Perché la stampa italiana non usa la parola giusta, “terroristi”, invece del termine neutro “militanti”?

Opinioni

di Angelo Pezzana

[La domanda scomoda] Il terrorismo arabo e palestinese contro Israele è sempre stato una costante ben prima della creazione dello Stato di Israele nel maggio 1948.

Un passato che i media si guardano bene dal ricordare, come dimostra l’alleanza del capo spirituale palestinese Amin al Husseini con Hitler dal 1934 al 1945. Soltanto la vittoria inglese sulle forze dell’Asse impedì lo sterminio degli ebrei. C’è qualche media che lo ricorda? Altra dimenticanza è il riconoscimento di Israele da parte del Vaticano che avvenne ufficialmente soltanto 49 anni dopo, quando nel caso della richiesta palestinese la qualifica di Stato venne concessa immediatamente a Arafat.

Mai una citazione! Aggiungiamo i finanziamenti a sostegno delle famiglie dei terroristi nelle prigioni israeliane colpevoli di stragi, soprattutto civili, per renderci conto che c’è qualcosa che non funziona nelle parole che dovrebbero informarci. Cominciamo dalla parola “terrorismo” che, oltre a tutto, non è più soltanto un problema israeliano.
Considerando che sette delle ventuno organizzazioni figuranti nell’elenco dei soggetti terroristici stabilito dalla UE sono palestinesi; che Hamas e altre organizzazioni terroristiche palestinesi inserite nell’elenco della UE utilizzano tattiche terroristiche ibride, compresi attacchi con coltelli e bombe contro civili israeliani, nonché il lancio di razzi da Gaza verso Israele, cercando deliberatamente di colpire zone civili, perché tutto questo non viene mai ricordato? Perché due importanti testate nazionali hanno titolato lo scorso marzo “Battaglia a Jenin, sei palestinesi uccisi”, “Nuovo raid a Jenin, uccisi sei militanti palestinesi”, quando i sei palestinesi uccisi erano chiaramente terroristi, uno di Hamas, tale Abdel-Fattah Kharusha, ricercato per aver ucciso due civili israeliani e cinque appartenevano alle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa? Se la parola giusta era “terroristi” perché sostituirla con “militanti”?

Torniamo alla UE con la definizione di terrorista. “I reati di terrorismo sono atti commessi allo scopo di esercitare gravi intimidazioni sulla popolazione e costringere indebitamente i poteri pubblici”. Non è il caso di Israele?
Nel 2001 la UE ha definito gli atti terroristici come atti intenzionali, previsti dalle legislazioni nazionali come reato, che data la loro natura o il contesto possono seriamente danneggiare uno Stato o un’organizzazione internazionale. Bene, ma lo mette in pratica? Riassumendo, il compito del terrorismo è, ovunque, destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali di un Paese.
Israele ha sempre combattuto per difendersi, eppure è sotto tiro dalle accuse di Apartheid, i fanatici del BDS possono danneggiarne l’economia sicuri che non uscirà contro di loro nessuna inchiesta.
E se ai media cominciassimo a ricordarglielo noi?