Lajos Szego e famiglia: salvi, grazie a Edvige Mussolini, la sorella del Duce

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di Sarah Parker

«Quando finalmente capì chi eravamo, Donna Edvige divenne fredda, distaccata». Ma non li denunciò. Li aveva ospitati
nella sua villa, dove aveva sede anche un comando tedesco

Si chiamano Alberto ed Eduardo Szego. Oggi hanno rispettivamente 88 e 89 anni, sono di origini ebraiche e ungheresi. Bambini durante la Seconda guerra mondiale in Italia, la loro storia ha dell’inverosimile. Come accaduto ad altre famiglie durante l’ultimo conflitto mondiale, questi fratellini, insieme al padre Lajos e alla madre Maria (cattolica e italiana), si salvano grazie ad una incredibile rete di protezione di amici, di colleghi fidati, di un monsignore coraggioso e di una carismatica suora di nome Bernadette. Nonché grazie ad una provvidenziale, quanto ingente quantità di denaro ricevuta dall’ingegner Lajos all’indomani della cessazione forzata di tutte le sue attività. Ma ciò che di sorprendente ha questa vicenda è la copertura – all’inizio parrebbe involontaria – di un soggetto imprevisto e inusitato: Donna Edvige Mussolini, sorella del Duce Benito Mussolini, che li ospiterà un’intera estate, nel 1944, a Villa Maggio, frazione di Ontaneta, sull’Appennino Romagnolo. La rocambolesca avventura della famiglia Szego viene oggi narrata nel volume A Casa di Donna Mussolini, scritto a quattro mani da Cristina Petit e Alberto Szego, (Solferino editore, pp 448, 20,00 euro). È la storia vera di una famiglia borghese che, prendendo le mosse dalla placida e provinciale vita di Forlì, precipita a poco a poco nel vortice della persecuzione scatenata dalle Leggi razziali.

Uno dei due autori, Alberto Szego, mi racconta del padre Lajos. Il cognome originario di famiglia è Schlesinger poi modificato in Szego, per indicare la cittadina ungherese di Szeged, anziché la Slesia. Lajos si ritrova all’indomani delle Leggi Razziali ad essere straniero in quella che aveva creduto essere una patria elettiva, l’Italia, di cui per decreto regio aveva preso la cittadinanza nel 1932, per poi vedersela revocare sette anni dopo. In Italia incontra il grande amore, Maria, crocerossina. Presto nasceranno Giorgio, suo fratello maggiore, poi lui e suo fratello minore Eduardo, fuori dal matrimonio, successivamente regolarizzato nel 1933. «Amavo profondamente mio padre, ero il suo figlio prediletto. Aveva una grandissima struttura morale. Lo ritenevo un uomo giusto nato al momento sbagliato», racconta Alberto. Il momento sbagliato è il dicembre 1943: nonostante un inizio brillante come ingegnere e consulente di una grande impresa di costruzioni civili di Forlì, quella della influente famiglia Ricci, l’ulteriore stretta della morsa persecutoria vede non soltanto lui, ma anche i figli frutto di matrimonio misto diventare a tutti gli effetti irrimediabilmente ebrei. Da qui la revoca della cittadinanza, la chiusura dell’ufficio, la fuga e, dopo varie peripezie, tra cui un arresto conclusosi dopo tre mesi (venne catturato durante un rastrellamento con Imre Klein, anch’egli ebreo nonché cognato dei Ricci). A tal proposito Alberto ricorda: «Dopo la carcerazione mio padre non fu più lo stesso, fu un colpo che lo ferì moltissimo». Sino ad arrivare al nascondimento nell’ospedale di Premilcuore, protetti dall’intrepida personalità e dallo spirito d’iniziativa di Suor Bernadette. Con lo sfondamento della Linea Gotica e con le stanze dell’ospedale occupate dai soldati feriti, sarà proprio la religiosa a chiedere a Edvige Mussolini di ospitarli, fornendo ovviamente il falso nome di Orlati per la famiglia di fuggiaschi. Donna Edvige Mussolini si prodiga per questa famiglia di sventurati con tre figli piccoli di cui uno gravemente malato, ospitandoli al secondo piano della sua villa. Al piano terra risiede dunque lei, e sopra la testa degli Szego… un comando militare tedesco!

Alberto Szego descrive Edvige come: «semplice, una popolana che prima di diventare la sorella del Duce, aveva un banco di bottoni e cerniere al mercato». Nonostante il cognome, risulta essere modesta, mai arrogante, certamente ospitale. Aiuta i piccoli Szego/Orlati a costruire i giocattoli cucendo vele per le barchette che poi i bambini mettono a galleggiare nella fontana del giardino. Viene male a pensare all’ingegner Lajos Szego, alias Luigi Orlati che, già sopravvissuto ad anni di prigionia in Siberia durante la Prima Guerra Mondiale (decorato con due medaglie d’argento, una di bronzo, una croce di ferro), specializzato in calcoli in cemento armato e progettista del porto di Vladivostock, arriva in Italia, conosce e frequenta i ragazzi di Via Panisperna (grazie all’amico Emilio Segré), riesce a coronare un sogno di stabilità e a ricacciare nel fondo dell’animo gli orrori vissuti, e poi… finisce dritto dritto nella tana del lupo. Alberto mi dice: «La fiducia di mio padre nel prossimo rasentava l’ingenuità, l’incoscienza. Nonostante fosse stato perseguitato ed avendo avuto dei parenti uccisi in Ungheria (molti suoi famigliari periranno ad Auschwitz, ndr), non era capace di odiare. Diceva: “Non posso detestare i tedeschi, un popolo che ha dato i natali a Bach, Beethoven e Kant”. Quando mia madre gli faceva presente dei rischi che correva e della rabbia che provava, lui rispondeva: “Ma no, se verranno a prendermi dirò che non ho fatto niente”».

 

Edvige Mussolini, sorella di Benito

Racconta Alberto: «Quando finalmente capì chi eravamo, Donna Edvige divenne fredda, distaccata, non saliva più da noi a casa a chiacchierare. Ci salutava appena, non ci guardava più in faccia e… non ci ha più preparato i biscotti…». La sua voce tradisce una certa delusione, quasi infantile, temperata da un fatto comunque incontrovertibile. Sia che Donna Edvige fosse a conoscenza della loro reale identità o meno, gli Szego non furono né deportati, né uccisi. Una vicenda senza dubbio unica (?) questa, scritta con una prosa da libro per ragazzi, che riporta in maniera vivida, ingenua e a tratti “buonista” una delle pagine più oscure della storia del nostro Paese. E che, malgrado una certa dose di incongruenze, descrive in maniera convincente le sfumature della psicologia infantile.