Al Noam, Daniele Capezzone presenta il suo libro “Occidente noi e loro”

Eventi

di Nathan Greppi
Diversi esperti hanno ricollegato l’ondata d’odio nei confronti d’Israele emersa dopo il 7 ottobre ad un più generale odio nei confronti dell’Occidente e dell’ordine globale guidato dagli Stati Uniti. Qualcosa che si vede anche in come vengono trattati nel dibattito pubblico la lotta al terrorismo jihadista e la guerra in Ucraina.

Di questo e molto altro si è parlato la sera di domenica 12 gennaio al Tempio Noam, dove il giornalista e direttore editoriale di Libero Daniele Capezzone è venuto a presentare il suo libro Occidente noi e loro (Piemme). Citando Margaret Thatcher, la quale diceva che “o staremo in piedi sui principi, o non staremo in piedi affatto”, Capezzone ha detto che “Israele è un principio”, sul quale troppe volte i politici cambiano atteggiamento a seconda della convenienza del momento.

 

La superficialità nel dibattito pubblico

Ricollegandosi a questo aspetto, il giornalista Stefano Magni ha ricordato un episodio personale: “Quando ho scritto un articolo per il quotidiano Atlantico, dove si parlava della guerra russa in Ucraina, una commentatrice incavolata ci ha chiesto perché abbiamo deciso di adottare una linea ‘globalista’ e ‘atlantista’”. Esplorando il profilo della signora, Magni ha notato una contraddizione: lei seguiva sui social sia un atlantista filoisraeliano come Capezzone sia il sociologo Alessandro Orsini, notoriamente anti-NATO e antisraeliano.

Magni ha spiegato che una volta, se eri di destra era facile vedere in Israele un alleato contro l’Islam radicale. Tuttavia, questo sta cambiando, “perché, se sei un fan di Putin, allora lo sei anche del ‘camerata’ Soleimani e di Assad. E di conseguenza, Israele diventa il cattivo ai tuoi occhi”.

Ricollegandosi al racconto di Magni, Capezzone ha spiegato che le generazioni dei suoi genitori e nonni, e in parte anche la sua, “siamo transitati in un tempo in cui le scelte erano abbastanza binarie: pochi canali televisivi la sera, mentre oggi siamo nell’era di Netflix e Amazon, con centinaia di prodotti possibili, e la tua mente è abituata ad una estrema personalizzazione”. Questo processo mentale “è ormai applicato ai media e alla comunicazione”, per cui esigiamo dagli opinionisti televisivi solo ciò che vogliamo sentirci dire. Ha aggiunto che spesso si tratta di “opinioni de-ideologizzate, che non sono cristallizzate e indistruttibili. Per cui, anche le opinioni di quella signora sono più smontabili di quanto potessero esserlo 30 o 40 anni fa”.

Sconnessione tra media e opinione pubblica

Nel rimarcare il fatto che già dall’8 ottobre 2023 ci sono manifestazioni propal ovunque, e nei talk show televisivi ci sono molti più ospiti filopalestinesi che filoisraeliani, il giornalista e direttore del Museo della Brigata Ebraica Davide Romano ha rimarcato come “più i propal si fanno vedere per quello che sono, e più le elezioni le vince chi non li ama”. A parte gli Stati Uniti, dove Trump sarà più vicino a Israele di Biden, ha fatto notare anche il cambiamento nell’Unione Europea, dove l’Alto rappresentante per gli affari esteri Josep Borrell, fortemente ostile a Israele, è stato sostituito da Kaja Kallas, più moderata su Israele e più concentrata sulla minaccia russa essendo estone.

“La gente non è stupida, riconosce il collegamento tra propal, Islam radicale e Hamas”, ha detto Romano. A tal proposito, Capezzone ha ricordato il recente episodio di vandalismo contro la Sinagoga di Bologna, avvenuto nel corso di una manifestazione di estrema sinistra, ed è ottimista sul fatto che oggi sempre più persone si rendano conto del pericolo rappresentato da certe realtà.