Come rispondere agli eterni “saputelli” da salotto che pretendono di spiegarti il conflitto tra Israele e i palestinesi

Taccuino

di Paolo Salom

[Voci dal lontano Occidente]

“Tra israeliani e palestinesi non potrà mai esserci la pace”. “La Gran Bretagna ha combinato un pasticcio promettendo agli ebrei una terra che non era di loro proprietà”. “La Palestina deve essere di tutti i suoi abitanti”.

Vi è mai capitato un interlocutore che a un certo punto di una conversazione sul Medio Oriente, dall’alto della sua saggezza, vi “dimostra” perché Israele è tormentata dalla violenza? Vi siete mai chiesti perché questo modo di pensare sia così diffuso nel lontano Occidente? Certo, la propaganda di parte araba ha lavorato bene negli ultimi cento e più anni, avendone appreso i segreti – e non è un’esagerazione retorica la mia – dai “maestri” nazisti (Goebbels e sodali). In realtà, a mio parere, c’è di più. Nel lontano Occidente gli ebrei sono percepiti in una maniera che ha del paradossale. Da secoli, se non millenni.

Da una parte, non sono considerati autoctoni. Sono sempre stati visti come un corpo estraneo, stranieri ingombranti portatori di una religione superata se non “nemica”. Immaginate tutto questo in un mondo che fino a non molto tempo fa considerava la fede come il principio fondante di identità e appartenenza. Ora, in un’epoca post Shoah, questo aspetto si è affievolito. Ma non è scomparso, come possiamo facilmente riconoscere dal nuovo antisemitismo che percorre in lungo e in largo il lontano Occidente. E rimane sotto traccia in una nuova – e appunto paradossale – considerazione: gli ebrei sono stranieri, sì, ma anche occidentali, dunque sono fuori posto in quella striscia di terra del Medio Oriente che si ostinano a chiamare Israele ma in realtà è la Palestina. E la Palestina, è evidente, appartiene ai palestinesi, cioè agli arabi (palestinesi che peraltro hanno deciso di chiamarsi così e di essere tali solo dal 1967 in avanti).

Vi rendete conto di come questo ragionamento, tutto fondato su percezioni, sia tanto assurdo quanto inaccettabile? Eppure domina qualunque discussione, anche con le persone meglio disposte nei confronti degli ebrei che, poverini, hanno sofferto tanto. Ma non hanno ragione di far soffrire allo stesso modo altre popolazioni, vi pare?
Che fare, dunque? Intanto non bisogna scoraggiarsi. Non ha importanza se tutto il mondo ha una percezione errata della Storia.

È dura, certo. Ma il miracolo è avvenuto: Israele è lì, e piano piano tornerà a essere quello che è stata per millenni: un faro per l’umanità. Poi, con pazienza, sta a noi presentare la realtà per quello che è. Gli ebrei, è vero, sono stati costretti all’esilio. Ma sono rimasti un popolo unico (nonostante le differenze che il tempo e i tanti luoghi di permanenza hanno inevitabilmente prodotto). E questo popolo ha sempre atteso il momento di tornare nella sua terra.

È qui il punto. Israele è parte del Medio Oriente. Il Medio Oriente non può esistere senza Israele. Si possono inventare tutte le fandonie possibili: popoli (i palestinesi); Storia (Israele non è mai esistita); politica (la Terrasanta è di tutti i suoi abitanti). La realtà non cambia, e rimane l’antidoto più potente contro l’odio. Israele è rinata non perché altri, i britannici, hanno fatto una promessa di troppo. Ma perché gli ebrei lo hanno voluto e hanno lavorato (e combattuto) per ottenerlo. È e sempre sarà casa nostra. Non dimentichiamolo: non saranno gli altri a definire chi siamo noi e qual è il nostro posto nell’umanità.