di Roberto Zadik
Sono passati vent’anni da quando in quel tragico 4 novembre 1995 a Tel Aviv, il carismatico e riservato Itzhak Rabin veniva ucciso dalla furia estremista di Yigal Amir proprio mentre stava cantando a gran voce “Shir Ha Shalom” (un canto di pace). Quelle immagini hanno fatto il giro del mondo e si vedeva oltre alla commozione dei leader internazionali, come Bill Clinton che lo salutò in lacrime dicendo “Shalom Chaver” (ciao,amico) anche il pianto di sua nipote che all’epoca aveva 18 anni e elogiò Rabin con parole estremamente toccanti “Non ci hai mai abbandonato e ora ti hanno abbandonato.Tu sei il mio eroe eterno”.
Ora si è sposata e si chiama Noa Rothman, è madre di due figli, Omer e Alona ed è una donna determinata e schietta che si esprime fra dolore e collera. Qui traduciamo l’intervista del sito www.i24newstv/fr dove parla del suo grande nonno, di Netanyahu e di tanti altri argomenti decisamente interessanti. Riluttante a rilasciare l’intervista, probabilmente a causa dell difficile situazione israeliana di quest’anno la donna ha espresso la sua preoccupazione sperando che “sia solo una crisi della classe dirigente e che non siamo invece allo sbando”.
La giovane donna, che attualmente ha 38 anni ha proseguito confidando al sito che “il problema è che siamo guidati dalla filosofia dell’ebreo perseguitato invece che dalla morale del Sabra, libero dalle nevrosi della Diaspora e prodotto di un’idea di sionismo pratica e efficace. L’obiettivo del sionismo” ha detto “non era la creazione di un terzo Tempio, ma di un modello sociale. Sembra che un’epoca sia finita e che questa conclusione sia stata determinata dal peccato originale: l’assassinio di mio nonno. Per ragioni molto superficiali basate sul suo nome,questo omicidio è stato paragonato alla Kedat Itzhak,il sacrificio di Isacco. Ed è un errore. Piuttosto ,parlando di Torah, lo paragonerei a l’assassinio di Abele per mano di Caino. Due interpretazioni opposte. ”
Noa Rothman ha continuato la sua intervista specificando una serie di concetti importanti. “In questa nuova spirale di violenze, la gente si chiede cosa avrebbe fatto mio nonno, Rabin? Però” ha detto “non so davvero rispondere a questa domanda. Sono passati ormai vent’anni dalla sua morte e oggi viviamo in una realtà completamente diversa. Per poter rispondere bisognerebbe risistemare tutta la storia e riportarla ai giorni nostri. La domanda è dunque insensata e fuori dal contesto attuale e questo mi fa sentire frustrata. Posso però notare la differenza fra i dirigenti attuali e la classe politica seria, audace e responsabile che ci rappresentava. Questo non impedisce alla gente di dire cosa avrebbe fatto mio nonno, che tutto è cominciato con gli accordi di Oslo , che hanno importato in Israele i terroristi procurandoli le armi. Per quanto tempo la gente potrà ripetere le stesse assurdità? Le stesse armi che questi accordi li avrebbero consegnato, hanno più di vent’anni e sono ora inutili. Ma seriamente quelli che affermano queste cose non hanno niente di meglio da dire? Ecco perché preferisco restare in silenzio. Non è possibile lottare contro la follia con argomentazioni razionali.
Avete mai parlato di politica assieme al nonno?
“Sì diverse volte. Avevo questa mentalità come un cagnolino ben addestrato e sapevo fino a quale limite potevo spingermi, quando insistere e quando invece lasciare perdere. Non sono cresciuta in un ambiente democratico e sapevo bene cosa mio nonno rappresentava e che non dovevo fare nulla per danneggiare il suo compito principale: salire al potere e mantenerlo. Sono cresciuta pensando che a casa potevo fare tutte le domande che volevo, ma che invece avrei dovuto esprimermi molto poco nella sfera pubblica”
Conosciamo Rabin come il combattente, l’uomo di Stato ma sappiamo molto poco su di lui come nonno. Può descriverlo?
