di Michael Soncin
“Come si studia, come si comunica, come si legge un periodo di storia? Lo storico non vuole giudicare ma comprendere. E quindi quello che io mi domando è che cosa significa comprendere?”. Mons. Mario Delpini inizia il suo discorso, lanciando un interrogativo, che impone subito una riflessione. L’occasione è stata il libro La guerra del silenzio – Pio XII, il nazismo, gli ebrei, scritto dallo storico Andrea Riccardi, recentemente pubblicato da Laterza, oggetto di un incontro organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera, il 13 gennaio 2023, presso la Sala Buzzati.
Un testo “molto documentato, accompagnato da una riflessione che io ritengo molto equilibrata, molto franca. Di fronte al dramma di cui si parla, si capisce che comprendere non significa solo raccogliere dei documenti, ma comprendere è anche lo strazio del dramma incomprensibile che travolge la ragionevolezza e ogni possibilità di comprensione. Comprendere la storia significa anche restare smarriti. Comprendere è un compito arduo”. Delpini apre la conferenza insistendo sulla parola comprensione, la stessa che ha guidato Riccardi durante gli ultimi 50 anni nello studio del cristianesimo, soprattutto nella comprensione della figura di Pio XII. Questo volume raccoglie le ultime ricerche, rese possibili dopo che solo nel 2020 l’Archivio Apostolico Vaticano ha permesso per la prima volta la consultazione dei documenti del pontificato di Eugenio Pacelli, alias papa Pio XII.
Fare memoria è fare giustizia
Ferruccio De Bortoli ha sottolineato come Riccardi parli “in maniera molto netta di una sconfitta del cristianesimo”, e che compiendo nel suo lavoro di storico una “ricerca della verità, ha compiuto anche un atto di giustizia, nei confronti delle vittime innocenti che altrimenti morirebbero una seconda volta”. Il denominatore che emerge da queste pagine e che De Bortoli ha evidenziato si riflette nella parola “trasparenza”, “perché è un modo per dare voce ai tanti giusti della Chiesa che salvarono migliaia di ebrei. È un modo per dare il giusto peso a tutti, è un esercizio della memoria. La memoria è giustizia, facendo poca memoria si finisce per sminuire la portata storica”. Quanto al silenzio tuonante di Pacelli sullo sterminio degli ebrei, De Bortoli citando il libro di Riccardi ha ricordato che “il vaticano sapeva almeno dal 1941 quello che stava accadendo agli ebrei, ma le cautele diplomatiche, ed il desiderio del vaticano stesso di essere anche un possibile mediatore fra le parti, oltre alla preoccupazione di non aggravare la condizione dei perseguitati, ebrei compresi, fecero spesso preferire il silenzio al coraggio dell’azione”.
“Il libro è una miniera straordinaria di riflessioni e informazioni e vanno lette anche la luce di quella che è la nostra contemporaneità, e si inserisce in un dibattito amplissimo, per cercare di comprendere ciò che è incomprensibile. Lo sappiamo. Molto si è scritto su Pio XII e questo ha fatto paradossalmente perdere di vista le questioni fondamentali. Qui le ripresenta”, ha affermato lo storico Agostino Giovagnoli, sottolineando che quella di Riccardi è una riflessione che dura da diversi decenni, dove i protagonisti sono i loro stessi silenzi, vissuti con tormento.
E del dopoguerra che ne è stato? Il giurista Gabrio Forti ha percorso la vicenda storica chiedendosi quali potrebbero essere state le norme morali che hanno caratterizzato queste persone, ricordando che “anche dopo la guerra questa enormità non è stata veramente compresa”, e per spiegarsi ancor meglio, cita una frase di Jules Isaac: «Il bagliore del forno crematorio di Auschwitz è il faro che rischiara, che orienta ogni mio pensiero…».
