, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, esprimeva il proprio appoggio alla soluzione dei “due Stati”, anche se in una intervista affermava di condividere con Netanyahu il fatto che i tempi non sono maturi. Soltanto una coraggiosa iniziativa diplomatica, dopo una totale riforma dell’Autorità Palestinese, potrà garantire una pace permanente con Israele. Sarà bene ricordare le premesse di Abu Mazen, che tuttavia ne ha dimenticata una, cui ha provveduto il segretario di Fatah a Jenin, Ata Abu Rumeileh, in un’intervista all’emittente Awda TV «La guerra è per tutta la Palestina, dal Mar Mediterraneo al fiume Giordano».