di Davide Foa
“Israele ha bisogno di un paese come la Turchia nella regione. Allo stesso tempo noi dobbiamo accettare il fatto che ci serve Israele”, questo è quanto ha dichiarato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, intervistato dai media locali, aggiungendo che “se saranno compiuti reciproci passi in avanti basati sulla sincerità, allora seguirà una normalizzazione dei rapporti”.
Parole eclatanti, rivoluzionarie, almeno se si pensa a quanto lo stesso Erdogan aveva dichiarato poco più di un anno fa: “dal 1948, ogni giorno, ogni mese, e particolarmente durante il mese sacro del Ramadan, siamo testimoni di un tentativo sistematico da parte di Israele di commettere un genocidio.”
Non contento, arrivò anche a sostenere che l’allora ministro della Giustizia israeliano, Ayelet Shaked, avesse “la mentalità di Hitler”.
Le parole di Erdogan non facevano che confermare un dissidio israelo-turco scoppiato nel maggio del 2010, quando una nave turca carica di attivisti propalestinesi, la Mavi Marmara, tentò di violare il blocco israeliano su Gaza. Nello scontro con i soldati israeliani morirono dieci attivisti.
Da quel momento, i rapporti tra Israele e Turchia andarono incontro ad un progressivo deterioramento, favorito anche dalla dichiarata simpatia di Erdogan per Hamas.
Cinque anni dopo l’accaduto, le ferite rimangono ancora piuttosto aperte, in attesa di essere definitivamente ricucite. Dopo mesi caratterizzati da incontri segreti e sporadici tentativi di riavvicinamento, oggi, stando a quanto riportato da Haaretz, Israele e Turchia sembrerebbero vicini al raggiungimento di un accordo, capace di mettere una pietra sopra all’incidente del maggio 2010.
Dal 2010 ad oggi, infatti, i due paesi sarebbero stati più volte vicini ad una riappacificazione senza però riuscire mai ad ufficializzarla, a causa di ripetuti passi indietro da una parte e dall’altra. Le elezioni politiche, sia in Israele che in Turchia, non hanno certo facilitato le cose.
Nel marzo 2013, durante una visita del presidente Obama in Israele, Netanyahu telefonò ad Erdogan scusandosi per quanto accaduto tre anni prima. Quello fu il primo passo verso una lenta, seppur importante, riconciliazione.
Negli ultimi mesi, secondo quanto raccontato da un funzionario israeliano ad Haaretz, Israele e Turchia avrebbero fatto ulteriori passi avanti. A metà dicembre, si è verificato un primo importante incontro a Zurigo tra due inviati speciali israeliani, Joseph Ciechanover e Yossi Cohen, e Feridun Sinirlioglu, sottosegretario agli esteri del governo di Ankara.
L’ostacolo più grande sarebbe la richiesta di Erdogan di eliminare definitivamente il blocco israeliano su Gaza.
“L’atmosfera e la direzione sono buone, ma i leader politici non hanno ancora dato la loro approvazione finale”, ha dichiarato il funzionario israeliano ad Haaretz. Saranno certamente necessari nuovi incontri, il primo a gennaio.
La parte centrale dell’accordo riguarda l’approvazione israeliana al risarcimento alle vittime della Mavi Marmara: 20 milioni di dollari destinati ad un fondo turco creato appositamente per le famiglie delle vittime.
Da parte sua, la Turchia sarebbe disposta a rinunciare a procedimenti penali contro i soldati israeliani responsabili dell’attacco.
Secondo alcune fonti, nell’accordo si parlerebbe anche di un allentamento delle relazioni tra Hamas e la Turchia. Il movimento terroristico palestinese gode da tempo di una base militare ad Istanbul, fondamentale per l’invio di combattenti nella West Bank.
Certamente la tensione creatasi negli ultimi mesi tra Mosca e Ankara ha facilitato l’avvio dei negoziati tra Israele e Turchia.
L’abbattimento da parte della Turchia dell’aereo russo sorvolante l’area di confine con la Siria, ha definitivamente messo in crisi i rapporti tra Erdogan e Putin.
Vedendo il concreto pericolo di una chiusura dei rubinetti del gas russo, la Turchia ha evidentemente bisogno di raggiungere un rapido accordo con chi, come Israele, sarebbe in grado di fornirle una fonte alternativa di gas.
Delle tre iniziali richieste turche, Israele ne ha sin ora accontentate due, ovvero le scuse ufficiali per l’attacco alla Mavi Marmara e la volontà di risarcire le famiglie delle vittime.
Rimane da chiarire l’ultimo punto, quello più difficile, riguardante il blocco israeliano su Gaza. Eppure, anche in questo caso Israele sarebbe disposta, secondo alcune fonti, a fare un passo in avanti, allentando il proprio controllo su Gaza e permettendo l’ingresso di beni e materiali da costruzione se provenienti dalla Turchia.
Sul fronte israeliano rimane invece preoccupante il rapporto tra Erdogan e Khaled Mashal, leader di Hamas. Solo un mese fa, i due ebbero modo di parlarsi in un incontro a porte chiuse. Non è ancora chiaro cosa i due si siano detti; è certo però che la Turchia dovrà rinunciare ad Hamas, se vuole riavvicinarsi ad Israele.