“Quel giorno che incontrai Pacelli”
“La mia veneranda età fa si che io sia tra le pochissime persone ancora in vita che hanno conosciuto direttamente Pio XII. Nessuno ha mai trovato le parole per parlare di questa esagerazione perché non ci sono parole. Quando sono tornata a Milano dopo essere sopravvissuta, ho avuto una serie di incontri con i miei parenti. Ero una ragazzina che si illudeva di trovare notizie di suo padre. Fu così che mio zio mi fece avere un’udienza privata con il papa. In quel momento non sapevo nulla della sua storia, l’ho saputa dopo. Fu un incontro molto particolare, ebbi l’impressione di una persona straordinaria. Rimasi colpitissima dal suo sguardo”. Questo è parte di quanto ha raccontato Liliana Segre, Senatrice a vita, una delle ultime testimoni viventi della Shoah, presente tra le ospiti della serata.
Segre, cercando di raccogliere le impressioni di quell’incontro per rivederle poi negli anni seguenti, ha parlato di un papa dagli “occhi straordinari che vedevano aldilà della realtà che era attorno a lui. Nel suo sguardo si vedeva un’inquietudine, una sofferenza interiore. Mi ricordo che gli dissi che stavo cercando mio papa. ‘L’ho lasciato ad Auschwitz e non so più nulla di lui. Lui prese nota. Ma non seppi più nulla di mio papà, se non andando molti anni dopo al CDEC [Centro Di Documentazione Ebraica Contemporanea]”.
“Quell’incontro col papa, i suoi silenzi, mi fecero pensare molto al nostro incontro. Ebbi la sensazione di un uomo tormentato”, continua Segre, per poi domandarsi: “Non sarebbe stato un papa santo ed indimenticabile se il 16 ottobre davanti alle locomotive avesse fermato quel treno? Non avrebbe fatto un urlo davanti al silenzio? Nei 30 anni che ho fatto da testimone dell’orrore ho sempre raccomandato ai ragazzi ‘fate la scelta, siate in pace con la vostra coscienza’. Io credo che anche il papa dovesse fare questa la scelta…”.
Pio XII: “Cosa si pensa del mio silenzio?”
“Che errore aspettare tutto questo tempo. Dopo 50 anni di attesa, da quando ho iniziato a studiare questo personaggio, ho finalmente avuto la fortuna di vedere le carte vaticane. Penso a quanto si sarebbe potuto fare, in termini di giustizia, soprattutto per la chiesa stessa”, ha detto Riccardi, precisando che nelle prime pagine del libro quando Pio XII chiedeva cosa si pensasse del suo silenzio, non si riferiva agli ebrei, ma ai polacchi, ai vescovi che furono colpiti.
“Siamo nel tempo dei terribili semplificatori, ma semplificare non è solo dei nostri tempi”. Per lo studioso definire Pacelli “Il papa di Hitler” fa parte di queste semplificazioni, perché in quei tempi il Vaticano, come è stato detto durante il dibattito, era “una barchetta, ben distante dalla potenza mediatica di Giovanni Paolo II, appartenente ad una realtà di un papa che sentiva la responsabilità verso i cattolici…”. Tra le testimonianze delle nefandezze delle Shoah, lo studioso si è trovato tra le mani la documentazione di una richiesta d’aiuto di una donna ebrea scritta in francese. Ha anche ricordato come in alcuni parti del mondo cattolico vi fu una “fascinazione del mostro”, come in alcuni paesi dell’est, dove la violenza nazista si è affiancata alla violenza cattolica contro gli ebrei, gli zingari ed i rom. Il 16 ottobre 1943? “Pagina triste e forse un po’ sciocca della diplomazia vaticana”.
Andrea Riccardi oltre ad essere un grande storico è anche il fondatore della Comunità di Sant’Egidio e tra i fondatori del Memoriale della Shoah di Milano. Concludendo il suo intervento ha affermato: “C’è un silenzio che mi ha molto colpito ed è quello dopo la guerra. Parlando invece dei tempi odierni, credo che la guerra in Ucraina sia un fallimento dell’Europa, ed anche una responsabilità della Russia, oltre che un fallimento del cristianesimo, in particolare di quello ortodosso”.
Andrea Riccardi, La guerra del silenzio – Pio XII, il nazismo, gli ebrei. Laterza|Cultura storica, pp. 384, 25,00 euro.