di Nathan Greppi
Quasi 125 anni fa, il 29 agosto 1897, si tenne a Basilea il primo congresso del movimento sionista, un evento che ebbe un impatto forte e duraturo nella storia ebraica. A distanza di oltre un secolo, il 29 agosto 2022, si celebrerà proprio allo Stadtcasino di Basilea, luogo originario dove si tenne, l’anniversario del congresso. L’evento sarà organizzato dall’Organizzazione Sionista Mondiale (WZO in inglese) con il sostegno della FSCI (Federazione Svizzera delle Comunità Israelite) e del Cantone di Basilea Città.
Il congresso originale fu convocato dal padre del sionismo Theodor Herzl, e vi presero parte circa 200 esponenti di spicco del mondo ebraico per adottare il “programma di Basilea”, il cui obiettivo era la creazione di “una patria in Palestina” per il popolo ebraico. “125 anni fa qui a Basilea ha preso avvio un’evoluzione importante per la storia mondiale: è commovente che la si possa celebrare di nuovo qui nel 2022”, ha dichiarato Ralph Lewin, presidente della FSCI, che in un comunicato ha spiegato che seguiranno informazioni più precise e dettagliate nel corso della primavera.
Già nel 2017 si era tentato di organizzare a Basilea un evento per festeggiare i 120 anni dal primo congresso, al quale avrebbe dovuto prendere parte anche l’allora Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu; tuttavia, tale evento venne cancellato a causa di problemi organizzativi.
Vale la pena ricordare l’opinione espressa nel novembre 1997, per i 100 anni dal congresso, da Rav Jonathan Sacks, all’epoca Rabbino capo dei paesi del Commonwealth, che sul mensile americano First Things scrisse: “Nel 1897, gli ebrei ortodossi credevano che i Reform sarebbero presto scomparsi e che sarebbero stati solo una fermata secondaria lungo la strada di una totale assimilazione del mondo ebraico laico e secolarizzato. Dal canto loro, gli ebrei riformati credevano che l’ortodossia sarebbe scomparsa: dal loro punto di vista, era totalmente incoerente con il mondo moderno. Anche i sionisti, a loro volta, credevano che la diaspora sarebbe sparita, visto che era ugualmente minacciata dalla seduzione dei Paesi e delle culture autoctone, dall’assimilazione e dall’antisemitismo. I non-sionisti credevano che le speranze di un’indipendenza nazionale ebraica sarebbero scomparse, visto che il compito di resuscitare un impulso rimasto sepolto per diciotto secoli era semplicemente troppo grande. Oggi sappiamo che ognuna di queste previsioni era sbagliata. L’ebraismo riformato esiste ancora. Così come l’ortodossia. Lo Stato d’Israele è nato. La diaspora sopravvive. Ogni opzione della vita ebraica di allora esiste tutt’oggi, e la storia non ha ancora emesso il suo verdetto su nessuna di esse.”