di Ugo Volli
[Scintille. Letture e riletture] Nella storia del popolo ebraico la battaglia per la verità, contro le diffamazioni dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo, è una costante. Per secoli si è dovuto spiegare che i Romani e non gli ebrei avevano ucciso Gesù; che la Torà proibisce di nutrirsi di sangue in ogni forma, oltre che naturalmente di ammazzare gli innocenti, e che dunque la narrazione di bambini cristiani uccisi per impastare con il loro sangue il pane azzimo era una calunnia senza senso; che gli ebrei non avvelenavano i pozzi, non diffondevano le epidemie, non rovinavano economicamente i popoli presso cui lavoravano; che la Torà non era una legge crudele contrapposta alla misericordia dei Vangeli, eccetera eccetera. Ma, in una forma o nell’altra queste menzogne circolano ancora oggi.
C’è però una menzogna speciale di recente invenzione che riguarda la Terra di Israele e in particolare Gerusalemme. Gli ebrei non avrebbero nulla a che fare con la città santa e con la regione che la circonda. Sarebbero più o meno tutti discendenti di Khazari, la popolazione turcofona abitante nel basso corso del Volga che si convertì all’ebraismo fra l’ottavo e il decimo secolo dell’Era Comune; oppure le località di cui parla la Torà sarebbero situate altrove, per esempio nella penisola arabica. Oppure gli ebrei avrebbero deformato la Torà per attribuirsi una storia non loro. La regione fra il Giordano e il Mar Mediterraneo sarebbe da sempre “palestinese”, e infatti gli attuali palestinesi non discenderebbero dagli arabi invasori nell’ottavo secolo della nostra era ma sarebbero eredi cananei o dei loro predecessori nella preistoria, come ripetono spesso i dirigenti dell’Autorità Palestinese. Ma soprattutto Gerusalemme sarebbe sempre stata islamica, anche secoli e millenni prima di Maometto. Abramo sarebbe stato un musulmano devoto, fondatore della moschea cui gli ebrei danno erroneamente il nome di Santuario di Gerusalemme, e così Davide, Salomone, i profeti. Non vi sarebbero mai stati ebrei a Gerusalemme, a Hebron, a Betlemme, in tutto il territorio della “Palestina”. Che della loro presenza narrino non solo la Bibbia, ma storici greci e romani, documenti archeologici di tutte le culture della regione e naturalmente anche i Vangeli cristiani, non importa. Come insegnava Goebbels, basta ripetere a lungo una menzogna e prima o poi qualcuno ci crederà, specialmente se ne ha interesse. E dunque Onu, Unesco, stati arabi, propagandisti musulmani riprendono regolarmente questa nuova calunnia.
Per questa ragione è prezioso un libro appena pubblicato da Guerini: Il monte del Tempio di Yitzhak Reiter e Dvir Diamant. Esso esamina accuratamente le fonti islamiche e mostra come a partire dal Corano e fino a tempi recenti era pacifico nell’Islam che la Terra di Israele, inclusa Gerusalemme, fosse la sede storica del popolo ebraico, che aveva il diritto di tornarvi. Solo in un momento molto tardo, corrispondente alla nascita del sionismo, questa verità storica è stata nascosta per ragioni politiche e sostituita da fantasiose narrazioni che servono a occultare il legame fra ebraismo e Israele, islamizzando ossessivamente tutto ciò che riguarda il Tempio, la città di Gerusalemme e Israele.
È una lettura utile a chi vuole comprendere i meccanismi dell’ “invenzione della tradizione” (per citare un’espressione dello storico britannico Eric Hobsbawm) e indispensabile per chi deve combattere l’ennesima battaglia per la verità della storia ebraica.