E’ stato semplicemente un nonno favoloso. A causa del divorzio prematuro dei miei genitori e per altre ragioni famigliari, ho passato la mia infanzia soprattutto coi miei nonni. Spesso mi portava all’asilo, mi ha insegnato a giocare a scacchi all’età di tre anni, mi comprava vestiti e mi insegnò anche a distinguere fra una gonna brutta e una invece valida. Pensava fosse divertente ed ero della sua stessa opinione. Il problema è che quando sei viziata a tal punto è difficile perdere tutto dopo. Da un lato ci si sente fra i pochi privilegiati ma si paga un caro prezzo vivendo in Israele. Tuo padre era un brillante ufficiale militare ma subì una ferita alla testa e il tuo amato nonno è stato assassinato da un estremista. E lo stesso non riesco a vivere da un’altra parte, in nessun modo. E’ come una dipendenza e mi sento parte di questo paese, sono di qui. Questo è il motivo per il quale fra tutte le tremende offese con cui mio nonno venne insultato, la parola “traditore” è quella che mi ferisce di più, egli era legatissimo a questa nazione. Credevo che se fossi stata accusata per la morte mi sarebbe pesato moltissimo. Ma non è stato così. Ho invitato quelli che lo continuano a fare e poi sono riuscita a farli ragionare e li ho riportati al contesto precedente agli accordi di Oslo e così hanno cominciato ad avercela contro i palestinesi per tutto questo. E’ incredibile dopo che mio nonno ha cercato di venire incontro ai palestinesi e agli arabi israeliani, tutti i dirigenti si sono fatti la guerra per dimostrare che mio nonno era stato quello ad aver preso più in giro gli arabi, e ora stiamo vivendo situazioni analoghe.
Nethanyahu non ha mai chiesto scusa
“I giorni precedenti alla commemorazione ogni anno sono davvero molto difficili per sua nipote, Noa Rotman. Lei ha accettato il ruolo complesso di essere “il monumento vivente di Rabin”. Ha pronunciaro il discorso funebre e ha scritto il libro a nome della speranza e della tristezza, pubblicato un mese dopol’assassionio e dedicato a suo nonno. Il testo è stato tradotto in diverse lingue ed è diventata laportavoce semi ufficiale della sua famiglia. Però, la sua casa confortevole e spaziosa non è affatto un santuario. I ritratti di Rabin, colorati e divertenti, sono poco presenti sulle pareti. Quest’anno è particolarmente pesante per lei perché deve assistere a una serie di cerimonie ufficiali ed è obbligata a incontrare la gente che ritiene responsabile di aver creato il clima di violenze che ha preceduto l’assassinio del nonno. Sicuramente uno dei principali responsabili è il Likud. Il premier Nethanyahu, poco prima dell’omicidio di Rabin, aveva assistito sul balcone della su casa a Gerusalemme a una manifestazione selvaggia dove alcuni dimostranti sfilavano con una foto che rappresentava Rabin vestito da nazista e uno slogan che inneggiava “morte a Rabin”.
Avete incontrato Netanyahu più volte. Ha già presentato le sue scuse per quanto accaduto a suo nonno?
Mai. E’ un vero problema per lui assumersi le sue responsabilità. Ma povero Bibi. Deve pronunciare troppi discorsi, ogni anno, per la commemorazione di Rabin è diventato un vero esperto in questo settore.
Stiamo vivendo un’analoga ondata di violenza e un ennesimo scontro su internet fra la destra israeliana e la sinistra. Credete che sia possibile che avvenga un altro delitto politico di questo genere?
A giudicare dal clima politico e dalla pericolosa penetrazione religiosa nel processo democratico, potrebbe sicuramente accadere. Ma manca un elemento nella situazione politica attualmente molto violenta: un piano di pace, ingrediente fondamentale per i delitti politici in Israele. Se un piano di pace emergerà chiaramente, allora qualche omicidio potrebbe certamente verificarsi.
In che maniera lei racconta la vicenda ai suoi figli?
“Abbiamo già discusso di questo quando Omer aveva due anni. Ha posto una domanda inaspettata: E’ vero che tuo nonno era la piazza Rabin?”. Dunque pur avendolo trasformato in un luogo stava parlando dell’uomo assassinato. Quindi i bambino capiscono delle cose e qualche volta pongono domande.
Yigal Amir, la prima volta che è stato interrogato da un agente dello Shin Bet, ha confessato che voleva ucciderla. Vi dispiace che non l’abbia fatto?
Non ho alcun dialogo con un assassino. C’è un tentativo organizzato per legittimare quello che ha fatto a cui non prenderò parte. Ma non è questo il problema. Come ha detto Yossi Sarid (un importante politico israeliano del passato) “Rabin è sicuramente il più vivo fra i morti che vive qui in mezzo a noi”.