di Ilaria Myr
Un fatto di cronaca di cui si è parlato pochissimo sui medi francesi, e per niente su quelli italiani, riguarda l’uccisione di una donna ebrea a Parigi. Nella notte fra lunedì e martedì 4 aprile, nell’11 arroundissement, Lucie Sarah Halimi (66 anni) è stata gettata dalla finestra dle suo appartamento.
Secondo le ricostruzioni, durante la notte tra il 3 e il 4 aprile i vicini, sentendo grida uscire da un appartamento al secondo piano, hanno chiamato la polizia che ha trovato un uomo di 27 anni che, esprimendosi in arabo, ha spaventato i poliziotti. Questi si sono quindi attestati al pianterreno in attesa di rinforzi. Nel frattempo il forsennato, passando dal balcone, è salito al terzo piano e ha accoltellato Sarah e, al grido di Allahu Akbar l’ha gettata giù dalla finestra quando era ancora viva e implorava pietà.
Vernerdì 7 aprile il procuratore della Repubblica di Parigi François Molins, ha ricevuto i responsabili della comunità ebraica, che avevano chiesto un incontro. “A oggi, secondo i primi elementi dell’inchiesta e sulla base delle prime testimonianze, niente permette di definirne il carattere antisemita e niente permette di escluderlo”, scrivevano il Crif, il Concistoro, il Fonds social juif unifié e il Servizio di protezione della comunità ebraica in un comunicato stampa pubblicato su Facebook.
Non ha però dubbi sulla matrice antisemita il figlio Yonathan, residente in Israele, che ad Actualité Juive ha dichiarato: “Non c’è dubbio che mia madre sia morta perché ebrea. Si deve fare conoscere la verità”.
D’altra parte, l’assassino è un vicino di casa della famiglia Halimi, e per questo i figli lo conoscono: “Vive nel palazzo da 20 anni in una famiglia conosciuta per il suo antisemitismo. Un giorno una delle sorelle ha spinto mia sorella nelle scale. Un’altra volta l’ha trattata di ‘sporca ebrea’”.
L’uomo, conosciuto dalla polizia come ‘delinquente plurimo’, è stato interrogato. Al momento si trova nell’infermeria psichiatrica della prefettura per un esame.
Domenica 9, intanto, si è tenuta una marcia pacifica nel quartiere della vittima: sotto la casa è stato recitato un Kaddish dai partecipanti, fra cui figuravano esponenti del Crif, il presidente del Concistoro Joël Mergui, il Rabbino Capo Chaim Korsia e lo storico Georges Bensoussan. “Siamo venuti a esprimere la nostra emozione, il nostro choc nei confronti di un atto barbaro. Chiediamo che venga scoperta la verità”, ha dichiarato un partecipante.
E mentre il Crif promette di tenere aggiornati sugli sviluppi dell’inchiesta, ci si continua a interrogare su quello che è veramente successo e soprattutto sulla matrice antisemita dell’assassinio. “Una donna ebrea uccisa da un musulmano al grido di Allah u akbar. Che prove ci vogliono per qualificare quello che è successo come atto antisemita?”, si chiedono in molti.
Del resto, gli ebrei di Parigi non hanno dimenticato la barbara uccisione di undici anni fa di un giovane ebreo, Ilan Halimi, proprio perché era ebreo: fatto, questo, che la polizia francese ha faticato ad ammettere per non poco tempo. Oggi si spera che per l’assassinio di Lucie Sarah Halimi si possa non parlare di antisemitismo. Ma al momento i dubbi della comunità ebraica sono troppo forti.