Stop a Dieudonné, il comico che preoccupa il mondo

Spettacolo

di Ilaria Myr

In 5.600 avevano pagato il biglietto (43 euro) per sentire il loro “Dieudo” e i suoi insulti sul “sistema” e, in particolare, sugli ebrei. Ma la polizia ha bloccato l’ingresso al teatro Zenith di Nantes dove era programmata una tappa della tournée dello spettacolo “Le Mur”: Dieudonné dentro, gli spettatori infuriati – apparentemente gente medio-borghese -fuori.
A dare l’ordine dell’annullamento è stato il Consiglio di Stato francese, che ha nuovamente vietato lo show del comico, celebre per le tirate antisemite che hanno creato un gran polverone Oltralpe. L’attore avrebbe dovuto esibirsi in un teatro della città della Loira, prima tappa di una lunga tournèe per il Paese: ma in realtà già otto sono saltate.

Questa è solo l’ultima puntata del caso che sta dominando le pagine dei giornali e dei siti di tutto il mondo e che ha acceso i riflettori su un antisemitismo e un odio razziale a dicati e diffusi come mai si sarebbe immaginato. A scatenare tutto è stata l’ennesima esibizione da parte della “quenelle”, il saluto nazista “al contrario” – braccio destro dritto verso il basso, mano sinistra che tocca la spalla destra con il braccio teso – inventato proprio da Dieudonné nel 2009 in occasione delle elezioni europee, a cui si candidò con un movimento che presentava una lista antisionista.

Negli anni, esibire questo gesto è diventato una moda non solo fra i vip – l’ultimo a fare notizia è il calciatore Nicolas Anelka –, ma anche negli ambienti di tutti giorni. Tutti coloro che vogliono denunciare il “sistema” usano questo gesto per sfidare le élite: dagli ambienti militari al memoriale della Shoah di Berlino, in moltissime fotografie sui social network, fatto da giovani, vecchi, pompieri, sciatori, nei programmi televisivi o nelle foto dei matrimoni. C’è persino chi l’ha esibito ad Auschwhitz.

Appena esploso il caso, il Ministro francese degli Interni Emmanuel Valls ha chiamato alla sospensione della tournée del comico, che si è concretizzata ieri proprio ieri a Nantes con la chiusura del teatro. “Nel giro di poche ore, ieri, Dieudonné è apparso un eroe – scrive Massimo Nava sul Corriere della Sera – capace di sconfiggere il ministro, e poi un martire, soffocato dalla repressione ma osannato dal suo popolo. Meglio di così, purtroppo, non gli poteva andare”.

E mentre la Francia discute sui disvalori razzisti che negli anni si sono diffusi al suo interno e i media di tutto il mondo si chiedono come ciò sia stato possibile, l’opinione pubblica si spacca. C’è, ad esempio, chi, come la famiglia di cacciatori nazisti Klarsfeld, chiama alla manifestazione fuori dai teatri. Ma c’è anche chi, come Pierluigi Battista sul Corriere, si interroga se sia la strategia giusta: “è giusto invocare la mannaia della censura sugli spettacoli di un odiatore degli ebrei? -. Ed è utile, oppure è addirittura dannoso e controproducente? Purtroppo la risposta è no: non è giusto, ed è forse disastrosamente inutile”. Servirebbe invece “una guerra culturale intransigente” perché “la censura è un rimedio che aggrava il male e lo rende persino fascinoso. Un’altra sconfitta per le democrazie liberali”.

A monte, resta il pericolo insidioso di sentimenti di odio razziale travestiti da “lotta contro il sistema” e atti provocatori, diffusi ormai in tutta Europa. Come dice Furio Colombo sul Fatto quotidiano. “Stanno accadendo, dovunque, non solo in Francia, fatti gravi che dovrebbero indurci a una decisione: dedicare il Giorno della Memoria (il 27 gennaio, ormai prossimo) non al passato ma al presente”.