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Prima Gerusalemme e poi Gush Etzion: è qui che sono stati commessi, nel giro di poche ore l’uno dall’altro, mercoledì 5 novembre, due attentati da parte di palestinesi, che hanno provocato la morte di un uomo e decine di feriti, alcuni dei quali gravi. A fare da denominatore comune ai due attacchi – così come a quello di fine ottobre contro il tram a Gerusalemme, in cui erano due morte una bambina di 3 mesi e una donna – è l’utilizzo dell’automobile come ‘arma’ per seminare il terrore.
L’attacco a Gerusalemme: un morto e dieci feriti
Un pedone è rimasto ucciso e 18 feriti a Gerusalemme Est da un’automobile in un attentato palestinese sul modello di quello avvenuto due settimane fa. E’ il bilancio di un attentato avvenuto nella mattinata di mercoledì 5 novembre a Gerusalemme, nel rione di Sheikh Jarrah.
“Il terrorista che ha compiuto l’attentato a Gerusalemme è stato identificato come un operativo di Hamas di Shuafat a Gerusalemme Est”, ha scritto il sito Ynet. Si tratta in effetti di Ibrahim Akari, fratello di Musa Akari, membro di Hamas condannato per terrorismo e liberato da Israele nel 2011 nell’ambito dello scambio per riottenere il soldato Gilad Shalit.
Dopo aver lanciato l’auto contro la folla in due diverse zone vicino ai binari della fermata del tram a Gerusalemme, il guidatore è sceso con un piede di porco e ha iniziato ad aggredire chiunque gli capitasse a tiro. Due agenti, uno dei quali delle forze di frontiera, hanno aperto il fuoco e lo hanno ucciso.
Da Gaza l’organizzazione islamica, tramite la sua tv, ha fatto sapere di salutare “chi oggi si è immolato per difendere la Moschea di Al Aqsa” ed ha incitato “a prenderne esempio”.
Gush Etzion: l’attacco contro i soldati, 3 feriti
Dopo poche ore dal primo attacco un’auto, guidata dal 23enne Hamam Masalmeh, si lancia contro un gruppo di soldati all’incrocio di Gush Etzion, a Sud di Gerusalemme, ferendone tre, uno dei quali si trova in gravi condizioni.
Le reazioni
Subito dopo il primo attentato, arriva il commento di Hamas: il portavoce Sami Abu Zuhri, dalla Striscia di Gaza, parla di «reazione naturale ai crimini di Israele che sta violando la legge internazionale con l’opera di giudaizzazione della moschea di Al Aqsa». «Non abbiamo altra scelta che difendere la nostra sacra terra ricorrendo ad ogni tipo di forza» conclude il portavoce di Hamas.
Dal canto suo, Beniamin Netanyahu parla sul Monte Herzl nel XIX anniversario dell’assassinio del predecessore Yizhak Rabin. «Questo attentato è un risultato diretto dell’incitamento all’odio da parte di Hamas e di Abu Mazen» dice il premier, riferendosi alla lettera inviata dal presidente palestinese ai famigliari di Muatez Hijazi, plaudendo al gesto di aver guidato l’auto contro i pedoni che – sempre a Gerusalemme – due settimane fa ha causato la morte di una bambina di 3 mesi e di una ragazza di 22 anni. «Ci troviamo nel mezzo di una battaglia per Gerusalemme e non ho dubbi che prevarremo – afferma Netanyahu – stiamo dispiegando tutte le forze che possiamo e poiché potrebbe essere uno scontro di lunga durata, dobbiamo essere uniti». Per il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, «Abu Mazen semina odio contro Israele, in altre parti del mondo ha l’immagine del moderato ma non promuove la pace e non è interessato ad uno Stato palestinese che viva a fianco dello Stato ebraico». Ancora più duro il ministro dell’Economia, Naftali Bennet, secondo cui «è stato Abu Mazen a guidare l’auto ed il terrorista era un suo emissario».
Dura la condanna degli Stati Uniti. «È un atto terroristico – afferma il Segretario di Stato John Kerry – costituisce un’atrocità e peggiora la situazione». Kerry parla da Parigi dove incontra il collega giordano Nasser Judah per tamponare un altro fronte di crisi. Il governo di Amman ha deciso di ritirare l’ambasciatore da Tel Aviv «perché la situazione è seria e abbiamo già detto più volte a Israele che Gerusalemme per noi è una linea rossa» afferma Judah.